Confessione
di Claudio Bandelli
Non so perché decise di farlo proprio quel giorno, e nonostante siano passati diversi anni, non so ancora se fu un gesto ben fatto.
Eravamo seduti nel soggiorno della nostra casa di campagna e stavamo sorseggiando in silenzio una tisana calda. Alzai lo sguardo e vidi i suoi occhi verdi fissarmi, accennai un sorriso rilassato e lui iniziò la sua confessione.
Seppure non avessimo passato insieme tutta la vita, ne avevamo passata abbastanza da sentirci sempre vicini. Se penso, per esempio, ai primi anni della scuola, quando la mamma mi accompagnava alla fermata dell’autobus, non mi ricordo sola. Anche se l’ho incontrato molto tempo dopo e anche se lui, di quella fermata, non ne conosce nemmeno l’ubicazione, quando ripenso a quel ricordo me lo immagino lì vicino, che mi tiene la mano e condivide con me quella quotidiana attesa.
Aveva il profumo dei panni appena lavati, la dolcezza dei bambini e la tenerezza dei nonni. Il viso pulito di chi da questo mondo ha avuto tutto quello di cui necessitava.
Era sensibile, e questo lo portava a non dare niente per scontato, a non dare giudizi, a cercare di comprendere, di comprendersi. A chiudersi e ad aprirsi totalmente come fa un cuore pulsante.
Ne ero innamorata da sempre, da quando affacciandomi alla finestra da bambina vidi il colore dei suoi occhi riempire tutta la vallata, tutto il mondo che riuscivo a scorgere. Iniziai ad amarlo così e ancora l’amavo quando guardandomi negli occhi mi disse che doveva assolutamente confessarmi un segreto.
Accettai questa consegna senza preoccupazioni, cosa poteva mai confessarmi? Non aveva forse risposto ad un buongiorno per strada? Si era scordato di pagare il conto dal panettiere?
Mi misi comunque eretta sulla schiena per dare maggior solennità a quel momento.
Lui abbassò lo sguardo e mi disse che il racconto si riferiva a fatti accaduti trent’anni fa, quasi dieci anni prima che ci incontrassimo.
La prese molto alla larga e mi fece un quadro completo di quel periodo, degli amici con i quali usciva, delle ragazze che frequentava, io non riuscivo proprio a capire cosa mi volesse raccontare, le frasi erano scollegate, il racconto non era affatto chiaro. Succedeva spesso che quando parlava delle sue cose perdesse sicurezza nel discorrere. Persi un po’ di concentrazione, la mia schiena si ricurvò sul divano e non aspettavo altro che concludesse questo suo ennesimo tuffo nel passato. Strabuzzai gli occhi quando mi disse che più che ventenne uccise il suo cane, lo prese a calci, non riusciva più a sentirlo abbaiare e sfogò sulla povera bestia tutta la sua rabbia.
– L’ho ucciso!
Mi ci è voluto molto tempo per trovare il coraggio e la serenità di rispondergli, per vincere la paura. Il silenzio in cui mi ero calata era il mio modo per difendermi. La sua confessione mi impaurì soprattutto perché avvenne pochi giorni dopo che avevamo deciso di prendere un cucciolo di cane.
Le prime volte che lo lasciavo solo con il cane speravo che il cucciolo non abbaiasse troppo e che non lo facesse innervosire. Rientravo in casa e cercavo subito il cane, se lo trovavo a dormire controllavo la pancia per vederne il respiro.
Più che il tempo passava e più mi accorgevo che il legame tra loro era amorevole e rispettoso e, a poco a poco, capii che le mie paure erano infondate.
Non sono mai stata capace di dare fiducia alle persone, ma questa volta avrei dovuto imparare, ne andava della mia felicità.
Ma come potevo dormire con un assassino al mio fianco?
Sarà cambiato, sì, ma quanto?
Queste domande mi riempivano il cervello per tutto il giorno e tutta la notte.
C’erano volte in cui progettavo grandi fughe, altre in cui mi promettevo che non me ne sarei mai andata, ero confusa ma il mio sentimento era sempre chiaro e forte, l’amavo.
Lo guardavo sulla poltrona a ridere con il piccolo cucciolo e non potevo fare a meno di vedere la sofferenza del suo vecchio cane, immaginavo la crudeltà di quel gesto, i suoi occhi che si riempivano di odio, e vedevo la mia vallata bruciare.
L’ho maledetto spesso per avermi coinvolto in quel ricordo, ma come io lo riportavo alla fermata dell’autobus, lui mi riportava a quel giorno sconsiderato.
Ho cercato di dare più peso alla confessione, a quella confessione che ancora oggi non comprendo a pieno se sia stata giusta o sbagliata, perché credo che alcune cose bisogna tenersele per sè, però credo anche che bisogna dirsi tutto, e quindi non lo so. Apprezzo il coraggio che ha avuto nel dirmele, perché so quanto sia difficile mostrare il lato schifoso di noi stessi alla persona che si ama, perché io stessa non gli ho detto tutto, perché conosco la vergogna nel mostrare le debolezze.
Lui ha rischiato perché non gliene frega niente o perché voleva che lo vedessi nella sua interezza?
A questa domanda mi sono risposta interrogandomi così: tu perché non gli dici tutto?
Io non gli dico tutto perché avrei paura di non piacergli più, perché il bisogno di farmi comprendere è minore della paura del suo giudizio, perché ho paura di perderlo.
Lui non ha avuto paura, si è sentito sicuro di potersi confidare, si è messo a nudo davanti a me senza cercare di apparire migliore di quello che era, ha fatto il gesto d’amore più grande di tutti i tempi: ha mostrato il suo lato peggiore.
Era passato ormai qualche anno da quella confessione quando lo guardai, l’abbracciai e gli dissi che andava tutto bene, di non preoccuparsi, che è successo molti anni fa e deve riuscire a perdonarsi, che nella vita, in fondo, ha ucciso una volta sola, un cane, il suo cane, ma che comunque ormai è andata così, che quel ragazzo che ha commesso quel delitto non esiste più, è morto insieme all’animale, l’uomo che avevo di fronte, invece, non aveva ammazzato proprio nessuno.
Lui sorrise felice e lei non trattenne una battuta.
– Ti senti più leggero adesso che dividiamo questo tuo fardello?
– Questo fardello, come lo chiami tu, non lo dividiamo, è sempre stato sulle mie spalle. Mi sono sentito leggero nel momento in cui me lo sono tolto e te l’ho posto davanti. Da adesso in poi non peserà più su nessuno, resterà lì dove lo abbiamo lasciato per sempre, perché non c’è nessun altro a cui vada mostrato.