Numero 36

Onestà intellettuale  –  Parte terza

di Ferdinando Morabito

Episodi precedenti

 

Ninna nanna (particolare) di Nicola Lonzi

Era sempre sembrato bizzarro a Eduard affrontare discorsi sull’onestà intellettuale con un parcheggiatore. Poi però pensava che Ermir era una persona, con le proprie idee, i propri progetti e la propria visione del mondo. Era stata l’unica persona con cui sapeva di avere in comune il culto dell’onestà intellettuale.

“Non ci rimane che quello: è la vera forza degli esseri umani. È in questo concetto che si può davvero capire il porgi l’altra guancia, la poetica di Tolstoj e il mito della non violenza. È in questo, nell’incapacità di tradire se stessi, nel rifiuto di ogni meschinità, anche a costo della vita, nel non concedersi a chi vuole annullarci come persone che sono racchiusi, tutti insieme, Gesù Cristo, Tolstoj e Gandhi!”, aveva affermato, visibilmente brillo, Eduard alla fine di quella cena che lo aveva eletto braccio destro dello zio. In quell’occasione, si era accorto che un vivo senso di commozione aveva scosso Ermir. In quell’istante, si sentirono come fratelli.

“Basta, facciamola finita!” esclamò George rientrando in stanza e puntando la pistola contro Eduard. “No, aspetta! Sei impazzito?”, disse con rabbia Ermir, mettendo la propria mano sul braccio di George e accorgendosi che questi stava tremando. “Il pazzo sei tu! Cosa dovremmo fare? È finita, siamo due stupidi, non avremmo dovuto accettare… ma ormai è fatta! Se non lo ammazziamo ci denuncia, e lo sai che faranno fuori noi entro un paio di giorni! Lo sai questo, vero?”, rispose George, che teneva la pistola puntata contro Eduard.

“Sì… sì, d’accordo. Ma non puoi essere sicuro che ci denuncerà, io credo che…” balbettò senza convinzione Ermir. “Non ci credi neanche tu, saresti un pazzo a crederlo!”, disse George, che aggiunse: “Levati, non devi farlo tu. Vattene, non abbiamo scelta!”. Con la mano sinistra afferrò la mano di Ermir poggiata sul suo braccio e si preparò mentalmente a fare fuoco. Il cuore gli batteva a mille.

“Aspetta!”, disse Ermir. Afferrò per le spalle l’altro sequestratore e lo trascinò nella stanza accanto.

“Diamogli una possibilità! Andiamo da lei… abbiamo scelto apposta questo rifugio…”.

“Smettila, è fuori discussione! Ho pensato di andare da lei per chiederle se ce l’avremmo fatta o no!”, rispose con enorme imbarazzo George.

“Già, ma hai avuto paura. e sai perché? Perché se ti avesse detto che sarebbe stato un fallimento le avresti creduto, è inevitabile che sia così! Non sbaglia mai quella maledetta strega!”, disse con enfasi Ermir, che ormai aveva capito di esser riuscito a convincere il suo complice.

“Ok, ma cosa chiederemmo, esattamente? Sei fuori di testa!”, disse George, col tipico nervosismo di chi ha appena deposto le armi in una disputa dialettica.

“Beh, è semplice: le chiederemo se Eduard ci denuncerebbe o meno qualora lo lasciassimo libero. Non ci serve sapere altro. Se dice di no, lo lasciamo andare, sennò…”, ma non ebbe il coraggio di finire la frase. “Sennò gli spariamo in testa! Io non mi faccio ammazzare per salvarlo!”, disse George, contraendo la mascella come un cane rabbioso.

Fu George, visibilmente angosciato, a bussare all’antro della donna. Eduard era stato messo al corrente di ciò che stava accadendo e tutto gli sembrava paradossale, come se si trovasse dentro un sogno, slegato dalla realtà. Un uomo imponente aprì la vecchia porta di legno, il cui cigolio sinistro inquietava sempre i visitatori e li introduceva nel regno della misteriosa creatura capace di leggere il futuro.

Ermir sentiva sopra le proprie spalle il peso di una enorme responsabilità, ma al contempo gli era chiaro il fatto che ormai avesse le mani legate. In quella partita fatale lui si era già giocato tutte le carte a sua disposizione e barare non era possibile. Una forza sovrumana assoggettava ogni essere vivente, senza scrupolo alcuno; il destino faceva il suo corso, incurante di ogni cosa, persino delle questioni di vita o di morte.


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