Numero 37

Onestà intellettuale  –  Quarta parte

di Ferdinando Morabito

Episodi precedenti

 

“Una scala di onde” di Francesca Ligios

La misteriosa donna accolse nella sua stanza i tre visitatori. Impassibile, con i suoi grandi occhi neri che parevano reggere a fatica la frangetta del medesimo colore, precipitò i suoi ospiti in un irresistibile vortice di inquietudine e attesa. Il silenzio pesava tonnellate, sembrava addensarsi e sostituirsi all’aria da respirare.

“Dannazione, si soffoca qua dentro!”, esclamò George d’improvviso, maledicendo ogni singola scelta compiuta nelle ultime 72 ore. Ermir smaniava dalla voglia di avere una risposta certa, definitiva, che ponesse fine a quell’angoscioso punto interrogativo a cui era appesa la vita di un uomo innocente, di una persona col quale condivideva ideali profondi e con cui avrebbe potuto stringere agevolmente un’amicizia importante, se il destino gliene avesse dato modo in passato. Eduard assisteva come inebetito alla scena, guardando con infinito stupore a quel quadretto assurdo dal quale dipendeva la sua sorte.

“Incoscienti e vigliacchi, demandate a me una scelta che spetta a voi. Io non creo il destino”, disse la donna con fare sprezzante. Quelle parole così dure stonavano in bocca a quella figura intrigante, sensuale e piena di fascino.

“Tu però puoi leggerlo, il futuro. Se lo sapessimo fare noi, non saremmo venuti fino a qui”, proruppe Ermir, sempre più a disagio. La donna gettò uno sguardo tremendo sull’uomo che aveva appena parlato, e come un incendio scaturito da una scintilla iniziale, lo sguardo infuocato sembrò bruciare sulla pelle di George e di Eduard.

“Onestà! E chi può permettersela davvero? Gli esseri umani sono pavidi e spaventati, vili, corrotti e inaffidabili. Basta scavare nella coscienza e saprete da voi ciò che chiedete a me. Miserabili! Molto spesso tale coraggio è richiesto alla vittima, perché il carnefice non può permetterselo, non ha il potere dell’onestà! A cosa servirebbe il Porgi l’altra guancia? E la non violenza? E la folgorazione di Tolstoj per il Discorso della Montagna? Di cosa ancora osate parlare? Quali esseri superiori vi permettete di dileggiare con citazioni erudite e vuote?”.

Dopo aver pronunciato queste parole come in preda a una folle visione, l’indovina parve trasfigurarsi. Una pace celestiale sembrò attraversarne il volto e le membra, lasciando tutti senza fiato. Quella donna misteriosa sembrava non solo in grado di attraversare il tempo, ma anche di trafiggere le coscienza e di svelare i segreti più reconditi di chi osasse varcare la soglia di quella stanza.

Eduard, Ermir e George compresero che non c’era bisogno di dire altro. Mancava ancora qualcosa, qualcosa che tutti e tre conoscevano già: la sentenza. Ma il rituale doveva compiersi secondo regole predefinite, ineluttabili come il destino.

“Fra quattro giorni non ci sarà posto su questa Terra per tutti e tre. Qualcuno vivrà, qualcuno altro verrà ucciso. Dipende unicamente dalle vostre scelte. Libero, lui vi denuncerebbe senza indugio, e voi morireste. Non è vero?”, disse guardando con tranquilla sicurezza Eduard. Egli non poté fare altro che ammettere la verità.

In un bosco poco lontano, Eduard guardò serenamente Ermir, in piedi davanti a lui. “L’onestà intellettuale non può barattarsi con nulla al mondo. Siamo esseri umani, prima ancora che esseri viventi. E a volte occorre morire per restare umani”, disse, mentre il volto di Ermir, solcato da una lacrima tiepida e colpevole, gli si imprimeva per sempre sulla retina.

“Non potevamo fare altrimenti. Da certe strade non si torna indietro”, disse George con voce tremante.

 


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