Numero 44

Una violenza lampante

di Fabio Cardetta

 

“Solo al crepuscolo” di Alessandro Villanucci

La ragazza sedeva su un banco con le gambe penzoloni, le mani intrecciate e la testa china verso il basso. Ogni tanto ripeteva la solita litania di borbottii sussurati, che ancora nessuno era riuscito a comprendere.

Svetlan la guardava dal basso, inginocchiato per andare a stanare un barlume di coscienza in quegli occhi spenti e abbandonati.  Il Direttore e Tub stavano lì impalati come colonne doriche.

“Da quanto tempo avete aperto questo centro?”
“Sette anni… più o meno…”
Svetlan senza girarsi verso l’interrogato, prese il cellulare e si mise a smanettare.

“Avete un wi-fi qui? immagino che tutti i dispositivi delle ragazze siano agganciati al router principale, no?

“Sì, credo di sì…”

“Credo di sì non è una risposta!… Gentilmente si informi e ci faccia sapere. Oltretutto vorrei sapere se i dispositivi mobili presenti nella struttura sono agganciati alla linea locale o a servizi internet di telefonia mobile…”
Il Direttore alzò un sopracciglio.

“Posso sapere per quale motivo?”
“Martin!…”

L’urlo di Svetlan rituonò per l’aula deserta. Da una porticina in fondo apparve un ragazzo, sulla ventina, con il ciuffo biondo laccato in sù.
Svetlan si alzò.

“Mi risultano 27 apparecchi sulla linea… Fammi una lista delle ragazze e dei telefoni da loro posseduti… E infine vedi quello che manca.”
“Vuole solo gli IP e nomi ragazze? Oppure anche il MAC, il sistema operativo e i seriali dei telefoni?”
“Più dettagli abbiamo meglio è… Vedi che puoi fare!”

Martin dette una veloce occhiata al telefono che Svetlan gli aveva esibito, poi prese il suo, gli dette un’occhiata e sorrise:

“Ok, vedo che posso fare!”

Svetlan a quel punto si mise a scrutare gli occhi del Direttore, come a voler scavarne fuori qualcosa.

“Tub… Tu invece, per favore, fammi una lista degli dipendenti, orari di lavoro, biografia e tutto quello che ti viene. Sicuramente il Direttore potrà darti una mano…”
“Sì… effettivamente abbiamo 11 persone al nostro servizio, me compreso. Io, la vice-Direttrice (che era in carica prima di me, sa… donna esperta, ma ormai anziana e…”
“D’accordo”  –  tagliò corto Svetlan – “può riferire tutto al mio collega…”

E Tub prese per il braccio il Direttore e se lo portò via, come un pupazzo.
“Ah!” – fece Svetlan, girandosi di colpo.
“Una cosa al volo, Direttore!”
“Sì?”
“A parte le ragazze e i dipendenti… ci sono altri esterni che possono accedere alla struttura?”
“Beh” – fece quello gridando, ancora strattonato per la giacchetta dal tirapiedi di Svetlan. “A parte noi… ci sono gli eventi esterni che portano qui gente… Ci sono i concerti, le mostre, le attività ludiche, con professori e istruttori… E infine ci sono le visite familiari e le visite istituzionali.”
“D’accordo, d’accordo… Tub, fammi una lista dettagliata di tutte queste visite avvenute negli ultimi due mesi, va bene?”
L’omone annuì, impassibile come sempre.
“E la ragazza rimane qui?
“No, mando subito la docente a prenderla, non si preoccupi!”

*

La donna era arrivata subito e aveva portato via la ragazza, come Tub aveva portato via il Direttore. La poverina continuava a ciondolare con lo sguardo a terra e strisciando i polsi l’uno contro l’altro come se volesse cancellare via delle macchie.
Per i seguenti trenta minuti buoni invece Svetlan si era dato a passeggiare per il giardino restrostante, con in mano la pipa che aveva da poco comprato e le voluttuose circonvoluzioni di fumo ad accompagnarlo.
Fissava la vastità desolata che precedeva il bosco: un breve tratto di giardinetto curato e il resto abbondonato alle erbacce, fino al sorgere della vegetazione intricata sullo sfondo. Alla sua sinistra il blocco bianco del Centro di Riabilitazione, macchiato qua e là da aloni di muffa e ferite d’intonaco.

Sulle rare panchine e postazioni ginniche del giardinetto v’erano una decina di ragazze intente a fumare, chiacchierare, o semplicemente passare il tempo.  Il tutto, stagliato sull’aura plumbea del cielo, assomigliava a un Purgatorio improvvisato.

“Non ha mai parlato molto… Solo dopo qualche giorno abbiamo visto che la situazione era particolare. Si sfrusciava i polsi… Allora le ho scostato la camicia e ho visto quei segni!”

“Quando ho provato a chiamarla, il telefono non rispondeva… Allora sono andata da lei, e lei non voleva né guardarmi né rispondermi… Ho provato un’altra volta a chiamare, e quella volta il telefono squillava!… Poi è tornato muto…”

Svetlan riscorreva nella sua mente gli interrogatori alle ragazze. Ma quello che più lo insospettiva era il Direttore. Affabile per natura, mostrava a più riprese insicurezza e come la volontà di accomodare la cosa a suo piacimento.

“Quando mi hanno avvisato, ho voluto subito chiamare la polizia… ma sa, in questi casi, meglio prima chiedere un parere tecnico… Così ho chiamato il Sindaco di M., che è il paese sotto cui ricade il nostro centro… e lui mi ha consigliato massima riservatezza!… E poi mi ha fatto il suo nome…”

“Perché ha chiamato proprio il Sindaco?” – lo aveva subito interrotto Tub.

Il Direttore era caduto dalle nuvole.

“Ma come perché? Innanzitutto, siamo sotto la sua responsablità!… E poi mi fido molto di lui, persona a modo… E mio grande amico!”

Tutti amici erano in quel mondo!… aveva pensato Svetlan.

Direttori, sindaci, amministatori delegati… tutti amici per interessi comuni.

Forse la vera amicizia disinteressata quella gente non l’aveva mai vista nemmeno a distanza, o nemmeno sapeva che esistesse.

Quando si riprese dal suo rimescolare fatti e pensieri, Svetlan si rese conto che era al limite del giardinetto curato e stazionava davanti a una ragazza che, appoggiata allo schienale di una panca, inspirava da una sigaretta e getteva via il fumo, con lo sguardo strasciato, molto simile a quello della ragazza molestata.

“E dovrebbe essere un centro di recupero questo… Hanno tutte la stessa faccia!”

Dopo un po’, si rese conto che erano passate più di due ore.

E che il telefono aveva squillato tre volte: Tub.

Non ebbe nemmeno il bisogno di andare a cercarli, che vide l’omone e il giovane aiutante venirgli incontro.

“Dalle vostre facce mi sembra di capire che siamo a buon punto…”

Martin sfoderò il sorriso delle migliori occasioni.

“Sì, posso iniziare?”
“Prego!”
“Su 57 ragazze e 11 addetti ai lavori,  ci sono 43 apparecchi. Manca naturalmente quello della ragazza. Questa è la lista delle persone a cui appartengono gli apparecchi, con rispettivi indirizzi IP, Mac e… sono riuscito con un aggeggino a metterci anche le caratteristiche…”
“Bene, altro?”
“Sì… mi mancava qualcosa di più succoso riguardo alla ragazza, così mi sono permesso di entrare nel router dell’istituto…”

Svetlan sorrise, divertito.“Hai fatto bene!”
“Insomma, queste centraline qui hanno dei sistemi di log, che sono criptati, ma che memorizzano i passaggi degli apparecchi. Insomma, sono stato un po’ a lavorarci, ma alla fine ho ottenuto le caratteristiche del telefono della ragazza e so anche a che ora è scomparso… Il 12 dicembre alle 15.48… l’ultimo contatto.”

Svetlan e Tub si guardarono inebetiti, per poi tornare al giovanotto, inondandolo di carezze e pacche sulla spalla.

Persino Tub si fece scappare un sorriso.

“Tub, a questo punto è il tuo turno!… Se mi dai qualcosa di utile, forse la riusciamo a chiudere entro oggi questa faccenda…”

Tub guardò il ragazzino con aria di sfida, e dalla giacca di pelle estrasse un lungo tabulato ripiegato su se stesso, che usava per gli interrogatori. Al termine del report, metteva sempre un riassunto che recitava monotonamente al capo.

“Abbiamo 11 dipendenti: il Direttore, la vecchia vice-Direttrice, le due cuoche, la donna delle pulizie, le tre insegnati, il guardiano e la moglie (che vivono nella catapecchia in fondo) e un tizio, Marek, che è una specie di tuttofare, sulla quarantina, un po’ demente… Naturalmente nessuno ha visto né sospettato niente.  Da una veloce telefonata con i miei contatti, nessuno di questi ha precedenti.Il ritardato pare non abbia alcuna pulsione sessuale, anche perché ha avuto problemi recentemente…  un incidente a quanto pare, è un mezzo eunuco. Sugli altri due maschi, il Direttore e il guardiano, mi ci sono soffermato più a lungo…”

“E che hai scoperto?” – lo rintuzzò Svetlan.

“Che il guardiano secondo me è da scartare a prescindere, data l’età e il tipo che è: se lo vedi, timido, succube della moglie e a prima vista innocuo… Quindi ci rimane il Direttore, e qui viene il bello!…”

Svetlan strabuzzò gli occhi.

“La vecchia direttrice, una bizzoca di novantanni, sulle prime non voleva parlare, poi si è lasciata andare. Si vede che è stanca di una certa solfa che vede in giro, e ha confessato tutti i suoi peccati: il Direttore ha avuto una tresca un paio d’anni fa con una ragazza passata da qui, e ora diventata assistente vendite per un centro commerciale importante. Nessuna molestia, ma a quanto pare il Direttore ha fatto valere la sua immagine e il suo ruolo, diciamo così… Inoltre, la signora Vilmonova mi ha detto che tra le visite esterne non è raro che ci sia qualcuno che ci provi, in maniera più o meno elegante! E mi risulta che qualche leggero incidente già ci sia stato, più volte, ma sempre sottaciuto…”

“Nel senso?”

“Piccoli flirt, ragazze sedotte e poi abbandonate, qualche ragazza sparita nel bosco e poi tornata più triste di prima. Insomma, pare che il centro sia celebre per essere un posto dove trovare giovani adolescenti desiderose di affetto e facili da rimorchiare…”

Svetlan fece una smorfia.

“Quindi fammi capire: le ragazze, già abusate in passato e che hanno passato violenze, stupri e quant’altro vengono portate qui per essere riabilitate e invece chiunque ne approfitta per fare le proprie porcate?!”

Tub non si smosse più di tanto.

“Non la vedrei in maniera esagerata… Ma sì, un po’ di schifo c’è!”

Svetlan gli rispose con un’occhiataccia.

“Forse dalle tue parti, nell’Est, si usa! Ma da noi – qui a Bratislava – no! Lo schifo è totale! Altro?”

Tub riprese il foglio.

Leccò un angolo e declamò:

“Sì, il Direttore pare abbia agganci politici molto forti. A parte il Sindaco di M. (venuto pure lui qui in visita istituzionale, per non dire altro…), l’attenzione mia e di Martin, dopo le sue scoperte sulla data di scomparsa del telefono, si sono concentrate sulle visite avvenute il 12 dicembre…”

“Ok, vieni al dunque…”

“Il 12 dicembre è venuta qui una delegazione dei Socialisti e in particolar modo del partito Nuovo Cambiamento, tra i finanziatori del centro. Tra questi il loro capo e candidato alle presidenziali, un tipo che tu ben conosci… Ivan Ribko!…”

Non glielo avesse mai detto.

Il volto di Svetlan divenne porpora, e la mascella gli si irrigidì come una roccia.

Tub notò come la mano destra prese a tremare insolitamente.

Per un momento Svetlan ebbe il riflesso di spaccare in due la pipa sulla panca lì vicino; poi si trattenne: non poteva lasciarsi andare così davanti ai suoi collaboratori. E in più per quello schifoso criminale.

“D’accordo! Torniamo a Bratislava. Mi darete i dettagli in macchina.”

**

Arrivarono davanti alla grande palazzina sovietica del Partito verso le 15.30.

Tub inchiodò come se stesse facendo una retata, provocando un’occhiata diabolica di Svetlan e il riso infantile di Martin.

Una sgargiante bandiera rossa svettava sul cornicione e il grande manifesto elettorale di Ribko si moltiplicava in mille e più versioni sulle pareti, fra le finestre dall’intonaco semi-smoccicato.

“Tu, aspetta qui e controlla che il nostro amico non se la batta a gambe levate… Io e Martin gli andiamo a fare una ripassatina…”

L’omone annuì.

Non avrebbe schiodato lo sguardo dal bersaglio per le due ore successive.

Non appena misero piede dentro, videro solo una grande scrivania con apposita segretaria, due rampe di scale che si intrecciavano dietro di lei e portavano ai piani superiori, una porta d’ascensore, due porticine anonime, tre grandi finestre dalle quali filtrava una luce giallognola, attraverso il mosaico variopinto dei vetri.

Svetlan prese l’aiutante per la collottola.

”Prima di andare sù, controllami se per caso il telefono della ragazza si trova qui da qualche parte. Improbabile, ma non si sa mai…”

Martin sorrise, e si andò a sedere in un angolo, estraendo dallo zaino un piccolo computer e un’antenna.

“Signora, gentilmente… devo vedere il Signor Ribko!…”

La ragazza occhialuta, spalancando gli occhi come un’anatra, rispose:

“Il Segretario Ribko è attualmente impegnato. Dovrebbe ripassare o molto meglio richiedere un appuntamento…”

Svetlan sfoderò un ghigno pieno d’odio.

“Signora, forse non mi sono spiegato bene, la situazione è urgente. Dica al suo capo che c’è Peter Svetlan che vuole parlargli urgentemente di una questione molto grave…”

La donna ripiegò il collo indietro e storse la bocca.

“Ha detto Peter Svletan?”

“Ha capito benissimo!”

La donna fece una smorfia.

“Un attimo solo!”

Dopo 10 minuti Svetlan era seduto di fronte al Segretario del Partito Socialista della Regione di Bratislava, Ivan Ribko.

Nel frattempo, gli era arrivato il messaggio di Martin:

”Peter, non ci crederai mai, ma il telefono è qui!”

Svetlan stava per saltare sulla sedia.

Riusciva a malapena a contenere l’eccitazione, che l’avversario che gli sedeva davanti, già da qualche secondo stava ad osservarlo come si fa con un pazzo.

“A cosa devo questa visita improvvisa, caro detective Svetlan?”

“La farò breve, Ivan… La ragazza del Centro di Riabilitazione. Sappiamo che sei stato tu…”

Ribko aggrottò le sopracciglia, poi si riavviò la riga al lato.

“Mi fa piacere che la tua fantasia e la tua immaginazione non si siano affievolite con gli anni, caro Svetlan!”

Svetlan sorrise.

“Ivan, non prendiamoci in giro. Io sono un genio, tu no! Sei sempre stato un mediocre, sin dai tempi delle scuole primarie. Non mi sorprende il fatto che ti metta a fare queste schifezze davanti a tutti. L’unica cosa che mi sorprende è come non siano ancora riusciti a farti fuori!”

Ribko si accasciò sulla poltrona con le mani incrociate.

“Ti ricordo che questo mediocre è il Segretario Regionale di questo Partito!. E credo che tu stia eccedendo nelle tue considerazioni. Non hai uno straccio di prova di quello che stai dicendo!”

Svetlan si accasciò anche lui indietro sulla poltrona e intrecciò le mani, a imitare l’amico d’infanzia.

“Sei sempre stato un fesso, caro Ivan. Uno stupido di successo! È quello che la gente vuole, mediocri di successo che giustifichino e rispecchino la sempiterna e dilagante mediocrità del mondo!”

“Non hai uno straccio di prova…”  –  si sentiva borbottare nel frattempo dall’altra parte.

Ribko piegò la testa come un cane, le dita presero a ticchettare freneticamente sulle nocche.

“Abbiamo trovato le tue impronte nella stanza della ragazza… E come se non bastasse, sappiamo che il suo telefono è qui! Dove lo tieni? Cosa ci fai? Ti spari le seghe rileggendo i messagini amorosi? O magari hai fatto qualche video. Quante perversioni può avere un codardo come te?”

Ribko si alzò come una scheggia.

“Fuori, pezzo di merda! Prima che ti faccia sbattere fuori  dai miei uomini!”

Gli occhi di Svetlan presero a luccicare di commozione.

Con calma si alzò e si mise la pipa in bocca, sorridendo.

Poi prese in mano il cellulare e dette un’ultima occhiata soddisfatta alle news in arrivo.

“Non ti preoccupare, me ne vado… Sta arrivando la signora Valikovà a prenderti…I miei aiutanti le hanno passato tutte le informazioni necessarie… Penso che bastino per un mandato di arresto… Ti saluto!… E buone elezioni, idiota!”

Si scostò l’impermeabile, che s’era intralciato tra poltrona e scrivania, e si diresse verso l’uscita. Ribko appoggiato alla scrivania, lo guardava impotente.

Svetlan si voltò per un’ultima volta.

“Non ti preoccupare, Ivan!… Non dubito che riuscirari a difenderti, con tutti gli avvocati che hai… Ma, in fin dei conti, non è importante… I tipi come te sono noiosi: non ci provo nemmeno gusto a metterli in gattabuia!… è molto più bello vedervi arrancare, arrostire pian piano, cercare di difendervi dall’oscurità, dalla fine che arriverà inesorabile e giusta a spazzarvi via!…

Ma che ci vuoi fare?… Sei sempre stato un mediocre, caro Ivan… Un mediocre di successo, uno dei tanti!…”

E la porta fu sbattuta, in maniera  teatrale.

Ivan Ribko fu arrestato il giorno stesso e rilasciato dopo due giorni.

Il processo a suo carico per violenza sessuale si trascinò per quattro anni e risolto con un’assoluzione.

Un risarcimento economico era stato depositato preventivamente nelle casse dell’Istituto e nel conto bancario della famiglia della ragazza, a spingere per una risoluzione pacifica dell’incidente. Le testimonianze congiunte della vittima e del Direttore furono determinanti per avallare l’ipotesi del rapporto consenziente.

Ivan Ribko ha dovuto ritirare la sua candidatura alle Presidenziali dello stesso anno e ritirarsi definitivamente dalla vita politica.



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