Domenica 21 marzo si celebra la Giornata Mondiale della Poesia e noi dell’Irrequieto vi proponiamo di festeggiarla insieme alle vostre poesie!
Scrivete qui sotto nei commenti della pagina il vostro componimento migliore, il più emozionante sarà pubblicato nel Numero 66 della nostra rivista.
C’è tempo fino alla mezzanotte di questa domenica.
Attendiamo l’arrivo del primo giorno di primavera, attendiamo la potenza evocativa delle vostre parole.
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Associazione Culturale L'Irrequieto
, Firenze-Paris @2010-2018
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TI ASPETTERÒ
Sotto nubi d’aroma terroso
lascio che lo sguardo
abbandoni fulmineo le righe
e scorga la strada
fin dove giunge
per distinguerti
al primo apparire.
Da ore
l’attesa accompagna la penna
sollazzo di un’impazienza
che facilmente sorveglia.
Brevi divengono gli istanti.
Ti sento arrivare
ancora non vedo.
So non è indugio
neanche ritardo.
Mia inquietudine
che rende fremente il disio
d’averti con me
stasera
sempre.
“Pezzi di me
sparsi
sul pavimento di cotto
minute ore fa
rimbalzavano
pallini di mercurio blu
raccoglili tutti
mettili insieme
con maniacale precisione
come fossero minuscole schegge di vetro
incolla i frammenti
stringili con cinghie di nylon
(e promettimi che)
le allenterai
solo
quando
sarò tornata di marmo” (15 Dicembre 20005)
AMDG
Paese da amare
Paese di mare
constatazioni
amare.
Tre certezze:
il sole placa,
la pizza sfama,
al cuore
un mandolino,
una suonata.
E voi,
che ascoltate
rime sparse,
ad maiorem
Dei gloriam,
offrite
le fatiche,
carbon coke
dell’era nuova.
Io ho voglia
di ballare.
Un anno di tutto e di niente.
Il tempo è trascorso
trascinando ogni cosa con sé.
Ho costruito argini resistenti
– sono brava in questo –
sapranno trattenere i ricordi.
La paura ha un po’ meno paura
il dolore mozza il fiato
– ancora –
ma questa
oggi
è la mia resa.
Accolgo il silenzio
un sorriso un fiore
una vecchia canzone.
Un libro lasciato in attesa.
E stringo io la mia mano
mentre nel mio tè solitario
annega una lacrima
– ancora –
Spengo la luce
e il nero delle vesti si confonde col buio.
È troppo tardi anche per morire.
(Federica Sanguigni)
Come petali appassito,
assetato dei giorni vitali
e abbandonato tra le mure gioiose del mio tempo spensierato,
vivo il peso dei giorni vuoti
in attesa di un nuovo fiorire.
Batte batte forte il sole
Batte batte come questo cuore
Sale sale sale sulla mia pelle
Nel blu intenso il mio respiro si distende
verso l’immensita’ e finalmente trova spazio
contro un caldo asfissiante che non ti lascia respirare e
vuole stringerti nella sua morsa
Nel Blu tutto sembra piu’ facile
La vita piu’ serena in questo mare
cristallino e fresco
Batte il mio cuore
E se non fosse che polvere
l’anima
di questa gravida terra
che abortisce il furore,
la lotta,
l’amore,
avida di lacrime,
della malia del dolore.
Cosa rimarrebbe
sul fondo,
a grattarne il midollo,
a baciarne le ossa,
culla silente,
fino al perdono.
Un nero abisso,
una mostruosa Mecca,
un occhio infinito.
Le cose che ho abbandonato
mi inseguono dietro
come nuvole che portano via
il sole e le forme nel cielo.
Non ho segreti solo buchi
da nascondere sotto i vestiti
sporchi di sudore e pianto
bagnati dalla pioggia
e sferzati dal vento.
Cerco la tua mano
e appoggio la mia testa sul cuscino
quanto dolore senza calore!
Solo freddo dentro le ossa
e il respiro affranto
di un pensiero lontano.
Non fu un bacio,
né una carezza.
Non fu un orgasmo.
Fu in un abbraccio che mi catturò il cuore.
E quando me lo ripresi indietro, strappandoglielo, mi accorsi che ne mancava un pezzo. Piccolo,
ma era mio.
SCOMPOSTA
Scomposta,
Mamma,
sono seduta a gambe incrociate una pare lanciata,
guarda! come l’alzata
allegria
spacca i denti
e prega perché non finisca!
ascolto le parole col cuore e ne rido di gusto
Mi sono spogliata
tutta nuda
sul verso di una poesia maledetta
e in questa benedizione di parola
ho cantato.
Voci hanno risposto
rumori di merli ed arbusti
secche spine di fango
rossi boccioli di pianto
lacrime di una cicogna
cui il nido si è sparso per l’aria.
Vomita il cielo d’arsura
l’acqua non cade
le pietre come di brace
mi sono vestita di pece
ho sparso per strada parole
nere.
Eppure mi ero spogliata
vestita di luce da dentro
soffice mi avevi trovata
portata dal vento
poesia mi avevi cantata
che taci non muovi non gemi
tu resti
sia io vestita o spogliata
o nuda come il giorno del parto
vecchia di piaghe e saggezze
tu resti
restia alla morte
straniera la vita ti tratta
e tu resti impassibile
intatta.
E nonostante le persone che si guardano per ore,
E nonostante le persone che si parlano di niente,
Rimane il dubbio che di lettere siam fatti e non di numeri,
Che non rimane che un vestito che ci siamo cuciti addosso
Quando siamo a casa,
Sulla nostra pelle.
Chiudimi in uno specchio di vigliaccheria,
lasciami sognare dimmi una bugia.
Vuota come una brocca assetata,
preferisci l’aridità alla mia acqua.
Passeggia con me nei canali sporchi
di questa città corrotta e solitaria.
Portami nei parchi addormentati
Con il fango denso che intasa l’aria.
Scegli di non ripararti dalla pioggia,
di stare nel letto caldo e grigio di sudore.
Convincimi che non c’è nulla di sbagliato
nell’agonia scostante di queste nostre ore.
Addormenta i miei sentimenti inascoltati.
Cerca la mia carezza, abbandonata
al vento primaverile dei tuoi occhi,
alla pioggia assordante dei miei.