Numero 35

Onestà intellettuale  –  Prima seconda

di Ferdinando Morabito

Episodi precedenti

 

“Fichi d’India” di Domenico Giovanni Della Rocca

“Dobbiamo liberarcene, ci stanno fottendo. Siamo due idioti, solo ammazzandolo possiamo davvero sparire senza lasciare tracce”, disse qualcuno poco distante. Un brivido percorse Eduard, che per la prima volta ebbe idea della gravità della situazione. In particolare, si rese conto di una verità lampante: era totalmente in balìa di chi lo aveva rapito.

“Aspetta, aspetta, ragioniamo!”, disse un’altra voce in risposta a quella che sembrava una sentenza di morte espressa dal primo rapitore. Eduard restava in ascolto, in attesa di qualcosa che nemmeno lui sapeva definire con chiarezza.

Dei passi risuonarono, secchi, decisi, nel corridoio. Comparvero due uomini incappucciati, entrambi con in mano una pistola. I due fissarono per qualche istante il loro prigioniero, respirando affannosamente; uno dei due poi scosse il capo e se ne andò da dove era venuto. Il rapitore rimasto al cospetto di Eduard distolse lo sguardo dal sequestrato, si grattò nervosamente il capo e sembrò immergersi immediatamente in un mare di pensieri. Il silenzio che li avvolgeva era gravido di incertezza. Quando questi parlò, Eduard riconobbe la voce di colui che aveva messo in discussione l’idea di ucciderlo.

“È un bel casino, mio caro”, disse con accento preoccupato il rapitore. Eduard non sapeva cosa rispondere: tutto gli sembrava irreale. Il suo interlocutore però riprese, come se stesse ragionando ad alta voce: “Non sembra esserci via d’uscita. Eppure, ci dovrà pur essere un’altra soluzione… peccato, hai aperto gli occhi quando non avresti dovuto…”, disse poi rimproverandolo. A quel punto, improvvisamente, Eduard si ricordò tutto: prima di perdere i sensi, aveva visto in faccia i due uomini che lo avevano portato via e li aveva riconosciuti. Erano due dei parcheggiatori del ristorante di suo zio, quel ristorante dove suo zio lo aveva nominato numero due della società. Ora si vergognò quasi di non aver riconosciuto subito la voce di Ermir, di colui che adesso gli stava davanti, incappucciato, senza quasi accorgersi dell’inutilità di quell’accorgimento.

Quel ragazzo gli era sembrato subito simpatico, sin dal primo momento, nonostante lo zio definisse un pezzente che non ci penserebbe un attimo a vendere la madre per cento euro. Eduard però non dava peso alle esternazioni dello zio, da sempre crudele nei confronti di chi stava più in basso di lui. Ermir in realtà aveva imparato ad apprezzare la gentilezza e la genuinità naturale che Eduard aveva sempre dimostrato, ma non aveva avuto il coraggio di sottrarsi alla richiesta di sequestrare una persona e aveva capito che quella persona era Eduard solo quando ormai non poteva più tirarsi indietro.

Il secondo sequestratore era un altro parcheggiatore, di nome George. Decisamente diverso da Ermir, sognava di abbandonare quel misero posto di lavoro da anni e aveva sempre detto che pur di raggiungere questo scopo avrebbe fatto qualsiasi cosa, anche uccidere un uomo. Di questo si ricordò, rabbrividendo, Eduard ora che Ermir gli parlava e lui non riusciva a raccogliere la necessaria concentrazione per ascoltarlo.

“Dannazione, riprenditi, ascoltami! Dobbiamo convincere George, ma prima ancora devi promettermi una cosa: se ti lasciamo andare dimentichi tutto e non dici una parola su di noi! E io lo so quanto vale una tua promessa! Moriresti piuttosto che mentire!”.


freccia sinistra freccia


Share