Marlene

Le sedie, che solo due giorni prima gli sembrano comode, erano diventate stranamente scomode, dure. Di fronte al suo viso stanco, Bianca parlava, un infinito elenco di sillabe che sbattevano contro la sua faccia senza interesse. I suoi corti capelli le coprivano le orecchie, era forse per questo che non riusciva a sentire le parole di Ernesto. Bianca non ascoltava, non parlava delle sue emozioni, copriva i silenzi e a volte rideva, Ernesto cercava nel volto di Bianca quello di Marlene che era andata via, per sempre, in un altro continente, lontana dalle strade che avevano percorso insieme, dalle attese divise. Se n’era andata via felice, Marlene, con il suo solito sorriso che avrebbe illuminato perfino le anime più buie.
Ernesto e Marlene, a una fermata di un bus sempre in anticipo, si incontravano tutte le mattine, prima della noia delle parole sputate, prima delle geremiadi vomitate in faccia, prima della solita inutile parte da recitare, il solito copione, la solita strofa da cantare, prima del sopraggiungere della paura del domani. Si incastravano le loro anime come pezzi di un puzzle perfetto ma solo per quelle pause dalla vita. Solo in quell’ora d’aria, nascosti al mondo e chiusi dentro una bolla di sapone. Era come se le loro anime innocenti parlassero una nuova lingua che loro stessi non conoscevano, rimanevano a volte in silenzio, senza nulla da dire, sovrastati dal rumore del mondo. Non avevano confessioni da fare, non c’era nessuna segreta avventura da raccontare, c’erano loro che si bastavano. C’erano i sorrisi di Marlene che illuminano le cose create: le auto, le malinconie, le speranze e le delusioni, il prima e il dopo, le ansie, le mancanze. Marlene era caduta nella vita di Ernesto come una cometa, uno strascico di luce e il naso all’insù, l’emozione, lo spazio e il vuoto, e poi un meraviglioso ricordo, senza delusioni, senza tristezza, una cometa, un passaggio e lo scorrere della vita…Continue reading
Marlene corre sul fiume

Alla fine del corridoio piastrellato da mattonelle bianche e regolari si apriva un grande atrio, una balena spiaggiata e maleodorante, in putrefazione. Un atrio abbandonato al correre della vita che si sarebbe consumato negli anni come un cero pasquale spento illuminato dalla luce di una candela lontana.
Il dolce requiem di Marlene

L’alba aveva raggiunto gli occhi di Ernesto che erano chiusi e che sarebbero rimasti serrati per tutto il giorno, fino a sera, fino al canto delle civette e alle urla di Mario, il portiere del palazzo dove viveva.
L’alba aveva raggiunto anche Marlene che invece aveva gli occhi aperti già da prima che il sole si levasse in cielo. Si alzò dal letto, si preparò con delicatezza, senza far rumore, era suo abitudine non fare rumore, non urlare, non arrabbiarsi, non portare rancore, sorrideva sempre Marlene, non si affannava mai a darsi spiegazioni inutili. Era delicata come i contorni morbidi del suo corpo, lunghe curve sulle quali le mani non avrebbero dovuto incontrare mai autovelox e controlli, un circuito di Kart che si sarebbe dovuto alternare a lente sfilate, parate militari, un’intermittenza dei sensi e dei tocchi con il solo e unico scopo di vederla felice…Continue reading
Fondatore de L’Irrequieto, nato nella valle del Sauro, in Lucania, il 28 giugno del 1986.
Ha pubblicato due silloge poetiche: La vita di una morte, LibroItaliano, Ragusa 2005 e Gl’oratori del nulla, Amorsog et Oream, Il filo, Roma 2007.
Scritti pubblicati su L’Irrequieto.
Donatello Cirone: donatellocirone@irrequieto.eu