Di ponti e sensi di colpa
Giada Tommei

“Come quella volta alla torre delle ore, quando mi dicesti che non avevi mai amato e io ti risposi che chi si ferma a guardare un violoncellista abusivo, noncurante del gelato che si scioglie sul polso, nasce già innamorato. ”
Io sono innamorata solo del senso di colpa
“Il senso di colpa è innato e non guarisci. Hai presente le urla strazianti delle madri durante il parto? Come si fa a non nascere colpevoli, quando si ha la consapevolezza di esser causa di un enorme sofferenza? Pur gioiosa che sia, la nascita ti inietta nel corpo come un dovere specifico: riscattare la madre dal dolore subito nel metterti al mondo. E allora , spesso, quella stessa pena provata dalla madre durante il parto diventa il motivo ricorrente della vita del figlio. Come l’allungamento di una radice di dolore: ti rendi conto cosa significa aver vissuto nove mesi uniti da un cordone?”
Mi rendo conto di non essere più un cordone
“Ovvio che non lo sei, provocatrice che non sei altro. Dico solo che c’è un legame profondo che nemmeno tutto il rancore del mondo può uccidere. E’ come se il cordone ti rimanesse per sempre impigliato in un piede, o in un braccio, o alla gola”
Partoriscono cumuli di ansia, non bambini!
“Non essere ironica, è una cosa seria: se aspetti di liberarti del senso di colpa per cominciare a vivere, non vivrai mai!”. E allora perderai occasioni. Non parlo di chissà cosa, ma anche solo di momenti di bellezza che andranno perduti. Devi solo imparare a cullarlo, conviverci, parlarci, farci la pace. Non è così difficile: tu gli spieghi dolcemente quello che vuoi e ciò che sei, e lui piano piano diventa quieto come un cucciolo appena preso al canile. Finisce che lo comandi tu, il senso di colpa, capito? D’altronde , anche lui, nasce piccolo esattamente come noi: solo che lui non ha nessuno che gli insegni cosa è giusto o cosa è sbagliato. Spetta a noi farlo, altrimenti diventerà un ribelle soggiogato dal giudizio degli altri e sarà per sempre infelice. E noi con loro”.
E perché, allora, alcuni ce l’hanno meno e altri di più?
“Dipende dall’ambiente di crescita, da una naturale predisposizione alla melanconia, dalle cellule del tuo cervello e mille uno fattori: che ti importa? E’ come chiedersi perché una che mangia la tua stessa quantità di cioccolato non ingrassa mentre tu prendi 2 kili: è il mistero del corpo, il mistero dell’unione dei nostri componenti, del nostro io. Quello che a te deve importare, è familiarizzare col tuo senso di colpa, capito? Solo in questo modo riuscirai a goderti le cose ed essere felice. Come questo ponte, vedi? Così bello a quest’ora di notte. L’aria è fresca e pare esserci una sorta di forza superiore che ci protegge da eventuali aggressori: eppure tu non ci sei. Sei qui ma sei altrove. Hai paura di goderti il momento perché sai di dover poi spiegare agli altri quello che fai: come se tu dovessi giustificare che ti piace guardare i ponti durante la notte invece che pensare buttar fuori la spazzatura o cullare un bimbo o grattarsi un piede o bere una tisana o semplicemente dormire. Ma dai! Le cose vengono naturali se le fai con naturalezza, e naturalmente gli altri riconoscono cosa va bene per te”.
Parli bene tu che sei forte, ma io….
“Tu sei forte come le mattonelle di questa vecchia strada. Guarda quanti graffi hanno e guarda come sono integre: sorreggono una città intera! Sei così forte che se ora, qui, adesso, io ti dicessi ti amo, correresti indietro a tutta velocità”.
Stai vaneggiando! Se corro indietro, non son certo forte!
“Perché tu pensi che correre indietro voglia dire scappare: e se semplicemente tu stessi prendendo la rincorsa per saltare meglio?”.
Salto da questo ponte, se non cambio mentalità
.. e ridendo lievemente, si incamminarono.