Alla stazione di Certosa di Pavia
di Fiorella Malchiodi Albedi

Sono le 3 di un pomeriggio di aprile. È una bella giornata con il cielo terso e solo qualche nuvola all’orizzonte; c’è un gran via vai di rondini affaccendate, sopra la stazione di Certosa di Pavia.
La donna è alta e snella, sui quarantacinque anni; ora si sta alzando il bavero di un soprabito leggero, che è stretto in vita con una cintura e si allarga verso il basso, sulle ginocchia appena coperte. Porta una borsa a tracolla piccola, come non se ne usano più, e un foulard leggero al collo. Uno stile vagamente anni ’50. Nell’insieme, ha un aspetto un po’ demodé, ma molto elegante. I capelli sono di media lunghezza, appena mossi ma gonfi e corposi, il naso è dritto e gli occhi appena truccati; porta il rossetto sulle labbra. Oltre a essere elegante, è anche bella. E cammina su tacchi a spillo non troppo alti, lungo il marciapiede della stazione; avanti e indietro, mentre l’altoparlante, di tanto in tanto, ripete che il diretto per Pavia è in ritardo. Quando si gira verso sud, scruta la fine dei binari, da dove comparirà il treno. Ha la fronte aggrottata, con una ruga profonda che le separa le sopracciglia.
L’uomo è invece seduto sotto la pensilina. Indossa un completo grigio azzurro molto serio, con una camicia bianca e una cravatta a righe sui toni del blu. Anche lui è sulla mezza età; ha qualche piega di troppo sul collo e delle borse pesanti sotto gli occhi; nell’insieme è un tipo molto distinto. Al contrario della donna, che non smette di mai di camminare, lui è immobile e guarda un punto fisso davanti a sé, sul binario di fronte, come se un pensiero invasivo gli avesse tolto la capacità di muoversi; quando la donna gli passa davanti, lui la segue con gli occhi ma solo brevemente, come per un riflesso automatico, come quando dal treno fissiamo per un attimo le case che ci scorrono di lato, ma senza vederle veramente. E poi torna a concentrarsi sul punto.
Questi due personaggi, a pensarci bene, sono proprio fuori luogo nella stazione di Certosa di Pavia, che è frequentata da gitanti in visita alla Certosa, o da lavoratori che vanno o tornano dal lavoro. Loro non sono evidentemente né turisti né pendolari. E non si capisce nemmeno se sono arrivati insieme, o sono sconosciuti l’uno all’altra. Sono entrambe persone ben vestite, di un certo tono, sembrerebbe improbabile che si trovino per caso insieme, nello stesso momento, in un contesto che appare loro estraneo.
Ma se sono una coppia, certo si tratta di una coppia in crisi. Altrimenti, come spiegare la loro indifferenza reciproca? E che è venuta a fare una coppia in crisi a Certosa di Pavia?
Lei ora si ferma, guarda l’orologio. Poi si passa il polpastrello del pollice sull’unghia del dito medio, che si dev’essere rotta. Che fastidio, non ha dietro una limetta. Sospira, pensa che questa farsa sta diventando davvero seccante. Solo che è troppo tardi. Avrebbero dovuto dirglielo subito, appena si sono lasciati, ora con che cuore dare un dolore a quella povera donna, che oltretutto ha pochi anni da vivere, e da sola, in quella tristissima casa di riposo? Certo, lo deve fare per lei, non ci sono alternative. Se almeno questo treno si decidesse ad arrivare!
L’uomo fa finta di non guardarla, ma la controlla con la coda dell’occhio. Quant’è ancora bella, pensa. Ogni volta si sente un po’ un verme, quando le chiede di accompagnarlo a trovare sua madre. Ma è l’unica occasione che ha di rivederla, una volta ogni due settimane. Lei, all’inizio, faceva molte storie, gli diceva che era ora di finirla con quella messinscena, che dovevano dirle la verità, poi deve essersene fatta una ragione, perché adesso non protesta più quando lui la cerca. Certo, riflettendoci, è un po’ strano che lei creda ancora alla balla che sua madre è all’oscuro della loro separazione. Chissà. E c’è dell’altro: lei aveva sempre rifiutato di venire a Certosa insieme a lui, in treno. Oggi invece ha accettato. Vorrà dire qualcosa? Sospira. La prossima volta le offrirà un passaggio in macchina, vediamo che succede.
Oppure no, magari l’uomo e la donna sono proprio due estranei ed è il caso che li ha condotti oggi su questa banchina.
La donna, ad esempio, potrebbe essere qui perché è a Certosa che s’incontra con il suo amante. Pavia è un piccolo centro, le chiacchiere girano facilmente, e i due hanno deciso di incontrarsi fuori città. C’è un alberghetto, a Certosa, dove si vedono all’ora di pranzo; si portano un panino, che mangiano in fretta, ansiosi di ben altro cibo. “Le briciole nel letto”, diceva la canzone, e hanno scoperto che quel verso ha sempre evocato a entrambi la passione amorosa. Così almeno è stato i primi tempi. Ora le cose sono cambiate. Lui è sempre più frettoloso e distratto; vorrebbe troncare, lei ne è sicura, ma è incapace di farlo. Aspetta che la loro storia finisca per morte naturale. Ma a lei, una lenta agonia fa venire i brividi. E così, ha deciso che sarà lei a lasciarlo; troverà anche la maniera per non farlo sentire in colpa e se ne addosserà la responsabilità. Spera solo che lui non creda di essere abbandonato per un altro uomo: un’improvvisa gelosia che gli riaccende la passione, no, quello non potrebbe proprio sopportarlo. Dovrà stare attenta e usare il tono giusto, e ora cammina avanti e indietro sul marciapiede, per cercarle le parole che spera renderanno quell’addio meno amaro a lui e a lei stessa.
E l’uomo? Che fa un uomo distinto, con quello sguardo così fisso, in una piccola stazione di provincia a quell’ora? Ce lo immagineremmo nel suo studio, magari legale, oppure notarile. Ecco, sì, potrebbe essere un notaio che è venuto a stipulare un contratto in una banca. L’appuntamento era vicino alla stazione, così ha pensato di venire in treno. Lo fa ogni volta che può, ormai non sopporta più il traffico. Come è diventato insofferente a tante altre cose. Per questo ora guarda così assorto il nulla davanti a sé. Si sta chiedendo se quell’ansia sottile che avverte sempre più spesso non lo stia pian piano divorando. E c’è quella strana sensazione, la mattina, quando si fa la barba davanti allo specchio, che il suo sguardo rimbalzi via in fretta quando cade sui suoi occhi, come se li temesse. Cosa ha paura di leggervi? Qualche domanda sgradevole? O semplicemente la noia? Quanto vorrebbe seguire quel desiderio così intenso che a volte lo prende di stravolgere la sua vita, uscire dai binari, perdersi lungo qualche sentiero nuovo e scosceso. Troverà mai il coraggio di farlo?
Sì, la storia potrebbe reggere. Due sconosciuti che aspettano lo stesso treno, entrambi in un momento di passaggio della loro vita. E se in treno si sedessero vicini, se cominciassero a chiacchierare, se si piacessero?
Ma ecco che finalmente sta arrivando il treno. È ora di scoprire le carte.
La prima carrozza è comparsa in fondo alla curva dei binari. La donna la guarda per un attimo, e poi si avvicina all’uomo.
– Sei pronto?
L’uomo si passa una mano sulla faccia.
– No, non lo sarò mai.
La donna gli posa la mano sulla spalla.
– Fatti forza, lo sai che è importante.
L’uomo, che si era sorpreso del coraggio di lei, in questi giorni, e stamattina in particolare, ora capisce che tutta la forza dimostrata era per arrivare preparata a questo momento. Ma dopo, che succederà? Non osa pensarlo. La guarda, fa un cenno di assenso, e poi si alza.
Il treno si ferma, le porte si aprono, ed esce un solo passeggero; è un ragazzo con i capelli lunghi e uno zaino sbrindellato. Sorride, e fa un cenno festoso di saluto da lontano. L’uomo e la donna si avvicinano, l’abbracciano; anche loro sorridono. Per entrambi è il primo momento lieve, da giorni.
– Ma sei dimagrito, guarda che zigomi sporgenti, – dice la donna.
– Non ci metterà molto a riprendere peso ora che è a casa, – dice l’uomo.
– Ma come vi siete conciati, vi siete messi in ghingheri per me? Anche voi mi sembrate un po’ sciupati, vi siete messi a dieta? E dov’è quella mascalzona di mia sorella? Sentiamo che scusa ha trovato per non venire a prendermi. Eh? Allora, dov’è Sara?