Gli inseparabili
di Elena Ramella

Le baciò il dorso della mano. Baci leggeri sulla pelle sottile delle mani, tra i piccoli avvallamenti delle nocche, sulla punta delle dita. Labbra leggere su fiumi azzurri di vene in trasparenza.
“Non baci solo le mie mani, baci le onde, il lento rullio del mio cuore, l’ondeggiare del mio sangue.”
Quattro polpastrelli dietro la nuca, una carezza. Seduti su un divanetto di finta pelle, appiccicoso, lei aveva guardato fuori dalla vetrata. Poco prima, tra i corridoi del supermercato, aveva visto una coppia di signori anziani fare la spesa, lui appoggiato al carrello, lei indecisa davanti allo scaffale dei bagnoschiuma. Aveva pensato, guardandoli, a quegli uccellini, gli inseparabili, che quando uno dei due muore, l’altro si lascia morire a sua volta. Le avevano raccontato storie terribili di uccellini rimasti senza il loro compagno che avevano smesso di mangiare, di bere, che avevano guardato col becco aguzzo rivolto verso le sbarre della gabbietta il papà avvolgere il corpo del loro amato in un piccolo straccio bianco e richiudere la porticina. E si erano lasciati morire. Si erano nascosti in un angolo della gabbia, al buio, immobili, gli occhi neri coperti da uno strato sottile di palpebra, ed e un giorno erano semplicemente morti, di malinconia, di crepacuore, di dolore, di solitudine. Non aveva mai voluto una coppia di inseparabili. Non avrebbe mai sopportato tutta quella sofferenza. Ma ci aveva ripensato, in quel momento, quando aveva visto quella coppia che con le teste inclinate e vicine discutevano su quale fosse il migliore bagnoschiuma da prendere, a bassa voce, con la complicità di quarant’anni di matrimonio. Nella sua mente era rimasta impressa quell’immagine, nella cornice dei primi addobbi di natale della corsia centrale, tra le lucette verdi, rosse, bianche, argentate, tra i panettoni e i pandori ripieni di cioccolata. Aveva insistito per entrare nel supermercato per curiosare tra le renne e le palline decorate, avevano attraversato corsie a caso di merendine e capsule di caffè, e nella sua testa era rimasta quella frazione di vita che aveva colto, il ricordo degli uccellini inseparabili.
Davanti agli occhi il vapore dell’acqua bollente del the e il profumo di cioccolata del muffin. In un incastro perfetto aveva appoggiato la guancia contro la sua spalla e si era rannicchiata un po’ di più tra le sue braccia. Avesse potuto diventare più piccola, più piccola ancora, fino ad entrargli dentro, fino a nascondersi nella sua cassa toracica, lì accanto al cuore che sentiva battere sotto al maglione. Avrebbe voluto chiedergli ancora se anche lui si ricordava del profumo del bagnoschiuma che avevano comprato insieme a Londra, ma era una domanda che gli aveva già fatto un giorno uscendo dal bagno dopo la doccia.
“Ti ricordi del profumo del bagnoschiuma che avevamo comprato a Londra?”
Lui le aveva detto di sì, sì, certo che lo ricordava. E le avrebbe di nuovo detto che sì, sì, certo che lo ricordava. Come dimenticarlo, aveva pensato lei.
“Anche noi siamo degli inseparabili, e lì, lì, qualcosa stava per separarci. Ma abbiamo ancora troppi bagnoschiuma da comprare, troppi Natale da addobbare, per lasciarci tagliare via l’uno dall’altro.”
Lo guardò da sotto le ciglia e gli sorrise, mentre lui le passava un’ala intorno alle spalle.