Gli occhi di Gilligan
di Giampaolo Giudice

Nei miei sogni balliamo. Lei ed io.
Nei miei sogni siamo stretti in un respiro accompagnato da quella canzone.
Sono quelli i sogni in cui il cuore accelera, le pareti svaniscono ed il tempo frana nel mondo che sorride.
E lei sorride nel mondo, il mio mondo, che per quell’istante è anche il suo.
Si svolge tutto in un ballo: la durata di una canzone.
Quando non siamo più neanche di carne e non siamo più neanche un luogo, neanche un nome e nemmeno tempo.
Balliamo uno nell’altra, passo dopo passo, semplicemente.
Aria, ecco cosa, ballando diventiamo aria; ballando diventiamo vita.
E quando balleremo di nuovo, lei ed io, sotto cieli diversi nella stessa musica, sarò cresciuto abbastanza da non avere più paura di perderla.
Perché avrò capito che non è mai stata mia e non si può perdere quel che non si possiede, e quando arriverà quel momento, mi sentirò adulto a sufficienza da non sporcarlo con parole superflue, le stesse che oggi scivolano fuori dalle labbra in un sussulto d’insicurezza.
Allora avrò smesso di scrivere lettere cercando il suo stupore e mi basterà sentirla fra le mani, senza cercare il futuro per piegarlo ai miei desideri.
Quando balleremo di nuovo, avrò gli occhi di un uomo e i miei anni avranno valore anche sul fondo della mia anima, che basterà a sé stessa. E avrò capito davvero di cosa sono fatto.
Il giorno in cui balleremo di nuovo avrò smesso di misurare gli istanti e me stesso; non avrà importanza che lei mi ami o meno, perché sarò lì con lei e non per lei.
Sarò lì con lei, per me.
E riuscirò a vedere i suoi colori e sentirne il profumo senza chiudere gli occhi.
E avrò smesso di far aspettare il cuore, che invece ascolterò anche di giorno.