In altre parole di Eva Luna Mascolino
L’orologio (Valerija Spartakovna Narbikova)
L’ho perso. Caro o di poco valore che fosse, è andato perduto, il mio orologio. Mia figlia me ne aveva regalato uno di plastica, impermeabile. Le avevo chiesto: «Tesoro, cammina?», «Ma sì, mamma, funziona». Camminava in una maniera un po’ bizzarra. Funzionava, magari. Poi però si fermava. Stava immobile. E poi ripartiva. Capitava che camminasse regolarmente per un’intera settimana, poi d’un tratto si fermava di nuovo. Molto curioso. Io viaggiavo, però, e non potevo farci affidamento. L’altro serio motivo per cui non portavo l’orologio era questo: che insieme a me c’era sempre lui. Lui lo portava sempre, l’orologio, così io potevo concedermi il lusso di stare senza. Lo chiedevo a lui: che ora è? E lui lo sapeva sempre, rispondeva, per esempio, le tre di notte, dormi. E io dormivo. E poi, all’improvviso, sono rimasta senza orologio. È stato un vero e proprio incubo rimanere senza orologio, non avevo nessuno a cui chiedere: che ora è? C’era un tale silenzio intorno a me, un tale grigiore. Non come all’ora del tramonto, ma proprio come se non fosse nessuna ora – che ora è, adesso? L’orologio si è fermato. Le lancette si muovono, ma sul posto.
Allora ho deciso di comprarmelo da sola, un orologio. Perché gli orologi si possono anche comprare. Non c’è niente di scandaloso nel farlo – non hanno barba né orecchie, non si eccitano, non si ammalano, sono inoffensivi, basta spenderci dei soldi e loro indicheranno l’ora. Non hanno nemmeno paura dell’acqua. E ce ne sono alcuni, le meridiane, che si ricaricano con la luce.
Dato che questa storia è capitata a Zurigo, trovare un orologio non è stato un problema. Ce n’erano ad ogni angolo. Erano loro a chiamarmi. E alcuni mi svelavano il loro meccanismo: il modo specifico in cui camminavano. Comunque sia, gli orologi camminano tutti in cerchio.
Ho fatto un salto in una piccola bottega. Volevo scegliere io quello di cui avevo bisogno. Di solito venivo scelta. Ma stavolta volevo essere io a scegliere l’orologio. Per qualche motivo mi sembrava che il tempo scorresse di notte. E, se davvero scorreva di notte, cioè nel buio, volevo che il quadrante fosse nero. E che non ci fossero numeri. Né romani né arabi. Solo il movimento delle lancette nel buio. Come se ci fosse stata la Terra a girare intorno al Sole e fra il Sole e la Terra ci fosse stata questa lancetta invisibile. Che però in quell’orologio lì non si vede. Come se la Terra stessa, in quanto pianeta, fosse stata un indicatore del tempo. Ciò che volevo di più in assoluto era impossibile. Bisognava fare una scelta. La bottega era piccola, il proprietario gentile. E io avevo molto tempo. Mi sono ricordata che Saša a New York aveva comprato degli orologi a un dollaro. Venti in una volta – si fermeranno e non sarà un peccato buttarli via, finita la batteria – perciò okay. Ma poi era iniziata la deflorazione, il quarzo. Così li aveva presi e li avevi dati via, quegli orologi.
Al proprietario della bottega ho chiesto un orologio meccanico, senza quarzo, da ricaricare ogni giorno, di modo che mi desse fastidio. Anche il design mi affascinava, comunque. Qui una cornice e una pietra semipreziosa simile a un sassolino, che facevano pensare allo scorrere delle ore in una grotta. E lì una pietruzza pregiata, che ricordava la piccola stella a cui si rivolgono i marinai quando si perdono. Affascinante. Alla fine ne ho comprato uno al quarzo, ma mi sono informata con il proprietario: «E se mi ritrovo su un’isola deserta come farà a camminare, laggiù?», «Non ci avevo mai pensato, madame». Naturalmente stavo scherzando, ma lui aveva ribattuto in quel modo, il proprietario, con la scatola dell’orologio fra le mani. Aveva perfino preso a esaminarlo, quell’orologio. Non ci aveva pensato! ed era lui a vendere gli orologi! a cosa servivano, allora, se nemmeno il proprietario di una bottega sapeva se i suoi orologi avrebbero camminato su un’isola deserta? A un appuntamento romantico non servono mica. Un innamorato aspetterà anche senza. E, per di più, com’è che lo farà? Se sarà per strada sotto a un orologio pubblico, guarderà piuttosto il proprio, perché gli orologi pubblici non segnano mai l’ora esatta, prima si fermano per un minuto e poi, ecco, addirittura cinque. E, quando sarà già passato un minuto e l’innamorata non sarà ancora arrivata, lui inizierà a preoccuparsi per colpa di quegli orologi stradali volubili. Mentre, se sarà in metro, aspetterà e aspetterà: lì le ore passano, e passano i treni. Se invece è a casa, l’innamorato, e tu ritardi di un’ora, potrebbe addirittura offendersi per quella sola e unica oretta di ritardo. Non ci sarebbe bisogno di mettersi a urlare, però.
Quando ti addormenti non fai caso all’ora, oltretutto, mentre quando ti sveglia qualcuno sì. Per cui, magari, è a questo che servono gli orologi? Se uno ti sveglia prima del tempo ci vuole una pena capitale!, nel senso che chi lo fa ne risponde con la testa. Anche se ad ogni modo sarebbe meglio che a svegliarti fosse qualcuno. Anzi, meglio qualcuno per telefono. Anzi, qualcuno in carne ed ossa sarebbe ancora meglio. Gli si potrebbe perfino sbattere la sveglia in faccia, a quell’ora.
Oppure, prendiamo gli orari dei trasporti. In macchina si impiegano quaranta minuti, coi trasporti Ikarus un’ora e con le navette aeroportuali mezz’ora. Tutti vanno fuori città a godersi la natura, dove il tempo non esiste – tranne quello delle stagioni. E sulle navette gli anziani viaggiano gratis, senza soldi, anche se devono rimanere in piedi. Io mi sento un po’ a disagio a sedermi, ma sono riluttante pure a stare in piedi… Si arriva. Ed ecco poi le case di campagna a dieci passi da lì. «Salga, le do un passaggio io», «no, grazie, è qua vicino», «salga». Si arriva. «Grazie», «si figuri». Ecco per cosa si potrebbe baciare la gente, per quel «si figuri». Se il tempo verrà visto sempre e solo come denaro, invece, presto spareranno a tutti come a tanti indiani: ai russi, ai neo-russi, ai non-russi, perfino agli americani, uno dopo l’altro, pronti mirare e fuoco, quanto denaro potrà mai valere il tempo mentre passa, gli orologi funzionano solo nel presente.
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Eva Luna Mascolino ha 24 anni e si è specializzata in Traduzione alla Scuola per Traduttori e Interpreti di Trieste nel 2018, concludendo gli studi con il massimo dei voti. Ora è una traduttrice e interprete freelance, che coltiva il sogno di portare (o riportare) in Italia opere letterarie da tutte le lingue che conosce. Ogni mese tradurrà per noi un racconto dall’inglese, dal francese, dallo spagnolo o dal russo, accompagnandoci alla scoperta di culture, periodi storici e generi sempre diversi fra loro.