L’oratore
di Iacopo Accinni

Anche qui davanti, prego. Ci sono numerosi banchi vuoti. Prego. Potete prendere posto. Qui, qui, ho detto qui. Ci sono posti liberi. Avvicinatevi, cari. Avvicinatevi. Venite. Benissimo. Eccoci qui. Sah. Sah. Mi sentite? Benissimo. Poi sarà meglio, ci aiuterà nel raccoglimento, chiudere le porte in fondo, di modo che i rumori del traffico e della strada non ci distolgano in questo momento di raccoglimento. È superfluo ricordarvi che se vi sono dei telefonini accesi sarebbe opportuno, almeno nella casa del Signore, spegnerli. No? Ricordatevi, niente cellulari. Vi ringrazio. Ed ora: nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. La grazia del Signore Nostro, Gesù Cristo, l’amore del Dio Padre, la comunione dello Spirito Santo sia con tutti voi… e con il tuo spirito (coro). Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo nel Signore. Amen (coro). Ebbene, miei cari, lo ha detto San Paolo e lui sì che era uno che si sentiva vicino al Signore. Questo nell’umiltà dell’uomo di grande fede che sapeva come il dono di Dio e del suo amore, sempre abbondanti ed infiniti, siano con noi e per noi. Certo, che volete che vi dica, ce ne renderemo pienamente conto solo una volta che saremo al cospetto di Colui che tutto muove. Morti? Mi ha chiesto innocentemente un giovane l’altro ieri, durante il nostro incontro di catechesi settimanale. Ebbene, che volete che vi dica. Ovviamente che “morti”. Come morto è oggi il nostro caro ed amato fratello Carlo, qui presente. Oggi è il suo funerale. Ma vi dico gioitene, amici miei, gioitene. Perché oggi Carlo rinasce. Rinasce con nostro Signore e per nostro Signore. Iniziamo la messa funebre. Raccogliamoci e preghiamo.
La grazia del Signore Nostro, Gesù Cristo, l’amore del Dio Padre, la comunione dello Spirito Santo sia con tutti voi… e con il tuo spirito (coro). Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo nel Signore. Amen (coro).
Carlo è arrivato a questo passo. E, in questo preciso istante, tra tutti noi è quello che ne sa di più delle cose di Dio. Si trova nella condizione di poter dire al Signore, grazie per tutto il bene che ho passato nella mia vita; nelle condizioni di poter dire, grazie Signore, ti domando perdono per quando non me ne sono accorto; nella condizione di poter dire, grazie Signore per la vita che mi hai dato ed infine tolto. La stessa cosa, faremo noi ora, in punta dei piedi. Rendiamo grazie al Signore. Insieme domandiamo a nostro Signore il perdono perché tutte le grandi cose, quelle belle ed importanti che la vita ci può offrire, possiamo, scusate (colpo di tosse), possano essere un’occasione di riappacificazione con Egli, ma prima ancora con noi stessi. Forza, miei cari, possiamo noi approfittare della sua Provvidenza, della sua bontà. Insieme chiediamo perdono per le nostre insufficienze ed i nostri peccati.
Signore tu sei la speranza del mondo, abbi pieta di noi…
… o Signore Pietà (coro).
Cristo tu sei la luce eterna sul nostro cammino, abbi pietà di noi…
… o Signore Pietà (coro).
Signore tu sei fonte perenne di vita, abbi pietà di noi…
… o Signore abbi Pietà (coro).
Dio Onnipotente abbia misericordia di noi, perdoni i nostri peccati, ci conduca alla vita eterna…
… Amen (coro).
Preghiamo. Dio, Padre misericordioso, tu ci dai la certezza che nei fratelli defunti si compia il mistero del tuo figlio morto e risorto. Per questa fede che professiamo, concedi al nostro fratello bene amato, Carlo, che si è addormentato in Cristo, di risvegliarsi in Cristo, nella gioia della resurrezione, per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo figlio. Egli è Dio, vive e regna con te nello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli…
…Amen (coro).
Ora sedetevi. Voglio leggere le parole scritte dai figli di Carlo, qui riuniti con noi e che umilmente ci hanno fatto dono così grande di condividere il loro grande ed unico dolore. Ve ne rendiamo grazie.
Il mio papà aveva tante passioni. Lo sci e il suo ski club… Lo sci e i suoi fuori pista di neve fresca… Lo sci e le tante gare che vinceva (un leggero affanno). Lo sci è quando sciava portandomi nello zaino. Da sopra gli dettavo il tempo, battendo sulle sue spalle… un, due… un, due… (un strepitio di commozione, smorza l’ugola. La toga da cerimonia gli va stretta)… lo sci e la montagna… (ora l’affanno si fa più cadenzato. Manca aria)… la montagna e le lunghissime escursioni che faceva… lassù fino in cima… il rifugio… vittoria… papà e le sue esplorazioni… i suoi viaggi… e di nuovo la montagna… la montagna e la natura… la natura e le gite… i pic-nic ed i prati di pezza… alla ricerca dei funghi… la natura e la sua piccola ma grande fattoria.. i suoi fiori… il suo bosco… i suoi ulivi e la sua mimosa. La natura ed il biologico… il biologico e la sua grande passione per la piantagione di fejoa… la pianta del suo percorso di vita… il suo modo di camminare, di girovagare… la sua testa sempre tra le nuvole… lo yoga… lo yoga come ricerca dell’armonia… lo yoga, ma anche il movimento… il ballo come momento di dialogo e di scambio… con tutte queste passioni, il mio papà ci ha riempito la vita… grazie per tutte queste tue passioni. Il mio papà è e sarà una persona originale e fuori dal comune. Grazie papà.
Caro Papà, ci hai lasciato senza parole. Del resto c’era da aspettarselo da te… tu che ne hai combinate di tutti i colori nel corso della tua movimentata esistenza. Il sorriso che è rimasto impigliato nel tuo viso, sembra dirci che sia tutto uno scherzo. Fra poco, elegante e sorridente, entrerai da quella porta e… (pausa). Papà! Io ti ho sempre visto così forte, grande e bello (pausa)… il mio papà… ero sicura che avremmo avuto tanto altro tempo per stare insieme… ero sicura che ci sarebbero state tante altre feste nella tua casa in campagna… ero sicura che avresti insegnato a Viola e Marco a sciare (manca nuovamente il fiato, la voce inizia a strozzarsi)… ero anche certa che avremmo discusso innumerevoli altre volte… sì, perché la tua caparbietà era anche il tuo limite… ma prima di tutto la tua forza… tenacia e determinazione… le stesse con cui hai costruito una baita incantata a pochi chilometri dal caos della grande città… quella stessa città che molto ti ha dato… molto ti ha tolto. Sempre con umiltà su quella terra hai coltivato per anni un frutto esotico che nessuno conosceva. E con umiltà hai continuato a lavorare fino all’ultimo giorno. Da milanese doc, anche se romano d’adozione, forse per amor di cuore, eri laborioso, solerte ed instancabile… proprio come il nonno. In questi giorni concitati, papà, abbiamo ricevuto l’abbraccio affettuoso di amici e parenti… schegge di vita, aneddoti e ricordi di cui non eravamo a conoscenza o che avevamo saggiamente riposto in un cassetto. Papà tu sei questo e molto altro. Non ti dimenticheremo.
Vengo a sedermi tra i banchi della chiesta di Santa Chiara ogni volta che posso. Circa due o tre volte a settimana. Mi sento a casa, niente più. Amo il forte odore dell’incenso lungo la navata centrale dove ad aleggiare e a giocare rimane solo un non so che di innocente. La morte, deduco. Per la precisione vengo a sedermi tra gli ultimi banchi, in fondo a destra. Proprio lì dove si prendono in prestito pagine ai Vangeli per riporvi con cura la gomma americana a lungo ciancicata prima della comunione. Non ho mai sopportato gli inginocchiatoi. Per l’appunto, fanno solo male alle ginocchia. Mi siedo e mi allento la cintura dei pantaloni. La stringo sempre più del dovuto. Respiro nella mia penombra ed aspetto. Pretendo che l’effetto della sbronza abbia i suoi ultimi rimasugli e per questo, non so se per altri, vengo ad ascoltare imperterrito quell’uomo. Oggi indossa una toga color viola. Cosa ci accomuna? Siamo entrambi rassegnati ad accettare il fatto che esista una domanda alla quale non vi è assolutamente alcuna risposta. E poi? Più che apatia e noia, è un forte senso di inadeguatezza che mi perseguita ogni sacro santo giorno. Ho un lavoro più che ottimo e so leggere i numeri meglio di una chiromante. Le droghe posso dire di averle provate tutte e sono uno di quelli che può facilmente non annoiarsi. Insomma, sono uno fortunato. Almeno è quello che mi dicono. Possiedo cose, pensieri e, ancor meglio, persone. Ma, come in qualsiasi storia che non sia una favola, c’è un ma e questo “ma” mi divora costantemente. Non sapendo darvi soluzione o rimedio che sia, vengo qui, mi adagio ed aspetto. Da piccolo andavo a sdraiarmi tra le erbe alte dei campi. A tutti i costi volevo contare il battito delle ali delle farfalle. Uno, due, cinque, dieci. Non ci sono mai riuscito. Ed ora faccio lo stesso con i miei vicini di esequie. C’è chi batte le palpebre di rado, chi prega ad occhi chiusi. Zero punti per questi ultimi. Quando invece incontro un fedele con una qualche forma di tic facciale, allora si può ben affermare che ho fatto jackpot. Oggi è una buona giornata per il sottoscritto. Ci sono ben due disabili ed un vecchio uomo affetto dalla malattia di Parkinson. Terminata la cerimonia, rimango seduto e pretendo che tutti mi guardino ed abbiano pietà di me. Godo nel vedere il dubbio sorgere sul volto delle persone che incrociano il mio sguardo calmo ed indifferente. Non capire se sia un conoscente od un parente. Forse un amante. Ebbene sarò l’ultimo ad uscire dalla funzione religiosa. Dietro di me solo l’oratore, il prete, il capitano che non abbandonerà mai quella nave, in balia dell’oblio e dei ricordi.
– Ed anche questa è andata, esclama uno dei presenti sulla scalinata d’ingresso. Anche questa è andata, sospiro e me ne vado.