Numero 47 – OTTOBRE 2018

The sidereal song of Emilia Kalipteia

di Sonia Aggio

“Pagina 94” di Nicola Lonzi

Almö suona pizzicando una chitarra, schiacciando una pulsantiera che brilla e lampeggia come un nido di stelle lontane, osservando le Perseidi.
Poi si ferma, le dita sulle corde.
Swoooosh la porta scorre sulle guide.
Tomp tomp tomp dei piedi sulle mattonelle.
Tutte le teste si voltano, lei passa di corsa, i capelli sciolti nell’aria, attraversa il giardino a falcate, la gonna bianca si ritira come risacca sulle gambe. Negli occhi ha le scie bianche-azzurre delle stelle cadenti.
Alle sue spalle chiedono: “Ma quella chi è?”
“Emilia Kalipteia” risponde Almö.
“L’astronoma?”

Un sole arancione bacia i campi umidi e le colline verde-oro che si stagliano contro il cielo nero. Merope cammina attraverso i campi di granturco, Emilia la segue. Urtano le stoppie con i piedi nudi, si aprono tagli rossi sulle caviglie.
“Merope, rientriamo” dice Emilia, stringendosi nelle spalle. Sua sorella si ferma, si volta trattenendo i capelli con la mano. Ha gli occhi grigi, il suo viso non sorride e non si aggronda, è pulito come dopo la pioggia.
All’improvviso si alza il vento, il sole fa una luce rossa. Emilia sente le labbra spaccarsi. “Merope” ripete, tendendo la mano. La sua bocca sanguina.
C’è un ruggito da incendio, la faccia di Merope diventa un triangolino bianco-grigio e castano, poi scompare.

Galleggia, sola, nello spazio…Continue reading


Madre-patria

di Eva Luna Mascolino

 

“Qualcosa di familiare #20” di Ilaria Cerutti

Sono passati almeno trent’anni da quando ho imboccato l’ultima volta questa strada. Andavo nella direzione opposta e c’era odore di carne bruciacchiata. Non ricordo chi la stesse cuocendo, chi se la fosse dimenticata sul fuoco. C’erano però dei ragazzini che si rincorrevano sul selciato, e una ragazza più grande che li rimproverava con un tono simile a una filastrocca. Parlava la lingua delle campagne, intorpidita e piena di graffi.

Mia nonna parlava la stessa lingua, negli ultimi mesi di vita. Era troppo affaticata per sforzarsi di pensare come noi, che andavamo a scuola e che ripassavamo la grammatica ogni settimana. Lei si era lasciata andare e mio padre aveva capito che sarebbe morta presto nel momento in cui lei ha chiesto una caraffa d’acqua accanto al capezzale, e non l’ha fatto usando le parole che noi in casa riconoscevamo.

Mio fratello minore aveva cinque anni e si era subito informato. Che succede alla nonna, perché dice frasi strane, perché vuole l’acqua vicino a sé. Mia madre ha provato a spiegargli che erano dei segnali di una storia più grande pronta per compiersi, mio padre si è messo a piangere. La nonna si era sempre rifiutata di bere, anche se il dottore la pregava di cambiare idea prima di disidratarsi all’inizio e alla fine di ogni visita. Prenderò a bere di più solo quando vedrò con i miei occhi che non ci sono altri modi per guarire, mormorava lei. Rigorosamente con parole che io e mio fratello identificavamo subito…..Continue reading


BIANCO DIO

di Sara Gambolati

“Day of the dead” di Pexels

C’è il bianco compatto della calce e quello perlato delle ostriche. Il bianco azzurrato delle uova, quello giallognolo dei capelli della Nane e il bianco della schiuma grigia e rarefatta. Il bianco rosato delle unghie dopo il bagno. Il bianco rosso degli occhi dopo bicchierate di tequila, il bianco livido dei giorni di febbre. Quello tagliente del lampo al magnesio ci risucchia bloccati per sempre nella stessa posizione: mia madre di tre quarti, seduta mani in grembo, dietro io, le mie sorelle e gli oleandri. Il lampo bianco ha imprigionato i nostri sguardi; quando ci stropicciamo gli occhi, la Nane si segna per il brandello di anima che è imprigionato sulla lastra fotografica. È convinta che un morto con la foto sulla tomba, nel Día de muertos, non possa tornare a mangiare le calaveras. Per lei mangiare è un’attività confermativa: Cristo risorto mangiò del pesce per dimostrare di essere tornato in carne e ossa. Il corpo rosa dei gringos; cannella, caffè, carbone il nostro: quello è vera vita per la Nane. Il mio corpo è stato ammalato e lei lo ha curato con l’acqua di noce e con il mole. Ancora adesso si occupa delle mie calze – una spessa per mascherare la gamba sottile – e del rialzo della scarpa….Continue reading


Ahmed, lo scuinatt

di Massimiliano Piccolo

“The Alps” di Pasja

La prima volta che lo vide fu quando ha suonò al campanello. Stranito, cercò di capire da dove provenisse quel gracchiare che non aveva mai sentito prima. Forse perché i pochi che venivano a trovarlo, prima gli facevano uno squillo al telefono. Perché lui glielo diceva sempre che rischiavano di scocciare.

Con un filo di curiosità si affacciò alla finestra e si trovò davanti quella scenetta bizzarra. Fisionomia del volto maghrebina, cappellino scolorito con visiera appiccicato sulla testa, camicia a quadri oversize probabilmente appartenuta, in qualche vita andata, a un boscaiolo duro e puro che doveva aver disboscato gran parte di quelle zone infauste. E poi, per terminare alla grande, un numero illimitato di scope conficcate ovunque. Possedeva un’aura di manici di plastica; una sorta di shangai di ossa e ramazze. Ai piedi portava delle infradito, nonostante i pochi gradi del folle inverno tra quelle piccole,  infime montagne.

Spalancò la finestra e, invadenti più che mai, gli si ficcarono addosso gli spilli di una folata di gelo artico. Gli chiese, con la praticità di chi si stava ibernando, che diavolo volesse.
Il tizio gli rispose soltanto che il cancelletto era aperto…Continue reading


Mi muovevo, quella sera, e c’era vento

di Gregorio Volpi

 

“Dettagli verso sera” di SaverioPhoto

Mi muovevo, quella sera, e c’era vento,

e, timida, nei vicoli e nei bar

ti fermavi, poesia, e da lontano mi vedevi,

sanguinante in gola per un verso mancato.

Ormai, per me, taceva ogni rumore, e dai bicchieri,

pieni, effondevano colorate luci,

ove io ti leggevo…Continue reading


La canzone che dovrei conoscere

di Nicolò Monti

“Elvis Presley” di MikesPhotos

Eccoci lì, seduti al tavolo del tuo salotto

le posate unte e sporche tintinnano

ai lati dei piatti colmi di avanzi.

Una forchetta osa cadere sul pavimento

ed ecco un dei tuoi cani

che dopo aver leccato i rebbi

è ancora …Continue reading   


Spettri

di Enrica Gatti

“Maschera” di Enrica Gatti

Fantasmi

diventati piccoli

specchi

nei quali l’immagine distorta

è il volto

dei dolori che non si possono dimenticare

Spettri

in un’ala dell’anima

dentro una stanza buia

riposano…Continue reading

 


Le mie stanze sole

di Valentina Casadei

“Le Mie Stanze Sole” di Valentina Casadei

Ogni angolo

S’inventa

Un nuovo giorno

Per osannare

Quel tuo fantasma

Che ancora infesta

Le mie stanze sole….Continue reading

 

 

 

 


Sabato all’Ikea

di Lorenzo Mandalis

“Ikea” di Ikondigital

I

Nessuno di noi due credeva d’essere nel mezzo

del cammino della vita. La selva

però c’era. E noi ce la ritrovammo

davanti come un imprevisto.

Non come le solite strade

che eravamo abituati a percorrere

fianco a fianco …Continue reading



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