Ottavo piano
di Luca Saracino
La collezione di cactus di Maria aveva invaso i ripiani della cucina, uno schieramento di piccole piante grasse che si spandeva in direzione dei barattoli delle spezie. Dalla mia finestra in lontananza si può vedere la cupola del Brunelleschi ma dalla sua terrazza si aveva l’impressione di poterla quasi toccare. La prima volta che fui invitato a salire mi mise in guardia dicendo che abitava all’ottavo piano. Salendo sorrisi quando capii che aveva contato anche i pianerottoli a metà rampa. Lungo quelle scale una notte tenendoci per mano cademmo e sbronzi ci mettemmo a ridere come se fossimo in qualche modo fuori dalla bava del mondo. Quando ero con lei strizzando forte le palpebre potevo dimenticarmi chi fossi e tutte le volte che diventavo cupo lei per non correre rischi diceva qualcosa di superfluo che mi aiutava a perdermi nel suo sguardo. Le dissi addio quando la consapevolezza che le nostre vite prima o poi si sarebbero separate era diventato un lupo alla gola. Quel giorno mi sono entrate le ombre negli occhi.