L’uomo dei libri
Vi saluto spezzando la penna.
(E.S.)

Quella mattina Luca non le aveva accarezzato la mano come faceva di solito. Non l’aveva nemmeno guardata. Era rimasto con i suoi amici in cortile, senza nemmeno fare un cenno. Era inspiegabile. Come era stato possibile? Forse Luca aveva cambiato idea? Forse lei non gli piaceva più? Il colletto del grembiule blu le stava incollato al collo, si sentiva mancare l’aria. Quella mattina era iniziata storta, sul latte s’era formata quella pelle bianca e appiccicosa che tanto odiava, i biscotti erano caduti a terra, si erano frantumanti in tante piccole bricioline che erano finite sotto al tavolo, al divano. Dopo le urla e i rimproveri, si era perfino messa a piangere per aver combinato tutto quel casino, aveva sbattuto la testa contro lo spigolo, forse, per sbaglio.
Era iniziata male quella giornata e sarebbe finita peggio, come tutte le notti. Sarebbe finita nel terrore, nel sudore e nella desolazione ma prima però c’era da vivere un giorno di scuola, uno dei tanti – pensava – e non poteva sapere che invece sarebbe stato diverso. Già in parte il comportamento di Luca aveva cambiato la routine, la sua routine, le due manine una dentro l’altra nascoste dallo sguardo severo delle maestre, il saluto a Mario il bidello tifoso della sua stessa squadra e poi il banco, il primo. Alla sua destra Giovanni, alla sua sinistra la finestra, le montagne vicine, il cielo e le nuvole.
Non sarebbe stata una giornata come tutte le altre, sarebbe stata una di quelle giornate che avrebbe ricordato per tutta la vita.
La maestra Rosaria entrò come tutte le mattine con un sorriso felice, si sedette e pronunciò il suo solito “Buongiorno bambini”. Plasmava quelle parole con tutta la dolcezza che avevano i fiori di marzo, l’acqua dei fiumi in giugno. Era tenera la maestra Rosaria, lo era con tutti anche con i somari, lo era di più, molto di più. Dopo averli salutati, si alzava, si sistemava la gonna che nel sedersi era salita leggermente sopra le ginocchia e si metteva davanti la lavagna, prendeva il cancellino e puntualmente come tutte le mattine le scappava uno starnuto improvviso e violento, quasi disperato, forse era in quel momento che la maestra Rosaria poteva essere se stessa e farsi scappare una lacrima, una di quelle vere, una di quelle che non lasciano spazio alle interpretazioni, una lacrima perché era sola al mondo, senza nessuno. Delicatamente iniziava a scrivere e spiegare i verbi e tutto il resto.
Quella mattina non poteva sapere che sarebbe stata diversa, non poteva sapere che sarebbe cambiato tutto. Un rumore interruppe la lezione, la voce della maestra Rosaria restò in gola, nocche ruvide percossero la porta di truciolato e un uomo alto e scuro in viso entrò:
– Buongiorno a tutti!
La maestra Rosaria rispose con la sua solita dolcezza al buongiorno e poi aggiunse decisa:
– Lei chi è?
– Sono Sandro Del Poggio, ho chiesto al preside l’autorizzazione.
– Bene allora, mi dica?
– Senta sono un rappresentante di libri, vorrei farle vedere una collana per ragazzi, posso?
Tutti rimasero in silenzio, i più si distrassero al primo buongiorno ma lei no, alla parola libri aveva dimenticato Luca, lo spigolo e i biscotti. Da una borsa di pelle marrone l’uomo dei libri tirò fuori una busta di carta e da essa sette libri, sette capolavori uno sopra l’altro. Senza pensarci si avvicinò alla cattedra, era come se una forza magnetica la portasse a quella fonte, era come se tutta la sua esistenza si fosse concentrata sul quel titolo, su quelle scritte: “Lire 2000 Lire – Le tigri di Mompracem”. La copertina era rossa e su di essa un uomo stringeva per il collo una meravigliosa tigre. Era rimasta folgorata. La maestra Rosaria, con piglio da generale la rispedì subito al suo posto: “Vai immediatamente a sederti al tuo banco!”.
Cosa stava succedendo quella mattina? Era abituata agli spigoli ma, non era abituata ai rimproveri della maestra, alla totale indifferenza di Luca. Il mondo era ingiusto, mica era colpa sua se una strana forza l’aveva costretta ad alzarsi per andare a vedere cosa ci fosse in quella busta, quali tesori nascondesse. Rimase paralizzata mentre l’uomo dei libri si chiuse la porta alle sue spalle. Il colletto del grembiule le stava stretto. Per tutto il giorno rimase in silenzio, con gli occhi lucidi e il cuore spezzato.
Dove erano finiti quei libri e quella tigre? Dove era andato l’uomo dei libri?
La campanella suonò e non salutò nessuno, non salutò la maestra, non urlò a Mario: “quest’anno vinciamo lo scudetto”, non si accorse che Luca aveva dato la sua manina a Giovanna, la più brava di quinta, e con il suo zainetto in spalla si incamminò verso casa, c’erano ancora tanti spigoli sui quali, per sbaglio, sbattere la testa.
A sera il suono del citofono interruppe le urla, alla porta era Rosaria, la sua maestra:
– Scusatemi se vi disturbo ma devo dare questo libro a quella birichina di vostra figlia…
Alla parola libro corse verso la porta, ancora attratta da una strana forza alla quale nemmeno in tarda età avrebbe dato un nome, corse e, appena i suoi occhi incontrarono quella copertina rossa con quella tigre e quell’uomo disegnati sopra, una lacrima scese sul suo viso. Proprio come la sua maestra Rosaria, pianse lacrime vere, lacrime disperate per gli spigoli e le notti desolate, pianse lacrime d’angoscia. La maestra Rosaria si lasciò la porta alle sue spalle, e si lasciò il libro e quella copertina rossa “Lire 2000 Lire”.
Lasciò quella birichina che tanto amava, alle notti scure, alle lacrime disperate, agli spigoli, agli affanni, al sudore freddo e da quel momento, per fortuna, in compagnia, però, delle Tigri di Mompracem che non l’avrebbero mai più lasciata sola.
Fondatore de L’Irrequieto, nato nella valle del Sauro, in Lucania, nel 1986.
Ha pubblicato due silloge poetiche: La vita di una morte, LibroItaliano, Ragusa 2005 e Gl’oratori del nulla, Amorsog et Oream, Il filo, Roma 2007.
Scritti pubblicati su L’Irrequieto.
Donatello Cirone: donatellocirone@irrequieto.eu