Sommesso
di Alessandro Xenos
Debole sordo amore
profondo giace di labili sguardi
nell’acque del fiume
che ti diede i natali.
Poeti i giorni di prime avventure
levaron le torri sulle livide strade
mentre al mondo le lire
sembravan lontane.
Poi fiori volarono
nei canuti inverni
e molti appresero
della tua chioma famosa.
Desiderarono averti
e d’esser te.
Ti vollero alta, bionda
e di nobile stirpe, o mora
e mamma dei padri del volgo.
Tu fosti, Firenze,
a seder tra i pianeti
e a cullare le stelle
l’unica donna
che riconobbero tale.
Tu fosti e tu eri,
delicata bellezza,
ma le nebbie
che di fugaci sorprese
avvolgono i viali
t’adombraron la vista
e ti trovasti a sognare.
Tutto uguale, tutto immutato
come a chi calano gli occhi
d’improvvisa stanchezza.
S.Miniato, il Battistero
il Duomo e la Signoria
rimasero lì
e tu con loro non sentisti
il lento roder del tempo
che mutato d’aspetto t’avea.
Vecchia in posa sedente
sull’occhio d’un vecchio ubriacone.
Da dietro, dai lati
ti cinsero
e pe’ i vicoli strette serrarono
cinquecento cagne affamate
che di tua bellezza
non pasto serbarono.
Livide nuovamente le strade
e morti i giorni poeti
ma nemmeno il grido
di chi a far guardia fu posto
ti scosse dal sonno.
Tu dormivi e ancora tu dormi
mentre David l’han preso
e fatto di sabbia.