Numero 44 – GIUGNO 2018

Gita al lago

di Eva Luna Mascolino

“Gli orti del tempo #3” di Nicola Lonzi

Si era immaginato che avrebbero parlato un po’. A bassa voce, per non spaventare i pesci. Senza smettere di controllare il galleggiante, all’estremo della lenza, quindi senza l’obbligo di guardarsi – aveva pensato che le parole sarebbero state più precise, o lente, o entrambe le cose. Ogni tanto avrebbero cambiato l’esca. Ma pigramente. Tutto si era coagulato nella sua mente in un’immagine semplice, lui e suo figlio seduti uno accanto all’altro, in faccia al lago, a pescare, da soli. Di schiena, controluce, due composte figure, quella a destra piccolina. Perché suo figlio aveva dieci anni.
Era un’immagine giusta. Così aveva detto Andiamo a pescare, e il figlio aveva detto Sì, saltando in giro, alla sua maniera. Era la prima volta che lo facevano.


Alla fine era ormai ora di pranzo – rimasero a casa a mangiare.
Poi ci avevano messo un po’ a mettersi in moto – ce n’era sempre una. Era venuto fuori che il figlio non aveva fatto la doccia, benché l’avesse promesso a sua madre…Continue reading


Anatomia di Jane

di Sonia Aggio

Nel 1505, in una tenuta del Norfolk, Alice st John dà alla luce una bambina. L’iniziale delusione data dal sesso della nascitura è bilanciata dal sollievo per la salute della madre, che riesce ad alzarsi dal letto in una settimana. La servitù si occupa allegramente della neonata, battezzata Jane, mentre i genitori provano di nuovo, con impegno, a concepire un erede.

L’infanzia di Jane non è né migliore né peggiore di quella vissuta dai coetanei. A quattordici anni la ragazzina è spedita a corte, per imparare le arti femminili nel seguito della regina Mary.
La giovane, attraente damigella è una delle molte condotte in Francia; hanno scelto ragazze diverse, molte e formose bionde e pienotte, poche scure e sottili. Jane non vuole spiccare: le piace guardare i cavalieri e il re, commentare con le sue amiche gli abiti delle dame francesi. Tornata in Inghilterra, viene scelta per partecipare ad alcuni masque, le rappresentazioni teatrali che piacciono tanto a Enrico.
Viene messo in scena uno spettacolo intitolato Il castello verde, e Jane viene scelta insieme ad altre sei ragazze. Al momento la ragazza lo trova semplicemente un passatempo — anche se col senno di poi la serata le apparirà tutto fuorché banale, irrilevante —: solo per un istante, mentre balla in coppia con una ragazza mascherata da Perseveranza, la luce morbida che le avvolge la illanguidisce — il tempo sembra scorrere più lentamente, tra una canzone e l’altra passano interi secoli, e il gesto con cui la Perseveranza gira su se stessa, allargando il braccio, si tramuta nella lenta danza dei pianeti.

Henry Parker, Lord Morley, è un letterato e un cortigiano, e quando si tratta di scegliere il marito per la figlia, punta a una famiglia baciata dalla Fortuna…Continue reading


Il riso

di Clelia Attanasio

“Ieri” di Diego De Benedetto

Ho perso il riso. Eppure ricordavo di averlo comprato stamattina.

Il fatto è che ho proprio perduto il riso; a lui piaceva quando cucinavo il risotto allo zafferano. E invece, chissà come, chissà perché, ho perso il riso. In fondo non è un dramma insormontabile; si scende, si va al supermercato e si compra il riso. Il punto è che ci sono mille qualità differenti di riso; l’arborio, il venere nero, il vialone nano, l’originario, il parboiled. Senza lui che mi accompagni a fare la spesa per scegliere quale cucinare non so da dove iniziare; tutta questa scelta mi fa sentire smarrita. Alla stessa maniera ci sono così tanti tipi di riso: gioia, imbarazzo, arrendevolezza: io non lo so più quale volevo, forse li ho persi tutti.

Se scendessi adesso, prendessi la busta e inforcassi la maniglia della porta, attraversassi le strade fino al supermercato qui vicino, superassi le porte automatiche e il tornello all’entrata, andassi oltre gli scaffali con le verdure, il latte, i pannolini, l’acqua, la carne e andassi subito al reparto del riso, lo prendessi e quindi andassi alla cassa, pagassi e finalmente tornassi indietro verso casa, forse non tornerei mai più a infilare le chiavi nella toppa e scapperei via dal riso che sta qui.

Perché è come se il riso fosse ancora in questa casa, io lo so. Sento, per qualche ragione, che il riso si prende gioco di me. Si è nascosto in qualche cassetto, in qualche anfratto polveroso della dispensa e non si lascia trovare da me. Ma è qui, lo so per certo. E quindi mi è inutile scendere e cercare un altro riso, magari più nuovo e sicuramente non scaduto, quando potrei averlo qui a portata di mano: il mio riso, non uno nuovo, migliore, il mio. L’ho perduto tra questi scaffali, è nascosto in qualche ricordo che questa casa conserva…Continue reading


Una violenza lampante

di Fabio Cardetta

“Solo al crepuscolo” di Alessandro Villanucci

 

La ragazza sedeva su un banco con le gambe penzoloni, le mani intrecciate e la testa china verso il basso. Ogni tanto ripeteva la solita litania di borbottii sussurati, che ancora nessuno era riuscito a comprendere.

Svetlan la guardava dal basso, inginocchiato per andare a stanare un barlume di coscienza in quegli occhi spenti e abbandonati.  Il Direttore e Tub stavano lì impalati come colonne doriche.

“Da quanto tempo avete aperto questo centro?”
“Sette anni… più o meno…”
Svetlan senza girarsi verso l’interrogato, prese il cellulare e si mise a smanettare.

“Avete un wi-fi qui? immagino che tutti i dispositivi delle ragazze siano agganciati al router principale, no?

“Sì, credo di sì…”

“Credo di sì non è una risposta!… Gentilmente si informi e ci faccia sapere. Oltretutto vorrei sapere se i dispositivi mobili presenti nella struttura sono agganciati alla linea locale o a servizi internet di telefonia mobile…”
Il Direttore alzò un sopracciglio.

“Posso sapere per quale motivo?”
“Martin…Continue reading


Scorci

di Beatrice D’Anna

@Emiliano Cribari

 

Si era trasferita in quella casa, a ridosso di una via del centro, spendendo quasi tutto ciò che possedeva – i risparmi di una vita, prudentemente conservati in banca, i guadagni dell’ultimo lavoro che aveva portato a termine, e perfino gli spiccioli posati sul fondo del salvadanaio a porcellino, perché c’era un virgola trentasette in quel contratto, che altrimenti non avrebbe saputo come pagare – pur di smettere di versare l’affitto per quell’appartamentino di provincia che non aveva neppure un balcone. Per una come lei, chiudersi fra quattro mura in cui l’unico spiffero d’aria fresca provenisse da una finestrella sopra il calorifero – posizione alquanto scomoda, per altro – era stata un’agonia. Dieci anni di agonia, insomma, che trovavano il loro apice ogni fine del mese, quando la riscossione della paga per potervi abitare le faceva ripensare a quanto in realtà lì proprio non ci volesse stare, e lo faceva così a lungo da farsi venire mal di testa. Finalmente, ce l’aveva fatta. Era stato un rischio, sì, una mossa azzardata e coraggiosa, se non addirittura stupida, ma adesso poteva dire davvero di essere felice.
Se ne stava seduta tranquillamente, dalla mattina alla sera, sulla sedia di vimini che aveva messo sul balcone, una soltanto, accanto al piccolo tavolo rotondo, per evitare che qualcuno pensasse ci fosse spazio per avere compagnia. No, i suoi ospiti potevano al massimo mettersi sul divano, d’un rosso d’altri tempi, se pure un giorno avesse deciso di invitare qualcuno, o sulle sedie di legno attorno al tavolo della cucina, che non avevano neppure un cuscino a rendere più lieta la seduta, e perciò forse si sarebbe potuto giudicare…Continue reading


Un Flaneur a Washington DC

di Ferruccio Mazzanti

“Fumo e colori #3” di SaveroPhoto

 

Come un botanico del marciapiede

Dalla parte sbagliata della strada,

La parte dei sobborghi e dei mendicanti neri

Che mostrano bicchieri di plastica

Con monete in forma di jingle,

(Non so che parlar con voi

Anche se non vi capisco),

Osservo,

Tra nuvole di fumo denso emerse

Dalle viscere dell’asfalto

Che rendono le luci

Macchie colorate e indistinte

Delle milioni di automobili

Indifferenti…Continue reading


L’errore è la lingua segreta del destino

di Giuseppe Semeraro

“Estate” di Ilaria Cerutti

 

L’errore è la lingua segreta del destino

la lingua che a fatica accettiamo

quella che ci tocca imparare

comprendere e dimenticare.

L’errore è l’abbraccio sconosciuto

un passaggio segreto

la voce sotto le macerie

il canto della caduta.

L’errore è la mano che prende la nostra

la madre che ci solleva

l’errore è il sorriso di Dio

un no dietro una porta

l’attesa…Continue reading


Arterie a doppia corsia

di Fabio Ramiccia

“Studies about myself #21” di Germana Stella

Arterie a doppia corsia

per andare e venire dal cuore,

cuore come Itaca,

ritorno come andata.

Polmoni come isole,

respiri come onde

risacche infinite.

Sognare di annegare

e respirare di più.

Mani complesse,

senza forma

e tessuti

per afferrare il senso profondo…Continue reading


Ape regina

di Valentina Casadei

“Mélancolie orange” di Valentina Casadei

Ape regina

E signora bambina

Gioco a fare la donna

Con tutte le mie incertezze.

Madre prodigiosa

E vulnerabile innocente

Accendo ceri

Candele

E fuochi fatui…Continue reading



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