Bestie
di Elena Ramella
Oggi Giulia non è clemente con me, complice l’arrivo della primavera, l’aria calda, le giornate più lunghe, la fine prossima della scuola e tutto quello che può occupare i pensieri di una ragazzina di dodici anni. È appollaiata sulla sedia della cucina con lo sguardo fisso su di me ma perso nel vuoto; siamo qui da un’ora e mezza, una davanti all’altra, tra di noi il libro di storia aperto, stropicciato, sottolineato ed evidenziato. Una piccola miniatura di Carlo Magno mi rivolge uno sguardo anonimo e piatto.
«I cavalieri, Giulia. I cavalieri. Chi erano? Cosa facevano?»
Mi guarda con occhi vacui.
«Combattevano…Continue reading
Nenia
Giorgio B. Scalia
Quando Nenia nacque non emise un solo lamento, non versò una sola lacrima. Me la ricordo come se fosse ieri, avvolta in una coperta di placenta rosa e la testolina di radi capelli neri e setosi, con gli occhi dello stesso blu che ha l’orizzonte tra cielo e mare. In ospedale ci dissero che il suo fisico non presentava anomalie e che il peso era perfetto, ma che poteva essere muta, e per questa ragione probabilmente non aveva emesso alcun vagito. Ma io e mia moglie non ci facemmo abbattere da quelle possibilità. Sapevamo che nostra figlia stava bene, o almeno così volevamo credere e ci affidammo a Te, Signore.
Pochi giorni dopo il parto tornammo a casa, dove ci aspettavano alcuni parenti e qualche amico intimo. Appena mio padre incrociò lo sguardo della sua nipotina non riuscì a trattenere le lacrime e provocò un pianto gioioso e commosso tra tutti i presenti. Eravamo rapiti dalla bellezza di Nenia, da quelle pagliuzze cobalto che la bambina aveva negli occhi e per tutto il tempo ognuno di noi elogiò quelle sue pupille che parevano fatte d’acqua. Quando tutti se ne andarono, era sera e Bea mise a dormire la piccola nella culla ai piedi del nostro letto e poi ci coricammo. Bea, spossata, si addormentò sul mio petto. Io presi sonno poco dopo, ma mi svegliai di notte sentendo singhiozzare. Era Bea, stava in piedi nella semioscurità della camera con la bimba in braccio. Le chiesi se fosse tutto apposto…Continue reading
In altre parole di Eva Luna Mascolino
L’orologio (Valerija Spartakovna Narbikova)
L’ho perso. Caro o di poco valore che fosse, è andato perduto, il mio orologio. Mia figlia me ne aveva regalato uno di plastica, impermeabile. Le avevo chiesto: «Tesoro, cammina?», «Ma sì, mamma, funziona». Camminava in una maniera un po’ bizzarra. Funzionava, magari. Poi però si fermava. Stava immobile. E poi ripartiva. Capitava che camminasse regolarmente per un’intera settimana, poi d’un tratto si fermava di nuovo. Molto curioso. Io viaggiavo, però, e non potevo farci affidamento. L’altro serio motivo per cui non portavo l’orologio era questo: che insieme a me c’era sempre lui. Lui lo portava sempre, l’orologio, così io potevo concedermi il lusso di stare senza. Lo chiedevo a lui: che ora è? E lui lo sapeva sempre, rispondeva, per esempio, le tre di notte, dormi. E io dormivo. E poi, all’improvviso, sono rimasta senza orologio. È stato un vero e proprio incubo rimanere senza orologio, non avevo nessuno a cui chiedere: che ora è? C’era un tale silenzio intorno a me, un tale grigiore. Non come all’ora del tramonto, ma proprio come se non fosse nessuna ora – che ora è, adesso? L’orologio si è fermato. Le lancette si muovono, ma sul posto…Continue reading
L’acqua e la roccia
Di Sonia Barsanti
Credo di essere per metà mare e per metà montagna, perché è nell’uno e nell’altra che affondano le mie radici. Mamma, spirito di salmastro e d’onde versiliesi, mi ha lasciato in dono lo sciabordio sensuale ed eterno del mare. Un mare che al tramonto si tinge d’arancio poco prima di accogliere la sfera incandescente e silenziosa. Un mare che amo particolarmente in inverno, forse perché mi è precluso farne parte: sfioro appena con la mano un’onda gelida, facendo attenzione a non bagnarmi i piedi, mentre sprofondo nella sabbia impregnata di un’acqua che va e che ritorna, abbandonando ora un’alga verdognola, ora qualche guscio infranto di conchiglia. Il fascino della distesa che si perde allo sguardo, oltre i pensieri, oltre i miei limiti, ha qualcosa di profondamente disarmante su di me. Non è solo un ambiente, né un luogo caro. È una sorta di benedizione, uno stato privilegiato di benessere mentale, spirituale che non baratterei con altro.
Mi è capitato – e certamente riaccadrà in futuro – di dovermi allontanare dalla mia città solleticata dal mare…Continue reading
Ora come ora
di Lila Ria
“Ora come ora
barcollo cieca nel denso bianco della nebbia
ora come ora
mi appiglio stretta ai fili di una ragnatela traballante
ora come ora
brillo del mio essere bionda. E del chilo in più che sento stringere le tasche dei jeans
ora come ora
sono travestita da donna innamorata
ora come ora
molleggio astratta nelle calde notti
ora come ora
mi faccio mosca da sola…Continue reading
Meno male la pioggia
di Marta De Lluvia
Meno male la pioggia
che scompiglia le pettinature
che pagliacci ci strucca
che ci schizza addosso il fastidio.
Meno male la pioggia
che ci fa sguazzare nei passi
che sporca e toglie i vestiti
che ci fa tutti petali e prati.
Meno male la pianta
che arrampica e canta ancora ai balconi.
E poi l’edera fitta e lunghissima
e il fertile verde silenzio.
Meno male l’erbaccia
che abbraccia alberi e anni,
il vento che cinge la faccia
e a volte ci fa una carezza…Continue reading
L’Edera
da “Il Canto dell’eternità” di Francesco Conti
Osserva –
attecchisce l’edera
sui midolli epilettici
parodia di una stella –
osserva assestare
gli antropici parossismi
delle materie sbilenche.
Sterilità:
disfaremo su dai monti
policromi e ardenti
gozzi e bave di cera…Continue reading