Numero 4

La rivoluzione del pover’uomo

di Agnese Roda

innaQuando lo sguardo del sig. Rossi si sporse oltre la tenda che velava la finestra del monolocale in cui viveva da ormai vent’anni, sapeva già che oltre quel pezzo di stoffa sgualcito, non ci sarebbe stato il sole.
Infatti, non c’era.
C’era invece quello che vedeva ogni giorno, un cielo sobrio, grigiastro e nuvoloso. Una tinta indefinita che si confondeva nel cemento grezzo del palazzo di fronte al suo, si mescolava ai palazzi accanto e a quelli di tutto il quartiere, come se qualcuno avesse coperto con una sola pennellata quel pezzo di mondo in cui il Sig. Rossi viveva trecentosessantacinque giorni l’anno, ogni anno.

Pur sforzandosi di guardare bene, il Sig. Rossi non trovava nulla di diverso dal solito. Di fronte a lui solo altri blocchi di cemento, pezzi di un puzzle della stessa dimensione che s’incastravano tra di loro senza sforzo. Perfino le tende erano uguali, di quel bianco spento che la luce malata aveva sporcato definitivamente di una tonalità, propria solo della preoccupazione sul volto.
Quelli non erano nemmeno colori… pensava il Sig. Rossi in una smorfia di disprezzo che solcava il suo volto di rughe.
Erano miscugli di due estremi di cui non ricordava la differenza.

I suoi occhi erano stanchi, offuscati dall’aria nella sua stanza, dove strisce di fumo e polvere si alternavano circolando in giro per l’atmosfera sotto forma di gatti, nuvole, cumuli o particelle impercettibili.

Il Sig. Rossi si fermava ogni tanto a respirare in una sorta di meditazione, dove inalava quell’aria torbida di casa, facendola passare tra i peli del suo naso e le narici color piombo fino su alla testa, per poi lasciarla scivolare tra quei denti dalle tacche scure, rimettendola in circolazione più malsana di prima.
Pazientava da settimane ormai, un tempo troppo lungo, in cui aveva stremato il suo sguardo compiendo quattro singoli movimenti ottici quotidiani: dalla finestra della stanza, all’orologio al suo polso, dal suo polso, alla sveglia accanto al suo comodino, dalla sveglia, al display del computer e dal computer, a una pagina internet.
Lì sostava dal 20 dicembre 2012, l’orario in cui l’account online in cui aveva investito gran parte dei suoi risparmi era stato bloccato: 10.30 p.m.

“CI SCUSIAMO PER L’INCOVENIENTE, STIAMO FACENDO IL POSSIBILE PER TORNARE ONLINE”, diceva quel minuscolo quadrato virtuale, che gli provocava sudori freddi da giorni.

In quel business online il Sig. Rossi aveva riversato le poche gocce di speranza che gli circolavano in corpo e le ultime di liquidità contenute nel portafogli.
Più ci pensava, nel silenzio della sua stanza, più sentiva qualcosa incrinarsi dentro, qualcosa che non capiva, che non sapeva spiegare.

Il corpo del Sig. Rossi, da anni funzionava in maniera parziale. Da quando era stato licenziato dal suo lavoro di facchino al Grand Hotel, pettorali, bicipiti e deltoidi si facevano sentire solo per sollevare la spesa dall’ascensore fin dentro casa. Glutei e quadricipiti delle gambe si attivavano solo il mattino per alzarsi, sedersi alla scrivania, e la sera per tornare a letto. Il pavimento pelvico lo aiutava a spingere di tanto in tanto quando andava di corpo, i tendini delle dita premevano lentamente i quadratini neri di una tastiera ombreggiata dall’unto delle dita, e all’occorrenza adduttori ed estensori del pollice rollavano le sigarette di tabacco.

C’era poi un muscolo abbandonato, che negli ultimi anni aveva sentito pulsare solo in due
occasioni.
Una sera ad esempio, durante una visita al suo dirimpettaio Berto.
Un omino insignificante secondo il Sig. Rossi, un invalido del lavoro rimasto cieco durante un incidente alla fabbrica chimica presso la quale lavorava. Sbilenco per giunta, con le gambe acciaccate, oltre agli occhi guasti. Fastidioso, riteneva il Sig. Rossi, per quell’ottimismo che aveva sempre nei confronti del mondo, e per quei sorrisi che elargiva ogni qualvolta gli aprisse la porta per farlo accomodare in casa sua e aiutarlo con l’inglese.
Infatti, da quando era rimasto cieco, Berto aveva cominciato a studiare la lingua, un sogno che aveva sempre tenuto nel cassetto e che aveva potuto realizzare solo nel
millenovecentonovantaquattro, quando a casa con l’invalidità, si era comprato un computer, installato la sintesi vocale e si era rimesso a imparare. Una o due volte a settimana poi, andava a trovarlo sua nipote Sandra, che era laureata in Lingue e Letteratura Inglese, con la quale faceva lunghe chiacchierate, che lo aiutavano a mantenersi aggiornato sul mondo dei giovani e su quello che accadeva fuori dall’Italia.
Una ragazza irritante, secondo il Sig. Rossi, per quel suo modo scettico di approcciare le
cose, e quella mania di fare domande, e analizzare le risposte. Lui proprio non la sopportava, soprattutto da quando aveva impedito a suo nonno di mettere dei soldi nel business online.
“Dice che è uno scam, una truffa” … gli aveva detto una sera Berto in risposta alla richiesta del Sig. Rossi di crearsi un account sotto il suo nome.

“Ma Berto, come fai te a sapere che non funziona se non l’hai mai fatto?” gli aveva risposto il Sig. Rossi.
“Te lo dico io che funziona… la verità sta nel mezzo… lo sai!” aveva aggiunto il Sig. Rossi, pur sapendo in cuor suo che per lui non aveva ancora funzionato.
“Lo so Antonio, me l’hai detto tante volte che è un metodo rivoluzionario, ma io che ci posso fare? La carta di credito la tiene lei e non posso fare pagamenti senza la sua autorizzazione” continuava quel povero cieco.
“Cosa vuoi che ne sappia lei?” aveva sbottato il Sig. Rossi, “mica ha studiato online
marketing! Quella lì va sempre in giro nei bar, chissà cosa combina”… aveva risposto il sig. Rossi tutto irritato.

“Allora domani andrai a farmi la spesa?” gli aveva chiesto Berto con la sua vocina sorridente.
“Siiiii” aveva sbuffato il Sig. Rossi.
“I soldi sono nel solito posto” aveva aggiunto Berto.
Così il sig. Rossi alzò quei suoi quadricipiti stanchi dal divano, aprì il coperchio del vaso in ceramica dove Berto lasciava i soldi per la spesa e buttando un occhio sul fondo, vide che c’erano duecento euro.
Alla vista del denaro il muscolo cominciò a battere, e anche forte, rimbombando fra le ossa e la ciccia del torace del Sig. Rossi che spalancò gli occhi euforicamente.
Erano proprio quelli che gli servivano per comprare un pacchetto di traffico pubblicitario in più e alimentare il suo account.
Il Sig. Rossi prese le banconote e se le mise in tasca. Raccolse la lista della spesa e salutò infretta chiudendosi la porta alle spalle.

Tornato nel suo cubo, aveva chiamato Kurt, il suo referente online per dirgli che poteva aggiungere altri duecento euro al suo pacchetto di traffico e velocizzare in quella maniera il processo.
Kurt era un tedesco che il Sig. Rossi aveva conosciuto al bar del Grand Hotel un annetto prima. Aveva cominciato la sua carriera in Germania come venditore di pillole dimagranti, ma a un certo punto il business era crollato senza un apparente motivo, aveva spiegato lui, il mutuo l’aveva strozzato, la moglie lasciato e gli erano rimasti solo vari debiti e due figli da mantenere.
Kurt però non si era arreso. Si era trasferito a Milano, dove con i risparmi della pensione di suo padre si era comprato la licenza per il taxi e si era rimesso a lavorare.
“D’altronde”, aveva detto Kurt al Sig. Rossi, “è un dato di fatto che tutti i business men di successo falliscano ai primi tentativi”.
Al bar del Grand Hotel si era fermato spesso dopo aver accompagnato i clienti ed era proprio lì che una sera il Sig. Rossi gli aveva rivelato che avrebbe perso il lavoro.
Kurt allora gli aveva suggerito di leggere alcuni libri sulla ricchezza e su come sbarazzarsi della povertà e della schiavitù dal lavoro, diventando finanziariamente libero.
Ricchi oggi si poteva diventare direttamente da casa, usando internet, grazie a uno splendido sistema che offriva la possibilità di acquistare un prodotto rivoluzionario come spazi pubblicitari online a poco, li rivendeva su internet a chi voleva aumentare la diffusione del proprio marchio, e divideva poi i guadagni con chi aveva comprato gli spazi.
Era secondo Kurt il business del futuro, che consentiva con una spesa minima iniziale di ottenere il duecento percento di quella somma in pochi mesi.
Il Sig. Rossi di Kurt aveva una grande stima, prima di tutto perché aveva visto il suo account online rivelare uno sbalorditivo totale di guadagni di ventimila euro dopo solo un anno e secondo perché gli sembrava una persona sveglia, sicura di sé e con il fiuto per gli affari.
Così il Sig. Rossi si era arruolato per compiere la rivoluzione della sua vita, e investendo parte della sua liquidazione in un account online era entrato a far parte del magico mondo del blind network.

Dopo qualche mese speso a giocare con pannelli virtuali e traffico nell’etere, al Sig. Rossi erano venute alcune domande. Ad esempio chi fossero i clienti di questi rivenditori di traffico, quale fosse esattamente il prodotto che vendevano, e soprattutto perché dopo quattro mesi non aveva visto ancora un centesimo sul suo conto…
“Il network è blind” gli aveva detto Kurt… “non puoi sapere, dove sono piazzate le pubblicità”… oppure, “bisogna applicarsi se si vuole diventare ricchi, studiare nuovi sistemi”.
Il Sig. Rossi allora aveva provato ad applicarsi di più, si era anche iscritto a uno delle piattaforme di social media e si era creato un blog per reclutare gente online come aveva fatto Kurt, ma nessuno era arrivato.
Eppure l’azienda esisteva da due anni e di gente che aveva fatto milioni, ce n’era eccome.
Il Sig. Rossi aveva provato a convincere i suoi conoscenti, ma si era accorto anche lui che non sapeva bene spiegare cosa fosse.
“Devi crederci di più Antonio, sei troppo scettico” gli aveva detto Kurt “devi importi come leader”.

Poi era arrivato quel 20 dicembre e quando il Sig. Rossi aveva chiamato Kurt per chiedere spiegazioni sul blocco del sistema, aveva trovato una segreteria in vacanza.
Si era messo online e aveva visto tanti commenti in inglese e anche se aveva provato a tradurli, non ci era riuscito bene e si era solo confuso le idee, ma non voleva tornare a casa di Berto, perché aveva paura che si fosse accorto dei soldi che gli aveva rubato.
Così era rimasto fermo ad aspettare.

Quella mattina, richiusa la tenda, il Sig. Rossi compiva per l’ennesima volta gli stessi quattro movimenti che faceva da qualche tempo ma nulla, il post su Internet restava sempre fermo al 20 dicembre 2012.
Era già cominciato un altro anno di grigiume e per il Sig. Rossi la realtà era sempre la stessa.
Un mondo senza sfumature.
Si rollò una sigaretta leccandola con quella lingua arida di chi non ha lo stomaco a posto e l’accese aspirandola intensamente.
In quel momento lo schermo cambiò, una rotellina grigia si mise a girare all’impazzata, veloce, sempre più veloce e un nuovo rettangolo rosso comparve sullo schermo.
Il muscolo del Sig. Rossi cominciò a battere dalla felicità, si alzò sui quadricipiti tutto di un colpo.
È tornato, pensò e finalmente lo poteva sentire quel cuore maledetto, per la terza volta, dentro il suo corpo flaccido e vecchio, finalmente vedeva un colore, il rosso, un tono di vita, di successo.
Trattenne il fiato per un attimo mentre lo schermo del computer da rosso diventava bianco, e una scritta nera che diceva ERROR 404 cominciava a lampeggiare.
Che cosa significa? Si chiese il Sig. Rossi mentre il suo cuore continuava a bussare nel petto e il battito si trasformava in dolore e sudore.
Cercò di aprirsi la camicia per respirare meglio, ma la spalla sinistra sembrava come bloccata, una fitta all’altezza dello sterno lo piegò in due sul computer, come in un abbraccio.
Lo sentì fra le sue braccia caldo, come un corpo umano e cadde a terra in un lampo trascinandosi dietro tutto quell’armamentario tecnologico, restando fermo a terra strozzato in un ultimo respiro, con il volto di quel colore della vita che non aveva mai avuto, schiacciato dalla sua stessa rivoluzione.
E nel silenzio della stanza il fumo della sigaretta non ancora spenta a terra, s’innalzava in aria.


freccia sinistrafreccia

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