Lorsignori
Antonio Francesco Perozzi
Quando scesero dalla limousine, uno dietro l’altro, sembrava davvero che fossero stati invitati. Quello con il bastone fece quattro passi in avanti sul red carpet, mentre con le braccia smanacciava a destra e sinistra, completamente a suo agio. In una mano scintillava il pomello d’oro. Un paio di dame, là attorno, e sette maggiordomi sussurrarono degli “oh” prolungati che Bastone interpretò come gridolini di assenso ed eccitazione.
«Te l’avevo detto che il bastone era un tocco di classe», si voltò verso quello col panciotto, bisbigliando dietro il rovescio della mano libera. Panciotto gli regalò una smorfia per farlo stare zitto. Quello col cilindro gli stava dietro a passi più lunghi del necessario, piegato in avanti quasi a novanta gradi mentre esaminava le gonne delle signore, tenendosi il monocolo con due dita.
«Madame, madame», s’inchinava ad ogni passo, «enchanté! Oui, oui», e ridacchiava come un maniaco.
Un maggiordomo senza capelli gli aprì la porta in silenzio, tenendo la testa abbassata.
«Grazie, grazie». Bastone entrò per primo.
Panciotto si sentì pervaso da grande magnanimità di fronte al sommo e servizievole gesto del domestico e gli lasciò una lauta mancia sul palmo tenendo gli occhi chiusi, il mento alzato e il braccio largo.
«Ma questi sono marchi finlandesi!», reclamò il maggiordomo subito dopo tirando su le spalle. «Non sono più in circolazione dal ‘99!». Panciotto, però, era già dentro la villa, e con i pollici ben piazzati sulle tasche dell’addome.
«Et voilà», entrò Cilindro per ultimo saltando due gradini.
«Non devi parlare per forza in francese», gli disse Bastone quando arrivarono in corridoio.
«È per mischiarmi con la borghesia, monsieur».
«Se ti fai scoprire ti ammazzo», Panciotto gli inchiodò l’indice in mezzo agli occhi.
«Disinvolti, ragazzi, disinvolti», Bastone si aggiustò lo smoking, «borghesi e disinvolti».
Arrivarono davanti alla reception e a un altro maggiordomo con i capelli solo sopra le orecchie. Sembravano fatti con lo stampino.
«Gli lecco la pelata?», chiese Cilindro dentro l’orecchio di Panciotto. Quello inspirò una smorfia sotto il naso e si tagliò la gola con un pollice. «Vedi di stare calmo!».
«Bonsoir», Bastone aprì le braccia verso il maggiordomo della hall.
«Che bastardo, il francese era una mia idea», Cilindro si sfogò da solo, ultimo della fila.
«Sarebbe così cortese da indicarci dove si intrattengono lorsignori?». Bastone agitava il pomello sotto un sorriso a cinquantasei denti e i baffi a punta.
«Primo piano a sinistra», il maggiordomo indicò il soffitto. «voi siete i signori…?».
Bastone s’incastrò nel suo sorriso da depliant turistico.
«Santo cielo», Panciotto scavalcò Bastone in prima fila, tirando in su il petto, «che oltraggio, che ingiuria! Che povertà!». Abbracciandoli portò via i compagni verso le scale. «Che sfrontataggine, che vilipendio! Cosa vorrebbe insinuare, che non siamo dell’alta classe? Ma lei sa chi siamo noi? Mi lamenterò di lei con la signora!». Spinse i compagni verso le scale tirando un braccio in alto come un vigile. «Che sfrontatezza, che malgoverno!».
Il maggiordomo li seguì a bocca aperta.
«Que schifessé!», chiuse Cilindro indignandosi.
Sparirono dietro le scale.
«Ma neanche lo sai il francese, ti inventi le parole!», Bastone minacciò Cilindro con la punta della stecca.
«State attenti, dannazione.», disse Panciotto imponendo silenzio, «Non vi paro il culo un’altra volta».
In cima alle scale Cilindro s’avventò sulla porta come un cane famelico. Quando spalancò le ante, la fessura che le divideva mutò rapidamente in una pozza di smoking, vestiti a strascico, collane di perle, monocoli, baffi bianchi, tartine al caviale, soffitti a cassettoni alti sei metri e vocabolari artefatti. Cilindro rimase qualche secondo là a sfregarsi le mani l’una con l’altra.
«Serio…». Panciotto lo puntellò alla schiena.
Entrarono tutti e tre.
«Amico mio, vorrei presentarti Madame…», Bastone sfilò una signora per bene dalle mani del terzo marito e la offrì a Panciotto come un piatto di stuzzichini, «Madame…», allungava l’ultima vocale e ammiccava.
«Della Rovere Carcassi», civettò lei tutta tremante. Tese appena una mano verso il marito, dietro le spalle di Bastone. Panciotto annuiva esageratamente convinto.
«Scusi», il marito si schiarì la voce, «lovsignovi sono?».
«Oh, vecchio mio!». Bastone l’abbracciò con forza e lo sollevò da terra di cinque centimetri. «Quanto mi sei mancato! Quanto tempo!».
«Ma cosa… ma cosa le pvende? Mi metta giù! Io non la conosco! Mi metta giù!».
Panciotto agganciò dolcemente la signora per un braccio e si allontanò.
«Gentile signora Serbelloni Mazzanti Vien Dal Mare…».
«Della Rovere Carcassi», appuntò lei flebilmente, mentre girava la testa verso il marito.
Intanto Cilindro s’era fiondato sul buffet. Si riempì le tasche di tartine con le alici. Poi iniziò a chiedere a chiunque di tastargli le tasche e di spiegargli perché fossero umidicce.
«Excusez-moi, pouvez-vous toucher ma…?», indicandosi le tasche. Inspiegabilmente signori e signore di alta classe alla terza richiesta toccavano davvero, poi scappavano a passo rigido, per non perdere lo charme.
«Charme!», urlava Cilindro. «Enchanté», e tirava giù il cappello.
Poi si avvicinò a Bastone e gli diede una pacca sulla spalla. Quello mise giù il marito scalpitante della signora Della Rovere Carcassi.
«Ma che insolenza, era solo un abbraccio cordiale».
«Chiamevò la polizia seduta stante!».
«Oh, ma non si deve pveoccupave. Vuole una tavtina?». Infilò una mano nella tasca di Cilindro e tirò fuori un groviglio di pane zuppo e alici sott’olio e gliela mise sotto il naso. Quello fuggì gridando.
«Adesso?». Cilindro scuoteva le braccia per la gioia. «Adesso?».
«Per me è ok». Bastone si sistemò lo smoking.
Cilindro filò via verso Panciotto. Lo vide con la Della Rovere Carcassi.
«Ed ecco quindi che il sogno – dice Freud – è un camuffamento artistico, potremmo dire, artigianale, creativo, ma un camuffamento, alla fine, di quello che è a tutti gli effetti un desiderio erotico prorompente». Cilindro vide il compagno che parlava tenendosi il panciotto coi pollici mentre la Della Rovere, pallida, reggeva un flute tra le dita e faceva finta di ascoltarlo. In realtà cercava nella stanza le grida del terzo mavito. «E lì interviene il Super-Es, capisce? Un mascalzone da niente, è lui l’artista del sogno, alla fine. Perché si inventa il camuffamento e mette a bada l’Es. Ma se l’Es venisse fuori… », e si leccò le labbra guardando il collo della signora.
Cilindro gli bussò su una spalla: «Adesso?».
«E non mi seccare!».
Bussò di nuovo: «Adesso?».
Panciotto si girò e vide gli occhi drogati di Cilindro.
«Ma di già…?».
Quello annuì otto volte in due secondi.
«E va bene».
«Merci», Cilindro ululò e alzò solo il pollice verso Bastone. Quello fece un profondo inchino e si avvicinò al buffet. Saltò sul tavolo. Rumore sconquassato di vassoi e coperchi. Si voltò raggiante e col pomello del bastone in bella vista. Tutta la sala trattenne il respiro, ma nessuno si mosse.
«Signore e signori, creature normoformi di questo strano pianeta: noi siamo la festa!». Cilindro saltellava vicino a Panciotto, «è il migliore, è il migliore», gli diceva.
«Vi siete mai chiesti dove va a finire la vostra merda quando scaricate?». Una signora in prima fila svenne tra le braccia di due damigelle. «E i cadaveri? E il cartongesso?», urlò impetuoso, ma poi si ricompose nel suo sorriso lunare. «Ci sono cose che non sapete. E che non sappiamo. Ci sono caverne, ci sono abissi, ci sono godurie!». Panciotto applaudì da solo. «Ci sono mondi sommersi. Eppure i denti li abbiamo ancora tutti, chi più chi meno, le mani belle in forza», strinse le dita attorno al bastone, poi lo fece roteare sopra la testa. Cilindro saltellava. «Siamo ancora in carne per provare almeno a pensarlo, questo mondo sommerso. Per vedere fin dove arriva la caverna, che cosa nasconde. Troppo comodo lo smoking: noi siamo fatti per l’abisso. E che ne dite, allora», rallentò con sapienza oratoria il ritmo del discorso, «se vi mostro l’ingresso?».
Non fece in tempo a finire la frase che Cilindro aveva già tirato fuori le ali. Le sue braccia si contorsero in spasmi senza regola, e da sotto la giacca esplosero penne nere lunghe come travi. La testa gli si gonfiò a dismisura e la sua faccia si dileguò in favore di un becco robusto e quasi rosso, occhi vacui. Si sollevò in volo il peggiore dei corvi.
Panciotto applaudì alla trasformazione di Cilindro. Poi scomparve all’interno dei suoi vestiti, che caddero a terra come corpo morto. Li ripopolò dal basso gonfiandoli col dorso squamoso e le ali ossute. Uscì da sotto lo smoking sibilando e mostrando gli artigli, la lingua biforcuta, le corna, il fetore dell’inferno. Sgusciò via tra la gente.
Sul tavolo, contemporaneamente, Bastone si sollevò di dieci centimetri dalla superficie. Lo smoking esplose per la spinta di ali pennute ed enormi: Bastone si offrì appeso a mezz’aria come un angelo crocifisso. Poi le mani s’innervarono in zampe feline e il volto si torse nella smorfia orribile di un becco antropomorfo, di occhi vacui, di grida primitive. Abbandonò le vesti umane sulle tartine e lo champagne, e si eresse come un immondo grifone.
La folla impazzì. Signori per bene volavano per la sala come frac senza piedi, signore per bene svenivano sul pavimento o si paravano gli occhi con borsette di pizzo. Si avventarono tutti sulla porta come una mandria senza controllo, forzando le ante a contenere i loro corpi grassi o tonificati dalla caccia alla volpe. Un maggiordomo morì schiacciato dalla folla.
Cilindro si scagliò sul buffet e fece strage lanciando tartine e salmone dappertutto, bagnandosi le caviglie nere in una pozzanghera di champagne e caviale. Panciotto afferrò la Della Rovere Carcassi o una sua equivalente: le sbranò i vestiti e la lanciò nuda tra le braccia di uomini monocolati. Bastone s’alzò fin sopra il soffitto e precipitò a terra con la forza di Lucifero: distrusse il pavimento finendo al piano di sotto, e pure lì strappò con la bocca il velo alle signore che scappavano. Poi tornò su a becco pieno attraverso il cratere.
Lorsignori si spinsero a forza attraverso l’orifizio oliato che era la porta. Si precipitarono per le scale e poi in giardino e poi dispersi nella notte. Quando la sala si fu svuotata, il corvo, il drago e il grifone ripresero a poco a poco le loro forme umane. Rumori dinoccolati di ossa che si ricompongono gli restituirono il corpo bipede e senz’ali.
«Me-ra-vi-glio-so», Panciotto rideva e batteva la spalla a Bastone, «sei stato meraviglioso».
«Oh, anche tu, caro».
«Dobbiamo rifarlo», Cilindro si tirò su facendo scrocchiare il collo.
E se n’andarono nudi da dov’erano venuti.