Numero 42

Topi 

Nicolò Monti

 

“Mice web” di Bea Davies

Si ritrovavano al primo piano di un palazzo malandato
con i gradini delle scale crepati e i topi
da qualche parte a nascondersi e a sogghignare
proprio come loro.

Avevano in affitto una stanza di un appartamento
che sarebbe stato anche bello se non fosse stato così decadente.
Piaceva a entrambi perché il tappeto rosso pieno di polvere e di calcinacci
appeso a una parete
ricordava il sipario di un palcoscenico.

Accanto, nell’altro muro, una finestra con gli infissi di legno
un tempo verniciati di verde scuro e ora marci,
dava su un altro palazzo pericolosamente vicino.
Quella finestra rimaneva sempre chiusa e con le tapparelle abbassate
per non fare uscire o entrare nulla.

Recitavano da soli o insieme,
ma non c’era mai stato nessuno oltre a loro.
Le opere di Beckett, di Ibsen
e anche di Pasolini,
che di certo non era Ibsen o Beckett
ma che comunque sapeva il fatto suo.

Si toglievano i vestiti e rimanevano in mutande anche d’inverno
a parlare più voci con lo stesso timbro vocale, a volte urlando e altre no
facendo pensare chissà cosa ai vicini.
Per il gusto di vivere più storie
sapere più cose
aver viaggiato il mondo in lungo e in largo.
Una festa, un grosso litigio, un piccolo litigio,
un dramma in famiglia.

Recitavano e recitando si allontanavano
sempre più
dall’appartamento e dal palazzo
e dai due commessi con i quali erano arrivati e con cui sarebbero andati via
come ogni sera
quando uno di loro due avrebbe pronunciato l’ultima battuta
e l’altro avrebbe detto “basta così”.


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