Paolo e Marina
di Gaia Tomassini

“Darling, remember the vacation of 56” di Bartolomeo Pampaloni
È il caso letterario del decennio, non si parla d’altro. Monica Ascanio, reatina trapiantata a Trieste, è sulla bocca di tutti. Occhi grigi, capelli neri e lunghi, ossa sporgenti, Monica Ascanio ha accompagnato con la sua prosa scorrevole migliaia di lettori per anni, senza mai farsi conoscere dal grande pubblico. Si firmava Filomena Guadagno, solo pochi mesi fa è stato scoperto il suo vero nome.
Monica Ascanio è la madre, la creatrice, di Paolo e Marina, i due personaggi letterari che con le loro peripezie hanno ammaliato e stregato l’Italia intera. In una serie di uscite settimanali sul quotidiano “La Gazzetta a Nord Est”, giornale sconosciuto ai più fino a sette anni fa appunto, Paolo e Marina si sono conosciuti e si sono fatti conoscere, sono cresciuti inseguendosi e perdendosi, hanno riallacciato i rapporti per poi vedere i loro sogni frantumarsi periodicamente – e con loro, il cuore degli Italiani. “La Gazzetta a Nord Est” è diventato il giornale più acquistato del giovedì, giorno in cui usciva la nuova puntata di “Paolo e Marina”; il venerdì chi fosse passato per i corridoi di una scuola durante il quarto d’ora di intervallo o avesse dovuto fare la fila presso un ufficio pubblico non avrebbe sentito parlar d’altro che di Paolo e Marina, dell’ultima puntata e di cosa sarebbe successo più avanti.
L’incantesimo si è interrotto circa un mese fa, quando è uscita l’ultima puntata. Monica Ascanio ci ha stupiti un’altra volta: la storia d’amore che ha fatto parlare di sé per anni ed anni si conclude miseramente, con un Paolo ormai vecchio, stanco, davanti ad una bara, che saluta per l’ultima volta Marina, la donna di tutta una vita che se n’è andata per sempre. Paolo non è riuscito a salutarla, non ha mantenuto le sue promesse; Marina non ha potuto aspettarlo. Resterà sempre nella memoria dei lettori – si dice che ne uscirà una ristampa a parte – la lettera che Paolo legge a Marina in un cimitero ormai deserto, mentre inizia a piovere su di loro.
Paolo e Marina erano fatti l’uno per l’altra, non sono stati in grado di riconoscerlo in tempo.
Inutile dire che il pubblico è rimasto devastato da questo finale che non lascia appello, Paolo solo davanti alla bara di Marina e la pioggia che cade. A tutti sembrava ormai di conoscere Paolo e Marina, erano diventati amici di famiglia. E, come succede ogni volta che ci si rapporta a qualcuno, il fallimento di quel qualcuno diventa un po’ anche il nostro. E Paolo e Marina avevano fallito su tutta la linea.
L’ultima puntata è stata firmata da Monica Ascanio e non da Filomena Guadagno, finalmente si è scoperto chi ci fosse dietro a Paolo e Marina. Sono passati sette anni dalla prima puntata su “La Gazzetta a Nord Est”, non sono pochi. Per conoscere l’autrice è stata organizzata una conferenza stampa presso il castello di Miramare di Trieste, cornice tanto bella quanto suggestiva. Gli organizzatori hanno chiaramente sbagliato le previsioni: la stanza è troppo piccola per contenere tutti in maniera più o meno confortevole, la crème della crème dei letterati italiani è tutta stretta, ognuno fa finta di non sentire quella goccia di sudore che impavida gli sta solcando la schiena; il caldo è nauseante. Monica Ascanio deve ancora arrivare, deve avere giustamente pensato che dopo sette anni di attesa quaranta minuti in più non possono fare la differenza; i più se la immaginano al bar del Parco di Miramare che beve un caffè shakerato a loro insaputa, e non possono soffermarsi su quella quasi erotica visione del caffè freddo per più di qualche nanosecondo, o la goccia di sudore sulla schiena si fa più impavida.
La donna arriva quando anche l’ultimo giornalista – un uomo alto, dinoccolato, con dei curiosi baffetti ricurvi e l’aria grave – ha trovato un posto in fondo, punizione per essere arrivato tardi. Avanza lentamente fino al piccolo palco allestito nella sala, ha una gonna svolazzante verde bottiglia e una camicetta bianca. Pallidissima, le labbra ancora più chiare sono ridotte ad una sottile linea sul viso. Porta degli occhiali squadrati e delle ballerine nere assolutamente anonime, senza alcun tipo di personalità; nel complesso, non potrebbe ricordare di più una professoressa di matematica e fisica, acida e zitella. Viene da chiedersi quando sia stata l’ultima volta che ha sorriso, anzi se abbia mai sorriso davvero. Finalmente però può cominciare la conferenza.
L’autrice si rivela essere una persona dalla voce monotona e bassa, che non prende colore e tonalità a nessuna domanda le venga posta. Si potrebbe parlare di delusione, ma va detto che gli scrittori sono per antonomasia bravi con le parole stampate, de leggere, non necessariamente sanno tenere una platea; probabilmente lei è uno di questi scrittori. L’incontro volge immancabilmente al termine quando si giunge al momento delle domande, e l’uomo dinoccolato, quello entrato per ultimo, prende la parola: “Se Paolo fosse arrivato in tempo, Marina l’avrebbe perdonato per la sua lunga assenza?”. La domanda è posta quasi con timore, l’uomo si sporge per vedere meglio. Monica Ascanio lo fissa incredula, la bocca a formare una piccola “o” e gli occhi spalancati. Il silenzio nella stanza è totale, più passa il tempo più si può vedere Monica Ascanio assumere colore sulle guance.
“No”, risponde infine Monica Ascanio abbassando gli occhi; “non l’avrebbe perdonato”.
“Ma”, incalza lui, “perché?”.
“Perché sarebbe stato comunque troppo tardi”, sussurra Monica Ascanio, e ai giornalisti sembra quasi di vedere una lacrima scorrerle la guancia accaldata; ma forse è solo il riflesso provocato dalla luce.
“Ma non è mai troppo tardi…”, mormora il giornalista scuotendo il capo.
“A volte è troppo tardi”.
A conferenza finita, durante un buffet al quale la protagonista assoluta dell’incontro ha deciso di non partecipare, tutti si interrogano su quelle domande, prive di qualunque tipo di professionalità giornalistica. Sulla sedia su cui era seduto l’uomo è rimasto un ritaglio di giornale, precisamente de “La Gazzetta a Nord Est” del 16 gennaio 2009. Lasciato là c’è un episodio di “Paolo e Marina”.
Marina corre davanti, è sempre stata più veloce di me. Si ferma solo alla fine del molo, si volta e mi guarda col suo sorriso dolce. La raggiungo annaspando e insieme ci sediamo sul bordo, la cingo da dietro e lei si appoggia su di me. Restiamo per un attimo in silenzio, col rumore dei nostri respiri pesanti e del mare nelle orecchie. “Qual è la tua più grande paura?”, le chiedo io. Lei non distoglie lo sguardo dal mare, “Rimanere sola”. La stringo più forte e con il naso tra i suoi capelli le sussurro che finché ci sarò io lei non sarà mai sola. Solo allora Marina si volta e mi guarda: “Non fare promesse che non puoi mantenere, magari vorrai partire e io non rientrerò nei tuoi piani”.
Ma io ho 23 anni e lei 21, mi sembra che qualunque piano ci sia per il mio futuro non possa che comprendere anche la dolcezza e la vita di Marina. “Se anche dovrò partire”, le rispondo, “poi tornerò per te”.
“Potrebbe essere troppo tardi”, mi dice lei voltandosi di nuovo. E io sono sicuro quando le rispondo, quasi sorrido: “Non sarà mai troppo tardi”.