Numero 41 – MARZO 2018

L’uomo dei libri

di Donatello Cirone

Vi saluto spezzando la penna.
(E.S.)

“Good evening” di Rosalie

Quella mattina Luca non le aveva accarezzato la mano come faceva di solito. Non l’aveva nemmeno guardata. Era rimasto con i suoi amici in cortile, senza nemmeno fare un cenno. Era inspiegabile. Come era stato possibile? Forse Luca aveva cambiato idea? Forse lei non gli piaceva più? Il colletto del grembiule blu le stava incollato al collo, si sentiva mancare l’aria. Quella mattina era iniziata storta, sul latte s’era formata quella pelle bianca e appiccicosa che tanto odiava, i biscotti erano caduti a terra, si erano frantumanti in tante piccole bricioline che erano finite sotto al tavolo, al divano. Dopo le urla e i rimproveri, si era perfino messa a piangere per aver combinato tutto quel casino, aveva sbattuto la testa contro lo spigolo, forse, per sbaglio.

Era iniziata male quella giornata e sarebbe finita peggio, come tutte le notti. Sarebbe finita nel terrore, nel sudore e nella desolazione ma prima però c’era da vivere un giorno di scuola, uno dei tanti – pensava – e non poteva sapere che invece sarebbe stato diverso…Continue reading


Monologo di un’attrice qualunque

di Eva Luna Mascolino

“Punta Secca #20” di SaverioPhoto

Io sono colei che mi si crede.

Ho vissuto in una città non troppo grande, in una città come un’altra – le città sono tutte uguali: hanno muri di odio e fiumi d’amore perduto. C’erano concerti di uccelli nella casa vicino al mare che confinava con i comignoli, i cani e l’azzurro. C’erano ville con la piscina, a due passi dalla passerella sepolta di sabbia, e c’erano bambine grasse che sputavano risate roche da una bicicletta e che tiravano le pietre contro i contatori elettrici.

Una volta ho sognato di essere una strega dentro un portone verde scuro, nell’appartamento giapponese di una portinaia che fumava la pipa e che scriveva lettere interminabili al Presidente. Nell’ultima guerra, invece, ho combattuto in sogno, perché non ero nata, ma era presente mio nonno, o forse il nonno di mio padre, non ricordo; eppure c’è stato qualcuno della mia famiglia, l’hanno ferito a morte in una trincea improvvisata in mezzo agli sciacalli …Continue reading


Stanza 109 “IANUS”

di Giampaolo Giudice

“L’infinito” di Ilaria Cerutti

Oh, sei tu, lo sai che non devi venire a trovarmi qui, finirai per mettermi di nuovo nei guai. Non immagini il casino in cui mi sono trovato l’ultima volta che abbiamo parlato.

Dai, per favore, vai via!

Va bene, allora resta, guarda te che situazione, alla fine si fa sempre come dici tu.

Che cosa vuoi?

Sto. Che domanda idiota, sto. Sono inchiodato al letto dai confetti amari che mi porta il servizio in camera; al centro perfetto di un luogo sconosciuto.  Con in corpo la forza appena sufficiente per stare seduto. Insomma, mi vedi, no? Come dovrei stare?

Alcune volte provo nostalgia per una vita che non c’è più, che forse non c’è mai stata. Sì, ridi pure di me, per quel che vale ormai…Continue reading 


Echoes

di Sonia Aggio

 

“The Endless Winter of Kashmir#3” di Camillo Pasquarelli

.1915

Il francese grida. I suoi due compagni sono morti, l’esplosione ha saldato le uniformi azzurre ai corpi bruciati. Lui è stato sbalzato via, è finito in un nido di filo spinato, il sangue gli cola sulla faccia.
Belisar è a una decina di metri da lui, riparato sotto un masso, e lo osserva con il cuore in gola. Posso raggiungerlo continua a ripetersi, stringendo il fucile contro il petto.
Le esplosioni si diradano, i colpi si fanno irregolari. Quando l’ultimo boato si è spento, Belisar lascia il nascondiglio e si mette a correre, piegato in due. Si inginocchia accanto al francese, che piange e artiglia il terreno con una mano; ha il filo spinato attorcigliato attorno alla testa, a ogni sussulto le punte si conficcano nella carne. Mi servono delle forbici, una lima, se tiro gli spacco la testa… e se andassi a prendere qualcosa, farei in tempo?
Un fischio. Belisar alza lo sguardo e vede un geyser di fango giallo alzarsi in fondo al campo……Continue reading


Esser gaio

di Luca Abbattista

“Headphones screenprint” di Bea Davies

Di giorno ci si sveglia e si prende la metro. Una volta c’è una bottiglia che rotola rotola, rotola rotta.
Di notte ci si sveglia e si prende la metro. Un’altra. Questa volta c’è una signora anziana. S’ignora.
Di sera si torna a casa e si prende la metro: c’è stato il ballo in maschera. (Siamo nella Grande Città: più folla c’è più ti turba, e meno spiccioli lasciano a terra.) Tutto il vagone è pieno di bei vestiti eleganti e di farfalle di maschere agli occhi. Uno, che oltre la mascherina calza un berretto d’aviatore sulla testa, ti chiede: – Perché non sei più venuto alla festa?
– Ti sono mancato? – rispondi ammiccando mentre scendi con lui dal vagone.
Il treno metropolitano scorre via: tra poco attraverserà la distesa silenziosa della distesa campagna innevata, inarcata come la schiena bianca di una donna distesa. «Fa freddo», pensi. «Forse mi darà il suo cappello d’aviatore. Forse è davvero un aviatore». Ma entrati nel suo appartamento ti porge solo la mascherina piumata. Mentre decidi se vuole che l’indossi, ti conduce per mano nella camera da letto.
Ti ci svegli ancora dentro, ed è tardi: inforchi le scale e corri a prendere la metro. Lui si sveglia e avvolto in un piumino arancione scende sul marciapiedi che è ancora da spalare. A piedi nudi ti grida dietro che hai una casa ora che non sei più della strada ora che sei felice ora che hai un posto caldo ora che sei più bello ora che sei più pulito ora che sei troppo lontano ora per sentirmi anche se grido forte e i pochi svegli a quest’ora – uno che corre, uno che spala – si girano a guardare…Continue reading


Cinque minuti

di Beatrice D’Anna

“The bluegull” di Domenico Giovanni Della Rocca

Dicono che a chi sa di dover morire gli ultimi cinque minuti di vita sembrino interminabili, una ricchezza enorme, un bottino di potenzialità. Dicono sia inevitabile ripensare all’intera propria esistenza, pentirsene o gioirne, e inevitabilmente rimpiangere qualcosa che non si è detto, non si è fatto, o almeno non nel modo in cui si sarebbe dovuto. Stesi su un letto d’ospedale, ormai certi dell’imminente fine, con attorno infermieri o amici o sconosciuti o nessuno, la mente si isola per qualche istante, ossessivamente intenta a ricomporre i pezzi che si sono persi per strada, e immaginare di farli andare bene. Unirli, di modo che il puzzle risulti completo, almeno per finta. Con la coperta pesante sulle gambe, che mi ostacola ogni più impercettibile movimento, le palpebre socchiuse, infastidite dalla luce del sole che mi è ormai nemica, vivo i miei ultimi cinque minuti esattamente nel modo in cui dicono. Ma ogni attimo, ogni fiato che mi resta da effondere per l’ultima volta è per lei.

No, non cambierei quella mattina d’autunno in cui un giovane di buona famiglia, conscio della propria bellezza, indifferente alle proprie responsabilità, entrò in una pasticceria del centro, sedette a un tavolo poco distante dal bancone e attese che lo servissero. Una donnaContinue reading


Feuilleton Il francese inesistente – Parte nona

di Fabio Cardetta

Episodi precedenti

 

Emiliano Cribari

Svetlan era incollato sulla seggiola di fronte al bancone del Pivovar con in mano due foto: una di Srecko e l’altra di Jules Klein.
Se nei giri precedenti, aveva incontrato un paio di baristi e cassieri di supermarket che avevano visto o uno o l’altro – quest’ultimo li aveva visti tutti e due.
O meglio, alla domanda su Klein aveva risposto:
“I soliti stranieri che vengono a ubriacarsi in cerca di gloria!”
E alla domanda su Srecko, aveva risposto:
“No, non l’ho mai visto!”
Ma l’aveva detto dopo alcuni secondi di pausa, spalancando gli occhi, riponendo lo sguardo indagatore su Svetlan e infine negando come solo i bambini colti in fallo riescono a fare.
Eppure il grassone non era di certo un bambino. Era sulla quarantina, barbuto, dalla fronte rugosa; e sul muro alle sue spalle esibiva…Continue reading    

 


Per un giovane cuore suicida

di Giuseppe Semeraro

“Macchie #2” di Nicola Lonzi

 

amara giovinezza

con il coltello nel cuore

spinto fino in fondo

con forza disperata,

la punta dritta al centro

tappando l’ultimo grido

aprendo le porte al sangue

lasciando il mondo al suo silenzio.

Le tue mani non hanno avuto pietà

più forti di un tuono

sei caduto sotto il tuo cuore……Continue reading

 


E la notte, la notte finalmente

di Fabio Ramiccia

 

“Studies about myself #07” di Germana Stella

Dopo l’estasi e la pelle condivisa,
il ritorno alla propria guancia sola.

Soli necessari di poca cosa

e  carezze

calme verso il dentro.

Un chiodo piegato dal quale staccarsi,

finalmente.

E cadere infiniti sul soffice.

Dormire e calmare……Continue reading

 

 

 



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