Non sono una signora

di Violette de Lavallière

Illustrazione di Graziella Azzolina

Se il corpo è stanco le vene scappano, battono in ritirata. Fuggono, si ritraggono dentro di noi per cercare posti in cui non essere tormentate. Le mie fanno così.
In sala operatoria i medici ascoltano rock.
L’arcangelo Gabriele arriva da me all’improvviso. Niente ali. Solo un’espressione incolore.

– Signora, vene sottili sulle braccia: mi dia la mano. Tanto ne dovrà fare ogni due anni di questi esami.

Cazzo non voglio. Lo guardo e gli metto la mano tra le sue.

– Faccia pure.

L’ago perfora, sto sorridendo all’arcangelo Gabriele con le lacrime che mi rigano la faccia.

– Si stenda sul lettino ora le mettiamo la maschera sul viso per bloccarla, cerchi di respirare normalmente. Ci vediamo tra un’ora. Se ci sono problemi schiacci il pulsante che le metto tra le dita. Non tossisca, sennò dobbiamo ripetere tutto daccapo.

Mentre mi infilano nel tubo bianco per la risonanza magnetica ho freddo, qualcuno, da fuori, mi mette una coperta sulla gambe prima che il marchingegno mi ingoi del tutto.
Sparita. Sola in questo corpo imperfetto. Chiudo le palpebre, il rumore che mi perfora il timpano è un martello pneumatico, nonostante i tappi nelle orecchie. Occhi metallici scannerizzano ogni millimetro del mio cervello. Si aprono le danze.

TA-DA-TA-DA-TA-DA

Respiro e guarda cosa salta fuori, una canzone che nemmeno mi piaceva. 1982.

… NON SONO UNA SIGNORA
MA UNA CON TUTTE STELLE
NELLA VITA..

La Bertè. Loredana e le stelle, chissà se brillano là fuori, stasera. Una ha il volto di  chi non conoscerò mai. Immagino di lanciarmi nel firmamento e bruciare in un secondo come questo liquido fresco che mi sparano in vena a tutta velocità, dagli alluci al cervello, passa attraverso spazi inviolati ed apre nuove porte, corridoi, stanze gigantesche, prati che finiscono con falesie  a picco sul mare, dirupi e scogli. Boati di onde. Sono sospesa sull’orlo dell’abisso, abitata da cose misteriose. Nemmeno sapevo di avere tutte queste meraviglie in me.
Sono viva.
Non mi frega niente di quel che ho in testa, voglio continuare a starci dentro  questo corpo che mi fotte ogni giorno e che curo nonostante tutto. Gli voglio bene anche se mi tradisce come il peggiore dei bastardi.
Che poi un giorno, ho avuto un colloquio diretto con Dio. A me è apparso vestito da neurochirurgo.
Con aria professionale di chi sa di essere in cima alla piramide umana, anzi, un pelino sopra, mi ha spiegato che non capiscono che cavolo sia. Azzarda ipotesi.
Quel giorno poi, era pure imbarazzato.
Se sei Dio e salvi chi sta per morire, quando ti capita per le mani un caso come il mio, sono cazzi amari. Soprattutto quando Dio si rende conto che non ho paura.
Gli sono simpatica, a Dio.
Così quella volta s’è sfilato i guanti di lattice sporchi di resti di qualcosa che non mi va di definire, dopo venti ore di sala operatoria, m’a presa sottobraccio e mi ha raccontato come stava la faccenda. Ho un “cisti di Rathke”. Roba rara, di prima qualità, attaccata alla mia ipofisi. Ereditata geneticamente da chissà quale parente. O serpente?
Adesso sì che mi sento una gran figa: un pò come avere una collana di perle preziose addosso, di quelle che tutti invidiano pensando “quella lì è una donna speciale”.
Dio mi ha osservata come una cavia da laboratorio, mi ha detto “Lei sì che è un caso interessante per la mia équipe: potrei metterla in lista d’attesa e poi operarla senza aprirle il cranio con la fresa. Entriamo dentro con un braccio meccanico e l’ago telecomandato attraverso il setto nasale, assorbiamo il liquido della cisti o… di quel che troviamo. Non potremmo asportare via tutto ma.. le salverei la vista”. Poi, mettendomi una mano sulla spalla per rassicurarmi, ha dichiarato “E comunque, non è come in altre parti del corpo: è del suo cervello che stiamo parlando. Può anche conviverci, per ora, giorno per giorno. Proviamo a non svegliare il can che dorme.”
Decisi che sì, era davvero una buona idea non svegliare nessuno. Che poi, se è del mio cervello che ci si preoccupa, la memoria già si sta facendo il terzo giro di birra e non si ricorda la metà delle cose. Quanto ai neuroni inesplosi, continueranno a parlare in francese almeno tra di loro, ne sono certa.
Dio si era lasciato sfuggire “Di figli nemmeno con un miracolo, comunque il problema principale non sono gli ormoni ma la vista. Se guardo le sue lastre, per me, lei è cieca”.
Mi fido di te, Dio?
Per ora ti guardo dritto negli occhi e sei tu, Dio, che li abbassi per primo.
Un bel casino se anche Dio sbagliasse.
In effetti, tre mesi più tardi, ho scoperto che non ci ha preso per niente. Sono rimasta incinta in un nano secondo, dopo il coito interrotto di Aldo. Rigogliosa e fertile come il giardino dell’Eden.
Mio marito quando l’ha saputo gli è preso un colpo.

– Non stapperemo lo champagne.

Questo gli è sfuggito, ed io, per la prima volta, ho misurato la profondità del mio odio verso un uomo.
Ho deciso. Vomitavo l’anima. Una settimana per la scelta giusta, al terzo mese. La pancia si vedeva un poco, la nascondevo sotto maglioni larghi a coprire la disperazione di entrambi. Mia e del bambino. Muoio io o muori tu? Moriremo insieme? Non avrai una mamma ma un papà sì. Sei un maschio. Ti ho sognato nei minimi dettagli. Bellissimo e ridente, riccio come me, rosso come Aldo. Non saprò mai se arriverò al nono mese. Tutto è rischioso. L’istinto materno è una puttanata inventata dagli uomini per relegare le donne nel ruolo di madri e decretarne la fine sessuale.
Il mio istinto di sopravvivenza è forte.
Vallo a spiegare ad Aldo che nel frattempo culla l’idea del figlio, lo desidera e mi teme.

– Teniamolo

NO, sono io che ho avuto l’ultima parola: NO.
Vorrei lasciarmi andare con Aldo ma lui si accascia a terra quando glielo dico. Sono forte per tutti e due, reagisco. Per prima. Ricomincio a vivere, per prima.
Sono un giunco sottile: se il mondo impazzisce, mi piego ma non mi spezzo.
L’arcangelo Gabriele interrompe il flusso dei pensieri e mi parla attraverso un microfono nascosto.

– Signora c’è qualcosa che non va? Continui a respirare lentamente, ancora dieci minuti e poi la tiriamo fuori.

Fate pure, spiate tutto quel che ho dentro, massacratemi a fondo.
Resisteranno queste emozioni, sulla carta, aldilà di me. Per sempre e oltre.

… E’ UN VOLO A PLANARE
PER ESSERE INCHIODATI QUI
CROCIFISSI AL MURO
MA COME RICORDARLO
ORA
NON SONO UNA SIGNORA
MA UNA CON TUTTE STELLE NELLA VITA
UNA PER CUI LA GUERRA NON È MAI FINITA…



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