Poesie di strada
di Gaia Tomassini

Mentre sale in macchina Monica deve ancora capire cosa l’ha spinta a questo gesto, così impulsivo, così senza senso, così poco da lei. Sicuramente la scintilla è stata quell’articolo letto di sfuggita dal dentista, prima del controllo di routine, ma poi?
“La felicità sta tutta scritta nei bagni in autogrill”, così iniziava l’articolo. Il giornalista proseguiva raccontando di aneddoti e ricordi della signora Barbara P., una vita passata a fare la signora delle pulizie in un autogrill appena fuori Roma. Il suo hobby era leggere e rileggere i messaggi che ragazzi e ragazze (“Ma saranno solo giovani?”, si chiedeva lei) lasciano sulle porte dei bagni.
“Giulio, sei il miele nelle mie giornate più amare”, diceva Barbara citando uno dei tanti murales, “ma ci pensano mentre sono in bagno o guidano distratti cercando l’ispirazione per una nuova poesia di strada?”.
Così Barbara aveva chiamato quelli che per tanti erano solo scarabocchi sui muri, “poesie di strada”. A Monica la definizione era piaciuta, dava allo stesso tempo conto della grossolanità di quelle scritte e dell’importanza che possedevano agli occhi dei loro autori. Non erano lavori di grande fattura, cesellati in modo maniacale per rispettare regole poetiche e schemi di rima, erano semplicemente frasi sentite che venivano abbandonate con coraggio in uno dei luoghi più pubblici e frequentati del mondo. Altro che Facebook.
La signora Barbara era stata intervistata perché stava per andare in pensione, e ormai veniva considerata quasi una celebrità tra gli operatori degli autogrill, conosciuta da chiunque avesse fatto una sosta nel “suo” autogrill romano; “Perché io mi faccio notare”. Dopo anni di onorato servizio lungo la A1, Barbara poteva finalmente ritirarsi. Nel descrivere la sua giornata tipo la donna aveva sorriso quando si era trattato di parlare degli sporchi muri dei bagni, imbrattati di scritte e disegni. Sua era appunto la frase “La felicità sta tutta scritta nei bagni in autogrill”. Barbara interpretava tutto ciò come una sferzata continua di vitalità in un ambiente grigio e anonimo, un momento di apertura all’altro e di confidenza che infondeva speranza. Chi scrive sui muri dei bagni non lo fa per se stesso ma per gli altri, per lasciare un segno del proprio passaggio. Persone spensierate, non sempre contente della loro situazione, che perdono un attimo della loro vita per raccontare a tutti di amori impossibili, di richieste di un’ennesima possibilità, oppure per dare consigli alle future generazioni (“Ragazze, non fidatevi MAI di chi davanti a voi mette l’Inter, solo il Milan si merita il primo posto nel cuore del vostro uomo!”; questo Barbara l’aveva considerato un suggerimento piuttosto azzardato, ma Monica leggendolo aveva sorriso come una scema nella sala d’attesa del dentista). Tutto stava scritto là, in due metri quadrati.
Mentre leggeva quell’intervista, Monica era tornata indietro nel tempo, ai suoi anni da pendolare durante l’università. Da lunedì a venerdì ogni giorno che Dio mandava in terra per lei cominciava con 35 minuti di macchina verso Verona e finiva con lo stesso tragitto al contrario. Poteva piovere, grandinare, ci poteva essere nebbia, alle 8.15 Monica era in macchina. Il lunedì, per iniziare con la carica la settimana, Monica si prendeva il lusso di fare colazione in autogrill, sempre lo stesso, non quello di Barbara ma sostanzialmente uguale. Brioche integrale al miele accompagnata da un cappuccino, così cominciava la sua settimana. Di turno c’era sempre il signor Stefano, che alla fine dei suoi quattro anni le faceva trovare già tutto sul bancone (“Cappuccino tiepido, con molta schiuma e niente cacao! Ma quando cominci a lavorare continui a fare colazione qui il lunedì?”). Era divenuta ormai una piacevole tradizione per la quale rinunciava volentieri a venti minuti di sonno.
All’epoca Monica aveva appena conosciuto Elia, un ragazzo di Verona di tre anni più grande. Come lei, Elia studiava economia; al contrario di lei, era bravissimo negli esami di diritto, ma la matematica proprio non la capiva. Risultato, nonostante gli sforzi e le ore passate sui libri, quando Monica diede per la prima (e ultima) volta economia aziendale – 30 e lode con complimenti del docente – Elia era ancora lì, in attesa di riprovare l’esame per la quarta volta. Bocciato senza speranza. Quando vide la disinvoltura con cui Monica rispondeva alle domande del prof, a Elia brillarono gli occhi, e trovò in lei la soluzione a tutti i suoi problemi con i numeri; avvicinandosi e sfoggiandole il suo più bel sorriso, Elia si complimentò per l’ottimo esame sostenuto, e le chiese se poteva aiutarlo a riprepararlo per la prossima sessione. Elia sorrideva e Monica era una matricola ingenua; la risposta tardò meno di tre decimi di secondo ad arrivare, e quando si separarono uno si sentiva il peso dell’alloro attorno alla testa, l’altra vedeva davanti a sé una nuova ed eccitantissima storia d’amore.
Non fu così, né per un verso né per l’altro. Elia non aveva considerato di aver altri otto esami oltre ad economia aziendale, Monica non sapeva di essere stata confusa con una semplice calcolatrice ambulante. Elia voleva davvero fare solo ripetizioni, ma lei era cotta. Passava il suo tempo a pensare a lui e a quanto dolcemente ridicolo fosse quando si arrabbiava per l’ennesimo conto venuto male. Gli occhiali che gli scivolavano sul naso, le orecchie che si tingevano di rosso, tutto per lei era assolutamente incantevole. Elia l’aveva conquistata senza neanche saperlo.
La situazione andò avanti così per tutto il secondo semestre; Monica impazziva dietro al ragazzo, sia come ragazza delle ripetizioni che come ragazza e basta. Per quanti segnali lanciasse, Elia sembrava assolutamente cieco. Cieco, o stupido. Sicuramente non era interessato a portare avanti una relazione che andasse oltre le semplici ore di ripetizioni di aziendale.
E Monica era sempre più preoccupata e nervosa: sapeva che giugno era alle porte, e che per quanto Elia fosse negato coi numeri le sue ripetizioni erano state più che efficaci: il ragazzo avrebbe sicuramente passato l’esame. Si sarebbe chiuso il capitolo economia aziendale, e con quello la grande storia d’amore bramata da Monica e mai iniziata.
A tutto questo pensava durante il solito tragitto per l’università, e gli occhi iniziavano ad appannarsi per le lacrime che minacciavano di rovinarle il trucco. Non voleva piangere, non si piange per un ragazzo, ma davvero sembrava non riuscire a restare calma. Senza pensare, quando vide l’uscita dell’autogrill si fiondò dentro, evitando per poco un incidente e meritandosi i non pochi insulti che arrivarono dallo sfortunato autista che ignaro di tutto percorreva vicino a lei la strada verso Verona.
Entrando nell’autogrill, Monica fece appena in tempo a salutare Stefano (“Ma Monica, mica è lunedì!!”) prima di entrare in uno dei tanti cubicoli del bagno, sbattendo fragorosamente la porta dietro di sé.
Non l’aveva mai fatto, non l’avrebbe più fatto, ma le sembrava che la situazione richiedesse una misura drastica, una sorta di “dichiarazione d’intenti”.
Quando raggiunse la macchina, sulla porta si leggeva una nuova scritta: “Elia, TI GIURO che prima o poi sarai mio!”.
Monica adesso si trova di nuovo lì, nello stesso autogrill. Non è cambiato nulla, o almeno così pare. Probabilmente ora c’è un nuovo signor Stefano che fa i cappuccini per i pendolari.
Con passo decisamente meno spedito rispetto a quella volta di diciotto anni fa, avanza verso i bagni. Guardandosi per un attimo attorno, ritrova il “suo” cubicolo. La dichiarazione d’intenti è ancora là, un po’ sbiadita ma sempre in evidenza.
Si chiede cosa penserebbe Barbara P. della sua poesia di strada, e le viene in mente che probabilmente troverebbe il tutto decisamente fastidioso: con solamente quella frase, Barbara non potrebbe sapere com’è andata a finire la storia tra i due ragazzi; alla sua poesia di strada manca un verso.
Avvicinandosi alla porta per scrivere, Monica ha la mano che le trema: non ha più vent’anni, ne ha 37. Non è sicuramente la persona che fa queste cose. È costretta a scrivere in maniera sbilenca a causa delle nuove poesie di strada che nel tempo hanno contornato la sua, ma quando esce dal bagno – le orecchie rosse e lo sguardo colpevole – Monica sorride: ora chiunque voglia può conoscere il finale della loro storia.
“Elia, TI GIURO che prima o poi sarai mio!”.
“9/12/1996: e alla fine è nata Alice”.