Numero 31

Quella gabbia fatale chiamata felicità – Terza parte

di Ferninando Morabito

Episodi precedenti

 


Macchie#6 di Nicola Lonzi

Lungi dal mostrare i tratti di una vecchia strega, burbera, raggrinzita e spaventevole, la donna aveva due grossi occhi neri capaci di calamitare qualunque sguardo; una frangetta, nera come gli occhi, si poggiava delicatamente sulla fronte ampia e liscia, che incorniciava un viso di una strabiliante delicatezza esotica. Mani affusolate e sensuali invitarono i due giovani a sedersi comodamente su confortevoli poltrone di un rosso vivo, mentre la bocca carnosa si schiudeva in maniera quasi impercettibile, a disegnare una linea arcuata che solo con uno sforzo interpretativo notevole poteva essere associata ad un sorriso appena appena accennato. Una magrezza ben proporzionata di spalle, braccia e busto, unitamente alla cura minuziosa di ogni dettaglio della sua persona, conferiva alla donna i tratti di una misteriosa regina giunta fin lì da chissà quali luoghi lontani, mitici e incantati.
Istintivamente, i due ragazzi abbandonarono qualunque residuo di paura nell’osservare da vicino colei che nell’ultimo periodo aveva dominato i loro pensieri. La donna parve loro senz’altro distinta, intrigante, addirittura bella.
“Ah, la giovinezza!”, esclamò lei con amarezza, raggelando il sangue dei suoi ospiti. Ernest però raccolse tutte le sue forza per dire: “La giovinezza è audace, mia venerabile signora!”, sorprendendo se stesso, come se ascoltasse tali parole dall’esterno, da una voce non sua, eppure proveniente dal suo stesso corpo. Mirka, sebbene gelata dalle prime parole della donna, lanciò al suo uomo uno sguardo pieno di ammirazione.
“Audacia e incoscienza sono separate da un filo talmente sottile da sfuggire agli occhi dei più navigati tra gli uomini”, ribatté l’indovina con un sorriso tagliente, prima di aggiungere: “E non può certo la giovinezza, digiuna di esperienza, rispettare tale sacro confine. Nessuno può superarlo impunemente”.
Mirka credette di svenire. Ernest, abbattuto, cercò dentro di sé le risorse necessarie per non scoppiare a piangere come un bambino e gettare nella più nera disperazione la sua fidanzata, sulle cui spalle gravava adesso il fardello del senso di colpa. Andare lì era stato un errore. Tuttavia, una forza misteriosa sembrava inchiodare al proprio posto i due giovani, i quali guardandosi intorno ebbero netta, chiara, la percezione di potersi alzare per abbandonare quella misteriosa dimora senza incontrare alcun ostacolo esterno. Tuttavia, restavano seduti, insofferenti ed eccitati.
“Andate via”, disse con imperiosa dolcezza la donna, come riprendendosi da uno stato di momentaneo deliquio. Mirka ebbe un sussulto, come se si fosse appena destata da uno stato di pesante torpore, mentre Ernest tremava, sgomento. “Non è un gioco, sfidare il destino. Il futuro non appartiene a ciò che siete adesso, non riguarda voi per ciò che siete; quello che diventerete è inaccessibile, adesso, alla vostra comprensione. Vale per tutti, per ogni essere umano”.
Le parole della donna si impressero come ferro rovente sulle coscienze dei giovani. Essi si sentirono impuri, nudi, sporchi. Avevano osato spingersi troppo in là, ne erano consapevoli. Ma una consapevolezza ancor più grande aveva invaso il loro sentire: tornare indietro, ormai, non era più possibile. Dovevano sapere. Un’incrollabile fiducia balenò ancora, strenuamente, nel loro cuore, come un eroe che si avvia alla propria fine ma che, inebriato da un orizzonte di gloria, si illude di poter scansare il fato avverso.
Sorridendo, dissimulando una serenità impossibile, quasi in coro i due innamorati chiesero alla chiaroveggente di raccontare tutto. Quale destino li attendeva? Ci sarebbe stato spazio per la felicità nel loro domani?
“Agli incroci fondamentali della propria esistenza, ognuno può scegliere la strada. Per alcuni il futuro ha una sola direzione di marcia, ma solo in apparenza: l’alternativa, alle volte, può essere rappresentata dall’arrestare il proprio cammino”, disse con voce flautata e soave, come proveniente da un altro mondo, colei che sapeva leggere gli avvenimenti del domani.
I due ragazzi, interdetti, faticavano a comprendere quelle parole. “Dunque potremo essere entrambi felici?”, chiese Mirka con un entusiasmo che lei stessa sapeva forzato. Qualcosa nei grandi occhi neri della veggente diceva loro che era tempo di lasciarsi alle spalle il giardino incantato delle illusioni giovanili, per avventurarsi in strade dal fascino tremendo, per assaporare la paura, quella vera, quella degli adulti alle prese coi loro demoni.
“Felici, certo. Lo sarete. È la vostra unica possibilità”, disse lei. Ma la forza sovrumana del suo sguardo sembrava farsi beffe delle parole che condannavano alla felicità quei due innamorati. “Saremo quindi felici, insieme, entrambi!”, disse Ernest, che voleva spazzare via con fare maldestro quell’angoscioso senso di mistero che aleggiava nell’aria.
“Insieme, no. Entrambi, sì.”.

(continua sul prossimo numero)


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