Numero 26 – NOVEMBRE 2016

Compagni di scuola

di Giampaolo Giudice

 

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“Campeonato de futbol de Colle Oppio #5” di Bartolomeo Pampaloni

Lenzuola chiare ricamate dalle prime luci di un nuovo giorno. La stanza riprende colore mentre il buio in fuga diventa condensa sui vetri che separano i due ragazzi da quel che rimane della notte.

Lui la guarda come un piccolo tesoro di cui avere cura, segue il suo respiro. L’aria entrare dalle narici e riempire di vita ritmicamente il suo ventre. La pelle gioca con ombre e luci nella danza delle pulsazioni.

Ipnotizzato dal movimento, dalla meraviglia di un corpo vivo. Pelle tesa a vestire la carne attraversata dagli spasmi di un sogno sconosciuto; occhi guizzanti dietro palpebre lisce su cui il sonno proietta mondi sconfinati e segreti.

Mondi che svaniscono lentamente, schiarendo nella luce crescente filtrata dalle tende. Occhi che si aprono lentamente, una carezza sul viso. Pupille ancora abituate al buio si stringono sulle sue parole.

– Sei sempre stata qui…Continue reading


Feuilleton Il passaggio in macchina – parte quindicesima

di Alessandro Xenos

Episodi precedenti

"Noir" di Elias Palidda
“Noir” di Elias Palidda

Nell’appartamento di Jérôme, Estelle e Adrien tacevano la loro apprensione aspettando la notizia dell’avvenuta consegna del corpo. Mancavano poco meno di due ore all’ora dell’appuntamento. Entro mezzanotte al numero 14 dell’Impasse dei lillà a Montreuil. Altrimenti avrebbero fatto la stessa fine di Miguel Nigredo, forse anche peggiore, si disse Estelle. La tramontana, che in quelle zone prendeva il nome di Cers, prese a soffiare con insistenza sui vetri e a dare vita a tutti gli oggetti inanimati del giardino.

– Se durerà tre giorni possiamo ritenerci fortunati, altrimenti saranno sei e nel peggiore dei casi nove. Sapete che dicono gli anziani? Che questo vento fa diventare la gente matta! Per me è vero, a volte è talmente forte da farmi venire il mal di testa.

Così dicendo Ruben tirò fuori un paio di dadi e li lanciò sul tavolino guardando in direzione di Sebastian, che non esitò a raccogliere la sfida. La presenza del suo capo aveva ammansito Jérôme che, dopo aver posato la pistola su una mensola della mega libreria design, si stava servendo un bicchiere di whisky giapponese. Adrien seguiva tutta questa scena surreale dalla sua cecità, pensando che se non avessero trovato un modo di uscire da lì sarebbero morti quella sera stessa: anche se la consegna fosse arrivata in tempo Ruben non avrebbe mai lasciato in giro così tanti testimoni dei suoi crimini. Prese la mano di Estelle e sussurrò:

– Quanto è lontana la pistola dal divano?

Estelle lo guardò come per dirgli di non pensarci nemmeno…Continue reading


Respiri

di Donatello Cirone

Piccolo Sud #34 di Emiliano Cribari
“Piccolo Sud #34” di Emiliano Cribari

Lontano dalla stazione, in una stanza di un appartamento vecchio, cinque respiri si alternavano, fiati e ottoni che musicavano la noia e l’inutilità di nascere e di crescere, di piangere e a volte di ridere, di respirare e di trovarsi proprio come in quel momento a sudare appiccicati l’uno all’altro in una stanza lontana dal centro. Isolati e costretti a vivere in una stanzetta piccola e arredata male, tutti stesi su di un letto scomodo a raccontarsi pene d’amore e sogni da vivere. Era l’adolescenza che li aveva abbracciati da un paio d’anni, cinque respiri nati da tre fratelli, tutti e cinque quasi coetanei.
Nella stanza accanto, immobile, nonno Graziano leggeva il calendario Barbanera e contava i giorni che gli restavano, Nonna Tania si vestiva. Il loro ritratto da giovani si era ingiallito.

In fondo alla strada Linuccia intrecciava peperoni, una meravigliosa collana rossa che avrebbe adornato a festa le strade, i visi dei passanti, madonne perse di notte lungo quelle vie di periferia, dove si alternavano, proprio come respiri, gioventù e vecchiaia, giorno e notte. Linuccia e Olga, una di giorno a intrecciare peperoni, l’altra di notte a sorridere, salire e scendere da macchine pulite, a svuotare portacenere, a riempirsi l’anima di lacrime. Linuccia di giorno rideva e aspettava qualcuno alla sua porta, Olga di giorno dormiva…Continue reading


L’oratore

di Iacopo Accinni

 

oratore
“L’oratore” di Célia Bergougnan

 

Anche qui davanti, prego. Ci sono numerosi banchi vuoti. Prego. Potete prendere posto. Qui, qui, ho detto qui. Ci sono posti liberi. Avvicinatevi, cari. Avvicinatevi. Venite. Benissimo. Eccoci qui. Sah. Sah. Mi sentite? Benissimo. Poi sarà meglio, ci aiuterà nel raccoglimento, chiudere le porte in fondo, di modo che i rumori del traffico e della strada non ci distolgano in questo momento di raccoglimento. È superfluo ricordarvi che se vi sono dei telefonini accesi sarebbe opportuno, almeno nella casa del Signore, spegnerli. No? Ricordatevi, niente cellulari. Vi ringrazio. Ed ora: nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. La grazia del Signore Nostro, Gesù Cristo, l’amore del Dio Padre, la comunione dello Spirito Santo sia con tutti voi… e con il tuo spirito (coro). Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo nel Signore. Amen (coro). Ebbene, miei cari, lo ha detto San Paolo e lui sì che era uno che si sentiva vicino al Signore. Questo nell’umiltà dell’uomo di grande fede che sapeva come il dono di Dio e del suo amore, sempre abbondanti ed infiniti, siano con noi e per noi. Certo, che volete che vi dica, ce ne renderemo pienamente conto solo una volta che saremo al cospetto di Colui che tutto muove. Morti? Mi ha chiesto innocentemente un giovane l’altro ieri, durante il nostro incontro di catechesi settimanale. Ebbene, che volete che vi dica. Ovviamente che “morti”. Come morto è oggi il nostro caro ed amato fratello Carlo, qui presente. Oggi è il suo funerale. Ma vi dico gioitene, amici miei, gioitene. Perché oggi Carlo rinasce. Rinasce con nostro Signore e per nostro Signore. Iniziamo la messa funebre. Raccogliamoci e preghiamo…Continue reading

 


La casa di luce

di Fabio Cardetta

 

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“Lucio 1988” di Nicola Lonzi

Rubai il codice dal mio coinquilino russo.
Con candore me l’aveva chiesto la donna croata.
Il mio coinquilino lavorava per lei, per delle faccende oscure di cui non vorrei raccontarvi nulla. Lei gli disse che era solo per riavere accesso al conto in banca del marito morto. Ma entrambi sapevano che era una stronzata. La donna croata lo pagò molto bene. Ma, quando il mio coinquilino le chiese di più, lei optò per una soluzione diversa.
Così rubai la stringa di codice dal mio coinquilino russo.
Con candore me l’aveva chiesto la donna croata.

E andai nel suo appartamento, in una zona periferica di una città sconosciuta. E suonai al citofono, lei mi aprì il portone, con la sua voce delicata:
“Ti stavo aspettando!”
Corsi per le scale, come un giovane amante disperato, la porta s’aprì ed entrai nell’appartamento. Fu come se l’avessi già vista quella casa, da qualche parte, in un lontano passato nella mia memoria.
Era certamente la casa che avevo visto nei miei sogni… la Casa di Luce.

“Vieni su!” –  la voce echeggiò nell’androne.
La casa era completamente bianca. Anche le finestre lo erano. Una luce abbagliante mi accecava la vista, non permettendomi di riconoscere alcun oggetto intorno a me. L’ingresso era lì, credo, il soggiorno appena oltre; sulla mia sinistra una cucina bianca, alla mia destra una finestra bianca. Ma il sole era troppo forte e la luce così accecante che non riuscivo a distinguere nulla intorno a me.
“Vieni qui, caro!” – la sua voce echeggiava nella casa.
Ma non riuscivo a trovare le scale, andavo a tentoni, nessuna strada mi portava da lei. Il sole dalla finestra del soggiorno mi trafisse con un raggio iridescente…Continue reading


Altare materno

Di Giuseppe Semeraro

 

"Pictor felix #2" di Bartolomeo Pampaloni
“Pictor Felix #2” di Bartolomeo Pampaloni

Fermarsi arrendersi a volte
come alzare altissimo lo sguardo
verso il destino, come alzare
un altare un marmo bianco
per consumare nel tremendo
il tempo dell’infanzia.
Sospendere la madre
come aria benedetta
pregarla con canto nella voce
non staccarla dalla prima luce
quella che ci ha visti sbucare
al mondo gridando come pazzi.
Per madre e terra
spalancare il petto
tabernacolo di noi bambini.
Amare madre amare quel cibo
che sangue ora scorre
come fiume verso il cuore
come vena mai recisa.
Dentro qualcosa alzare pazienza
improvvisare un altare
bruciare…Continue reading


La sirena

di Ferruccio Mazzanti

“Ragazza col ventaglio” di Andrea Bondini

Scade il sole e si bagnano

i seni ilari

accesi

diffusi

di queste varie

scalze lune

popolate da scherni di sangue

di chi non dispera

più

sulle tue labbra…Continue reading


La vasca

di Marco Brion

 

Luci della Rivoluzione di Andrea Bondini
“Luci della Rivoluzione” di Andrea Bondini

Stiamo dentro la vasca, in due.
Le mie gambe stanno contro i bordi, le sue raccolte – con le ginocchia fuori.

Isolette ossute, pallide, perse in un mare di schiuma e sapone.
Guarda che non dovevi farmi entrare per forza – mi dice stralunando gli occhi, Quindi evita di ti sentirti in obbligo, ok?
Io dico Vabbé a giochi fatti – nel senso, ci siamo dentro, no? Sguazziamoci ormai. E sia chiaro, non è che lo dico per scherzare, anzi.
Lei però scuote la testa, tiene le labbra tutte strette e gli occhi così, spalancati.
Ce la sta mettendo tutta per non ridermi in faccia.

I suoi capelli sono zuppi, raccolti in ciocche scure galleggianti. Sta con le spalle sott’acqua, il mento affilato che beccheggia a pelo.
Abbiamo evitato le candele. La luce spietata del lampadario illumina ogni piega, ogni minima traccia di imperfezione nel suo corpo, figuriamoci il mio, e così siamo imbarazzati, si deve chiacchierare per forza…Continue reading

 


Raccontami qualcosa di fresco

di Fiorella Malchiodi Albedi

 

"Silence" di Aria Ann
“Silence” di Aria Ann

Via di Montesacro costeggia un piccolo colle, le cui pendici, molto ripide, sono ricoperte da una fitta boscaglia. Lasciata a se stessa, la vegetazione è ormai un intrigo impenetrabile di rami e ci si sorprende che a un passo dal traffico di piazza Sempione, e dal vociare confuso del mercato, ci sia uno spicchio di natura così selvaggia.

In quel groviglio di rovi, il fresco della notte rimane intrappolato e anche nelle estati più torride, passandoci vicino di mattina, si avverte un refolo meno afoso che trasuda dal fogliame. Recandosi al lavoro, dopo una notte passata nell’appartamento arroventato, Enzo rallentava il passo lungo il pendio del colle e si godeva quell’aria leggera che per un attimo lo rinfrescava. Poi riprendeva la strada, ritemprato e di umore migliore. Era un uomo di buon carattere, che riusciva a cogliere il lato positivo delle vicende quotidiane e sapeva accontentarsi. Pensava che se avesse chiesto poco al destino, il destino avrebbe chiesto poco a lui, una filosofia un po’ spicciola e priva di giustificazione razionale, se ne rendeva conto, ma che in fin dei conti fino allora aveva funzionato, e se la sua vita si era snodata senza grandi felicità, è vero, ma priva di forti delusioni, pensava fosse grazie al suo atteggiamento di remissiva accettazione. Contegno ben diverso da quello di sua moglie Carla, perennemente insoddisfatta e adirata con il mondo intero, che sembrava sempre reclamare qualcosa di cui si sentiva in diritto e che le veniva negato, come un lavoro più interessante, una maggiore agiatezza economica, e forse, questo non lo diceva, ma Enzo lo sospettava da tempo, un marito meno qualunque. Cosa che spingeva gli amici a domandarsi come mai si fossero unite due persone così diverse e con un atteggiamento opposto nei confronti della vita. A volte se lo chiedeva anche Enzo, ma era passato tanto tempo, il ricordo di quello che lo aveva attratto in Carla quando si erano conosciuti si era fatto piuttosto vago, e ormai, tra le tante cose su cui posava il suo sguardo paziente e rassegnato, c’era anche il suo matrimonio.Continue reading


 

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