Numero 39

Il pescatore

di Pietro Romano

 

“Piccolo Sud#71” di Emiliano Cribari

Gonfie di brezze, le vele fendono le onde del mare.

Su rive incerte, scalfite da mari diversi,

si sperde l’ultimo lembo di terra, sbuffi di vento,

il lieve tremolare delle onde, mentre intorno si scorge

su sabbie lisce il solco lasciato dalle ruote di un camion di merci

diretto al mercato. Non lontano si apre l’estuario

salmastro, ignoto al riflesso del faro. Dorme il cane

sul pietrisco, e intorno a corolle spoglie di petali

vagano lucciole come ceneri d’astro nell’aria.

Per strada vola l’ultimo giornale, dove un tempo si fermava

un carretto da vino, dove oggi giace l’ingresso al parcheggio

di un abitato, e poco avanti un centro commerciale.

Per non smarrire pensieri tra le alghe, il pescatore tira

le reti. Il tonno agita la coda, a sussulti,

non piĂą. La morte non muta. Un ricordo raggiunge il pescatore:

quando il padre, bagnandosi il viso, a riva scendeva, il sale

che gli bruciava gli occhi, «Quello è il fuoco del mare» diceva,

«e mai mi spegnerà». In spalle grosse ceste di pesce,

cantando lo portava alla Vucciria, per barattarlo con pane,

biscotti, latte o piccoli giochi per il figlio. Aspettando la cena

fumava in piedi, alla finestra, mentre il fabbro, di fronte, batteva

il ferro sotto gli ultimi colpi di martello. In mano un cavo

d’ormeggio, il pescatore siede sulla banchina, mentre il cuore

gli resta sulla barca. Come un’onda strappata alla corrente,

lega le funi con mani aggrinzite. Non c’è stanchezza,

non l’ombra di un altro, mentre attende altro silenzio

e dentro sente che il ricordo nulla spartisce col ricordare.


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