Numero 62 – Luglio/Settembre 2020

ll Branco

di Leonardo Mazzeo

Jordan, Will, Steve e Mike erano seduti al solito tavolo in fondo alla birreria di Woody. Era buio e faceva freddo fuori, l’inverno incalzava ma di lavoro da fare, in segheria, ce n’era sempre tanto. Anzi, nel periodo invernale ancora di più, data l’esigenza di legna da ardere per i camini. I quattro amici, compagni di gioco da trent’anni, colleghi di lavoro da dieci, bevevano birra e parlavano del più e del meno. Ogni giorno, dopo aver staccato da lavoro, prima di tornare a casa passavano da Woody e si ubriacavano per bene. Al tavolo, quella sera, teneva banco l’argomento “lupi”.

«Secondo me il governo ha fatto bene a togliere il divieto di caccia» disse Jordan.
«Non so», rispose Steve, «comunque sono una specie protetta, e per due maiali ammazzati non credo valga la pena sterminarli».
«Steve, sai quanto importa a me di quei lupi? Zero. Dobbiamo prima pensare a star bene noi, che quelle bestie se la cavino da sole. E soprattutto che non vengano qui ad attaccarci».
«Giusto, disse Will, io non sopporto tutta questa solidarietà verso quella sottospecie di cani. Per me possono anche morire tutti. Anzi, li ucciderei io volentieri».
«Ma smettila», fece Mike, «ti cagheresti sotto solo a sentire un ululato».

Tutti risero. I quattro amici ordinarono altre quattro pinte. La birreria andava riempiendosi, l’odore di sigaro si mischiava a quello di sudore, all’aroma della birra e alla puzza che veniva dai bagni dall’altra parte del locale. Fuori cominciò a cadere qualche fiocco di neve e solo Steve se ne accorse: sulla finestra accanto al loro tavolo, piccole palline ghiacciate cadevano dolci, senza far rumore. Qualcuna si attaccava al vetro e si scioglieva.

Steve si alzò.

«Devo andare in bagno», disse, e si avviò verso l’altro lato del locale.

Steve si sentiva un po’ brillo, ma tutto sommato stava bene. Mentre si faceva largo tra gli altri tavolini, tra tutte le sedie e gli sgabelli e le risate e i sorsi mandati giù, Steve si sentiva soddisfatto. Ma era una soddisfazione malinconica, che non sapeva spiegare a se stesso. Come se la sua vita andasse bene così com’era, eppure avrebbe potuto andare meglio. Se solo avesse voluto tentare, se solo se ne fosse andato dal villaggio come i suoi genitori gli avevano consigliato di fare. Steve aveva invece scelto la sicurezza, sotto forma di un posto fisso alla segheria, di un gruppo di amici e di qualche birra da Woody. Ma tutto questo gli bastava?

Steve sentì bussare, e si ricordò di essere dentro al gabinetto. Così fece quello che doveva fare e tornò al suo tavolo.

«A proposito di lupi! Sapete ragazzi, alla segheria ho sentito dire che un paio di notti fa il guardiano ha avvistato un piccolo branco aggirarsi nel bosco. Quattro o cinque esemplari, non di più».

Mike e Will guardarono Jordan perplessi, ma non dissero niente.

«Veramente?», chiese Steve.
«Sì, rispose Will, l’ho sentito dire anche io. Forse è un piccolo branco che è sceso dalle Montagne Rocciose in cerca di cibo».
«Potremmo dargli la caccia», disse Jordan sorridendo.
«Sei impazzito?», disse Steve. «È vietato dare la caccia ai lupi, si possono uccidere solo se attaccano il bestiame».
«E noi diremo che l’hanno fatto», rispose Jordan. «In molti fanno così, anche se in realtà cacciano per sport».
«Io ci sto!», disse Mike, «prendiamo a calci in culo quelle bestiacce».
«Sì», fece Will, «diamogli una lezione».
«Domani è domenica, abbiamo il giorno libero. Potremmo partire di buon mattino e stare fuori fino a che non sarà notte, per poi venire qui e scolarci qualche birra», disse Jordan.

Will e Mike annuirono. Steve pensò: non può essere vero, non sono mai stati avvistati lupi nelle vicinanze. Se però rispondo di no mi prenderanno per un codardo. Non voglio essere preso per un codardo. Nessuno si farà male, sarà solo una gita. Sì, sarà solo una gita di domenica, pensò.

«Non troveremo nessun lupo, ma per me va bene», disse Steve.
«Bene, è deciso allora. Ci vediamo domani mattina qui, davanti da Woody, alle sette in punto. Mio cugino ha qualche fucile da caccia, sono quelli di nostro nonno. Li tiene nella rimessa. Farò in modo di prenderne quattro. Daremo una lezione a quelle bestiacce, eh, Mike?»

Tutti e quattro brindarono, poi finirono le loro birre e ognuno tornò a casa sua. Fuori aveva smesso di nevicare e il cielo si era scrollato di dosso le nuvole. Le stelle erano ben visibili, e prima di rientrare a casa Steve restò per qualche minuto ad osservarle, stretto attorno al suo cappotto pesante, sbuffando piccole nuvolette di fiato. Sorrise al cielo, poi entrò, accese il camino e si sedette accanto al fuoco per scaldarsi, sfregandosi le mani e tenendo i palmi ben aperti in direzione della fiamma, pensando all’indomani, chiedendosi se veramente un branco di lupi potesse essersi spinto così vicino al centro abitato.

Il mattino seguente i quattro amici si trovarono puntuali all’appuntamento davanti alla birreria di Woody. Il cielo era sereno e il sole era quasi spuntato del tutto oltre le lontane Montagne Rocciose. Jordan portava con sé un borsone dal quale uscivano quattro canne di fucile. Ognuno aveva portato il pranzo al sacco e Mike aveva pensato alle birre. Tutto era pronto per la caccia. Jordan consegnò i fucili da caccia a Mike, Will e Steve.

«Sapete come si usano, vero?»

Tutti e tre annuirono, anche se Steve, in realtà, non ne aveva mai neanche toccato uno in vita sua. La compagnia si avviò verso la segheria a valle. Camminavano in silenzio: Mike fumava una sigaretta, Will esaminava il fucile, Steve guardava verso le Montagne Rocciose e si chiedeva di nuovo se veramente un branco di lupi potesse essersi spinto fino al centro abitato. Jordan pensava a qualcosa e sorrideva guardando in basso. A terra la neve si era mischiata al fango e gli otto stivali calpestavano una poltiglia color bianco sporco. I quattro amici arrivarono nei pressi della segheria. I grandi macchinari pieni di denti e i magazzini colmi di legna intagliata pazientavano, in attesa del giorno successivo, durante il quale i primi sarebbero stati rimessi in funzione, pronti per mangiare altri tronchi, mentre la seconda sarebbe stata caricata sui camion e portata altrove, per bruciare in qualche camino o per diventare tavolo, sedia, credenza, armadio. La compagnia arrivò nei pressi del bosco e si fermò.

«Bene, eccoci qui: siete pronti?», disse Jordan.
«Andiamo», disse Mike sistemandosi il fucile dietro le spalle.

Will colpì con un pugno chiuso il palmo dell’altra mano, segno di una sfida imminente, con lo sguardo serio. Steve annuì. I quattro amici si avviarono verso il centro del bosco. I grandi alberi, prima radi e mozzi, si infittivano dopo ogni passo. Lentamente il gruppo si allontanò dalla zona che in quel periodo andava disboscandosi e si addentrò nel fitto del bosco, salendo in direzione delle Montagne Rocciose. Il sole nel frattempo si era alzato e, quando riusciva a passare attraverso le fronde dei pini bianchi, scaldava i corpi dei quattro amici, già caldi per il movimento. Comunque, di calore in quel periodo non ce n’era mai abbastanza. I quattro camminarono per tre ore, in cerca di tracce, inoltrandosi tra le fronde, cercando dietro i cespugli, bevendo birra e pisciando in giro, come a voler marcare un territorio non loro. Mike fumava, Will aveva trovato un bel bastone e picchiava i rami secchi dei cespugli, Steve pensava che in fondo una passeggiata per il bosco era sempre una buona cosa, se non altro perché faceva bene al corpo e alla mente, poi era tra amici e la sera sarebbero andati tutti a bere da Woody e nessuno si sarebbe fatto male, né loro, né tantomeno i lupi che, ovviamente, non c’erano. Jordan guidava il gruppo e rideva sotto i baffi. I quattro amici decisero, su proposta di Jordan, di fermarsi a pranzare in un punto sgombro di alberi. Jordan, Mike e Will lasciarono Steve da solo a badare alle borse, e andarono alla ricerca di legna per il fuoco.

«Sei un genio, Jordan. Sarà lo scherzo dell’anno, sai che risate quando lo racconteremo da Woody?», disse Mike.
«Lo so Mike, lo so. Steve se la farà sotto dalla paura, noi dalle risate!»
«Voi credete veramente che in questo bosco non ci siano lupi?», chiese Will.
«Scherzi?», rispose Jordan, «io avevo intenzione di spaventare Steve, non te. Quando mai si sono visti dei lupi in queste zone?»
«Pensate che faccia farà quando si accorgerà di essere rimasto da solo, in balia di un immaginario branco di lupi!», disse Mike.

Tutti e tre risero. Stettero per un po’ lontani dal punto in cui avevano lasciato Steve e le borse, poi tornarono indietro, ma si avvicinarono solo di quel tanto che bastava per vederlo. Si sistemarono dietro dei cespugli e attesero. Ogni tanto a qualcuno veniva da ridere e cercava di trattenersi.

«Perché hai scelto di fare lo scherzo proprio a Steve?», chiese Will.
«Perché mi dà fastidio. Sì, mi dà fastidio, ecco. Se ne sta lì muto, in silenzio, a pensare agli affari suoi. Secondo me si crede superiore. Secondo me si crede il capo del branco, non so se mi spiego. E questo solo perché a scuola era il più bravo. Sapete quanto importa a me di chi era più bravo a scuola? Zero».
«Perché tanto rancore verso di lui, Jordan»?, disse Mike. «Credo tu stia esagerando».
«Sì, va bene, forse ho esagerato, non intendevo dire… Comunque, uno scherzo gli farà bene. Si tirerà su di morale: in questo periodo l’ho visto un po’ giù, non trovate anche voi?»

Mike e Will non risposero.

Steve era rimasto lì, nel punto dove lo avevano lasciato. Si guardava intorno. Tutti quei grandi pini, alti, robusti, sarebbero stati spazzati via in favore dell’uomo? Sarebbero mai ricresciuti? Quanto tempo passerà prima che tutti i boschi del mondo finiscano e i lupi non abbiano più dove stare?, pensava Steve. Il sole era alto nel cielo e un leggero vento accarezzava le fitte chiome sempreverdi degli alberi. L’erba a terra era gelida, ma non gelata, e Steve decise di sedersi. Rimase lì, a gambe incrociate, a giocherellare con i fili d’erba Guardò l’orologio: era passata mezz’ora da quando gli altri se n’erano andati. Dove erano finiti? Un pensiero sfiorò la mente di Steve, ma lui lo allontanò. Si alzò in piedi e gridò:

«Ragazzi! Ragazzi! Dove siete? Ragazzi!»

Nessuno rispose.

Nel frattempo, gli altri tre erano ancora dietro il cespuglio. Mike si era acceso una sigaretta, Jordan guardava lontano nella direzione di Steve e sorrideva, Will aveva dato le spalle alla scena e sembrava annoiato.

«Jordan, dai, in fondo non è poi così divertente. Smettiamola, torniamo indietro e andiamo a farci una birra da Woody», disse Will.
«Tu non hai pazienza, Will. Vedrai tra poco come impazzirà il nostro caro Steve, non vedendoci tornare».
«Anche io comincio a stancarmi, e ho anche fame», disse Mike.
«Va bene, ragazzi. Acceleriamo i tempi. Ora ci penso io».

Jordan si schiarì la voce, si alzò in piedi e si allontanò. Mike e Will lo guardavano.

«Dove stai andando?», chiese Mike.
«Vedrete», rispose Jordan. «Anzi, sentirete».

L’amico si avviò nella direzione opposta a quella dov’era Steve e dove stavano gli altri due amici. Si arrampicò tra gli arbusti, tra le pietre, piantando a terra gli stivali. Risalì il bosco fino a un punto sgombro e alto. Arrivato in cima, restò un attimo piegato in due: aveva il fiatone, non era abituato a quella scalate. In effetti era uno scherzo stupido. E faticoso, per giunta. Comunque ormai aveva deciso di farlo e voleva portarlo a termine. Così Jordan provò un paio di volte la sua performance a voce bassa, e sembrò soddisfatto. Quindi chiuse le mani a conchiglia, se le portò alla bocca, guardò verso il cielo e tirò fuori un ululato che riecheggiò per tutto il bosco. Era perfetto. Nell’udirlo, Will e Mike dapprima si spaventarono. Poi capirono, e faticarono a trattenere le risate. Guardarono nella direzione di Steve. L’amico si era alzato in piedi, aveva imbracciato il fucile e lo puntava nervosamente in tutte le direzioni, tenendolo in maniera maldestra.
Steve era terrorizzato. Quello che aveva sentito era un ululato vero, altroché. Il pensiero di prima tornò e questa volta fece presa sulla mente allarmata dell’uomo: il branco aveva attaccato i suoi amici, non c’erano dubbi. Pensò ai loro corpi dilaniati, a fauci che banchettavano sulle interiora di Mike, a un lupo che addentava la faccia di Jordan e la faceva a brandelli, a un altro che morsicava la gamba di Will, che con le ultime forze tentava di allontanarsi dall’essere mangiato vivo. Steve inorridì. Sudava freddo, e i pini bianchi intorno a lui gli apparvero improvvisamente ostili: nascondevano il nemico, che si appostava dietro di essi, in attesa dell’attacco. Steve girava e girava e girava su sé stesso, puntando la canna del fucile in qualsiasi direzione, in tutte quelle possibili, in tutte quelle dalle quali sarebbe potuto spuntare fuori un lupo.
Nel frattempo, Jordan aveva raggiunto gli altri due che lo presero a pacche sulle spalle e si complimentarono sottovoce. Poi indicarono a Jordan il luogo dove avevano lasciato Steve, e l’uomo-lupo non seppe trattenersi da una mezza risata. Questa venne avvertita anche da Steve, che si voltò nella loro direzione, puntando il fucile, con gli occhi sbarrati. Al che i tre amici si fermarono, impauriti, temendo che l’altro amico sparasse un colpo verso di loro. Quindi, badando a non far rumore, si accucciarono. Poi Jordan raccolse un sasso da terra lo lanciò verso est.
Cos’era stato quel rumore?, si chiese Steve, i lupi, ne era certo, i lupi lo avevano trovato. Poi sentì un altro rumore, proveniente dalla parte opposta. Puntò la canna del fucile in quella direzione. I lupi dovevano averlo circondato, ne era certo. Pensò che da lì a breve uno di loro sarebbe saltato fuori. In che situazione era andato a cacciarsi? Lui neanche sarebbe voluto uscire di casa, quel giorno. Sarebbe rimasto volentieri davanti al camino, e la sera sarebbe uscito a bere qualche birra da Woody. Eppure era lì, doveva affrontare la realtà, doveva difendersi dai lupi. Quindi cercò di accertarsi che il fucile fosse carico, e a fatica riuscì a farlo scattare. No, non c’erano cartucce. Era spacciato. Gli veniva da piangere. Poi, sempre tenendo il fucile puntato verso ovest, ma ormai non sapendo nemmeno più perché, dato che era scarico, guardò a terra e vide la borsa di Jordan. Si accucciò, sempre tenendo il fucile puntato verso ovest, e cominciò a rovistare nella borsa, finché non trovò due cartucce. Si alzò in piedi, gli tremavano le mani, a fatica riuscì a inserirle nella canna, che fece scattare di nuovo: era pronto. Avrebbe ucciso il primo lupo che sarebbe saltato fuori. Sì, ma il secondo? Non avrebbe mai fatto in tempo a ricaricare l’arma…
I tre amici erano sul punto di scoppiare dalle risate, mimavano i gesti dell’amico terrorizzato e lo prendevano in giro, si colpivano con pugni affettuosi e continuavano a ridere in silenzio, da dietro il cespuglio, guardando quella scena divertente.
Steve si era ormai rassegnato. Sarebbe morto, ne era certo. Sarebbe morto sbranato dai lupi. Immaginò il suo corpo fatto a brandelli mentre era ancora vivo, cosciente. Immaginò il braccio destro strappato dal busto, sotto lo sguardo degli alberi impietosi. Il dolore sarebbe stato atroce, insopportabile. Steve pensò anche di spostarsi da lì, ma sarebbe stato solo peggio. I lupi lo avrebbero attaccato non appena si fosse mosso. Lo avrebbero rincorso, lo avrebbero raggiunto, erano troppo veloci per lui. E poi erano in branco, mentre lui era da solo. Solo come un cane e come i lupi, invece, non sono. Cominciò a piangere e a lamentarsi. Non voleva morire in quel modo. Steve sentì un altro rumore, proveniente da est, e spostò la canna del fucile in quella direzione, senza smettere di singhiozzare. Si pisciò sotto, letteralmente. Un rigagnolo giallo e caldo scese lungo le sue gambe tremanti e andò a infilarsi dentro gli stivali, che si riempirono di piscio. Fu a quel punto, nel momento massimo di disperazione che Steve ebbe un’illuminazione. Di quelle che ti fanno spalancare gli occhi e restare a bocca aperta. Un pensiero limpido e sereno, una soluzione definitiva e cosciente, che lo avrebbe salvato dal dolore.
Steve s’infilò la canna del fucile in bocca.
I tre amici smisero di ridere.

«Che cazzo fa?», chiese Jordan agli altri due.

Steve sparò.



freccia sinistra freccia


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