Marocco, terra magnifica, assolata, ricca di tajine colme di deliziose leccornie, città antiche dove perdersi, montagne dove obliare orribili ricordi tra loti fumosi e muti berberi d’avorio, ma anche lì potrete compiere la vostra scelta masochista ascoltando i consigli dei marocchini stessi su quale possa essere la meta ideale per trascorrere qualche giorno al mare. Se doveste trovarvi nella magica Essaouira e qualche buontempone dovesse bisbigliarvi Agadir nel vostro orecchio turistico, drizzate le antenne: potrebbe essere il luogo adatto per un suicidio estivo.
Non solo un autobus con tendine divorate da acari e bimbi predisposti al vomito coatto vi accompagnerà per le autostrade marocchine tra grida di tossici che cercheranno di rubarvi la macchina fotografica o il portafogli, ma dopo nove ore senza aria condizionata vi ritroverete sullo svincolo di una città che potrebbe essere una Riccione o una Brindisi sull’oceano Atlantico. Cercherete quindi un albergo, che sarà un cimiciaio in cemento, con letti matrimoniali dalle molle sfondate, sottotetto senza speranza di areazione alcuna, le pale del ventilatore a soffitto che cigolano come una branda in un film porno, 48 gradi centigradi all’ombra a causa di un simpatico vento sahariano chiamato Chergui che soffierà ininterrottamente per tutta la notte, eccitando scorpioni del deserto e blatte ad uscir fuori dalle crepe delle mattonelle di ceramica del bagno, cosa che manderà fuori di testa la vostra ragazza, la quale se la rifarà con voi fino al mattino, neanche una scopata per stemperare gli animi.
All’alba deciderete di distendervi i nervi facendovi un bagno sulle enormi distese di sabbia che taluni chiamano spiagge, ma miliardi di granelli staranno svolazzando nell’aria pronti a pungervi le iridi e quando vi getterete tra le oceaniche onde, subito verrette fermati da italiani che vi pregheranno di spostarvi perché loro devono fare surf. Questi italiani cresciuti col mito della California possiedono folte criniere bionde, accenti milanesi o fiorentini, collanine con denti di squalo tigre penzolanti sul petto, braccialettini hawaiani, sorrisi a centoventi incisivi, dermatologicamente intangibili, naturalmente privi di alitosi, una Mustang azzurra decappottabile parcheggiata liminarmente alla spiaggia, due modelle che scuotono la mano verso di loro mentre prendono il sole, non si bruciano mai, non si mettono creme protettive, non perdono i capelli, non gli vengono orribili herpes per lo stress, bevono solo cocktail e camminano sulle acque con una tavola sotto i piedi.
Tu tornerai a distenderti sul tuo asciugamano, appiattendoti il più possibile al suolo nel tentativo di non essere sferzato dalla sabbia sollevata dal vento, mentre donne indigene vestite come le nostre bisnonne al mare negli anni venti cominceranno ad indicare la tua ragazza in bikini e a scuotere la testa con ampi gesti di indignazione (mentre quelle due fottute modelle in tanga verranno omaggiate continuamente con succhi di frutta), cosa che manderà ancora di più fuori di testa la tua ragazza, che comincerà a picchiarti con un bastone trovato lì per caso.
Esausto tenterai la fuga verso l’interno, passando per strade anonime scavate tra un grattacielo e l’altro. Tenterai di non guardare la miriade di ristoranti italiani e pizzerie che ti si parerà davanti ai tuoi occhi e ti dirigerai senza pentimenti in una piccola azienda locale per affittare un rottame di automobile e dirigerti il più velocemente possibile verso il deserto, ma scoprirai con grande entusiasmo che la tua carta di credito non funziona ad Agadir, perché lì non usano circuiti internazionali. Ti siederai allora su una orribile terrazza di un palazzo a caso, fumando una sigaretta e bevendo una birra anche se c’è il Ramadan, e comincerai a riflettere sulla possibilità di rimanere lì ad Agadir per il resto di una estate al mare, così da morire dentro per il resto della tua vita.
Associazione Culturale L'Irrequieto
, Firenze-Paris @2010-2018
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