Numero 64 – GENNAIO/MARZO 2021

Sinatra canta in metro

di Alberto Lucchini

Il treno arrivò in ritardo. Mentre dall’altoparlante della stazione partivano le consuete scuse, io aspettai insieme a parecchie persone che altre parecchie persone scendessero da uno dei vagoni e finalmente salii. In quel caos di ritardi e fiume di gente ero sereno: stavo andando a chiudere un contratto. Un gran bel contratto. Era da mesi che stavo seguendo quel cliente: segretaria, responsabile tecnico, ufficio acquisti e poi finalmente il boss. Parlato con lui, avevo aspettato il consiglio di amministrazione e poi il verdetto: «Venga pure lunedì mattina alle dieci». Quando mi era arrivata la telefonata, ero entrato nel primo bar e avevo ordinato una bottiglia di spumante. «Per chi lo desidera, offro da bere a tutti» avevo detto. Non lo avevo mai fatto prima e il risultato fu deludente: nessuno dei presenti mi considerò, così bevvi un paio di calici col barista ed uscii.
Sul treno, la tizia di fronte a me stava parlando…Continue reading


La pizza fatta in casa

 di Luigi Antioco Tuveri 

Le tue cugine andavano al Kiss, dice zia.
Dopo giorni di pioggia è un sabato pomeriggio di sole che acceca, è marzo, è già primavera e zia fa la pizza. Zio è al campo con mio cugino, la gatta cammina sul davanzale e guarda giù e guarda me e si fa i fatti suoi. Zia impasta. Il tavolo è un lago d’acqua e farina. C’è profumo di lievito. Zia chiede della scuola, degli amici, è dispiaciuta che siano tutti fuori. I miei genitori avevano delle commissioni da sbrigare. Passeranno domani a prendermi. Dormirò qua, non è la prima volta.
Esco, dico dopo aver girato un po’ per casa.
Stai attento, dice zia.
Viale Ungheria è un fiume di cemento solcato dai binari del tram, arginato da sponde di case popolari e giardinetti, abitato da ragazzi di tutte le età. La chiesa ha il campanile appuntito che buca il cielo. Le montagnette sono dietro i palazzi: cassette di frutta bruciate, scalpi di gatti, tappi di birra…Continue reading


Smuntaluna

di Lorenzo Nord

Lunedì. Sono seduto sulla verde panchina, la solita. Il ragazzo che accompagna la nonna mi ha regalato un foglio e ci ha scritto una «Bella storia», gli dico.

«Ne ho scritta anche un’altra, ispirata al nostro primo incontro», dice lui. «Ė molto breve».

Mi porge un altro foglio: leggo. Sono io il protagonista.

Nel momento in cui il vecchio ricapitola i fatti della propria vita, una lacrima gli crolla sulla pelle rovinata. Se qualcuno domandasse le motivazioni della sua tristezza, egli replicherebbe come i bambini che lui fu mai, cioè i capricciosi: perché di sì. Ma il vecchio tace, tossicchia, mugugna alla gente. Il traffico di chi parcheggia anziani in quella struttura è costante e lui li mal sopporta.
Riemerge dal suo malumore quando esce il nipote d’una nonna. Discorre con l’amata al cellulare, ma d’un tratto s’interrompe…Continue reading


Alla stazione di Certosa di Pavia

di Fiorella Malchiodi Albedi

Opera di Carlo Vianello.

Sono le 3 di un pomeriggio di aprile. È una bella giornata con il cielo terso e solo qualche nuvola all’orizzonte; c’è un gran via vai di rondini affaccendate, sopra la stazione di Certosa di Pavia.
La donna è alta e snella, sui quarantacinque anni; ora si sta alzando il bavero di un soprabito leggero, che è stretto in vita con una cintura e si allarga verso il basso, sulle ginocchia appena coperte. Porta una borsa a tracolla piccola, come non se ne usano più, e un foulard leggero al collo. Uno stile vagamente anni ’50. Nell’insieme, ha un aspetto un po’ demodé, ma molto elegante. I capelli sono di media lunghezza, appena mossi ma gonfi e corposi, il naso è dritto e gli occhi appena truccati; porta il rossetto sulle labbra. Oltre a essere elegante, è anche bella. E cammina su tacchi a spillo non troppo alti, lungo il marciapiede della stazione; avanti e indietro, mentre l’altoparlante, di tanto in tanto, ripete che il diretto per Pavia è in ritardo. Quando si gira verso sud, scruta la fine dei binari, da dove comparirà il treno. Ha la fronte aggrottata, con una ruga profonda che le separa le sopracciglia.
L’uomo è invece seduto sotto la pensilina. Indossa un completo grigio azzurro molto serio, con una camicia bianca e una cravatta a righe sui toni del blu. Anche lui è sulla mezza età; ha qualche piega di troppo sul collo e delle borse pesanti sotto gli occhi; nell’insieme è un tipo molto distinto. Al contrario della donna, che non smette di mai di camminare, lui è immobile e guarda un punto fisso davanti a sé, sul binario di fronte, come se un pensiero invasivo gli avesse tolto la capacità di muoversi; quando la donna gli passa davanti, lui la segue con gli occhi ma solo brevemente, come per un riflesso automatico…Continue reading


Pellegrino nel deserto

Di Stefano Zampieri

Strada perigliosa lungo deserti inesplorati e sentieri insicuri, vie che pochi conoscono, tratturi, percorsi poco battuti. Andammo tre giorni, tre mesi e tre anni. E ancora…
Carovana scompagnata di pellegrini. Si va via in gruppo per farsi coraggio per dividere il tempo e lo spazio.
La strada per l’Oriente è un lungo deserto. Noi trovammo cammelli e cammellieri e riempimmo le nostre otri d’acqua e caricammo gli animali mettendoci per via. Camminammo tre giorni, tre mesi e tre anni senza trovare né acqua né un albero. I cammelli non bevvero, bevvero solo i tre asini ai quali demmo l’acqua degli otri. Soltanto allora giungemmo alla Fonte di Moises dove una misera pozza dissetò i nostri cammelli, che ne avevano gran bisogno, perché il paese è caldissimo e il sole pareva che ardesse quella sabbia. E non è meraviglia che vi sia gran caldo perché lì non piove mai. I cammelli si dissetarono bevendo forse più di un barile d’acqua ciascuno…Continue reading


La versatilità di una goccia

di Alexandra Bastari

La versatilità di una goccia che si infila

in terra

e cade come una parola che corregge

la precedente

per non essere capace

di sopire lo scoppio alla sua prima scintilla

mi ritrovo a calcolare

quanto esoscheletro manchi alla radice

 

e quanto ora mi faccia bene

toccare l’orlo giallo del sole, nuda…Continue reading


La vita mi scorre davanti

di Irene Benina

La vita mi scorre davanti

Ed io non decido –

 

Non posso.

 

Godere mi è vietato;

ho osservato le tue labbra rosse

gonfiarsi e inumidirsi,

ho sfiorato i tuoi capelli dorati.

 

Nell’intimità di quei momenti rubati allo Squallore

io esistevo davvero…Continue reading



 

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