Numero 26

Respiri

di Donatello Cirone

Piccolo Sud #34 di Emiliano Cribari
“Piccolo Sud #34” di Emiliano Cribari1

Lontano dalla stazione, in una stanza di un appartamento vecchio, cinque respiri si alternavano, fiati e ottoni che musicavano la noia e l’inutilità di nascere e di crescere, di piangere e a volte di ridere, di respirare e di trovarsi proprio come in quel momento a sudare appiccicati l’uno all’altro in una stanza lontana dal centro. Isolati e costretti a vivere in una stanzetta piccola e arredata male, tutti stesi su di un letto scomodo a raccontarsi pene d’amore e sogni da vivere. Era l’adolescenza che li aveva abbracciati da un paio d’anni, cinque respiri nati da tre fratelli, tutti e cinque quasi coetanei.
Nella stanza accanto, immobile, nonno Graziano leggeva il calendario Barbanera e contava i giorni che gli restavano, Nonna Tania si vestiva. Il loro ritratto da giovani si era ingiallito.

In fondo alla strada Linuccia intrecciava peperoni, una meravigliosa collana rossa che avrebbe adornato a festa le strade, i visi dei passanti, madonne perse di notte lungo quelle vie di periferia, dove si alternavano, proprio come respiri, gioventù e vecchiaia, giorno e notte. Linuccia e Olga, una di giorno a intrecciare peperoni, l’altra di notte a sorridere, salire e scendere da macchine pulite, a svuotare portacenere, a riempirsi l’anima di lacrime. Linuccia di giorno rideva e aspettava qualcuno alla sua porta, Olga di giorno dormiva, si riposava, poi di notte come una serpe stanca si aggirava per quelle vie, trascinandosi dietro le ossa, il tanga rosso, i collant bucati, le labbra colorate, il fondotinta avorio, l’eyeliner glitterato, la speranza. Linuccia a sera rientrava in casa, sistemava le sue collane sul tavolo, si lavava, mangiava pane e strutto e si addormentava sola.

Nell’appartamento accanto, allo stesso orario, Michelino si sedeva sul letto, poggiava la sua stampella accanto al comodino e si addormentava, avrebbe russato fino alle quattro poi si sarebbe svegliato e si sarebbe preparato per il suo banco, la sua sedia bianca, il brillare del pesce sotto i raggi di un sole mai clemente. Michelino chiudeva la porta e Olga rincasava, con le gambe rosse, il viso stropicciato da mani troppo callose, con le dita sporche, la bocca da lavare. Dopo la doccia, stravolta, cadeva in un profondo sonno, disperato, incubi le inondavano la testa, le bagnavano gli occhi chiusi, lacrime dense le macchiavano il viso, scendevano veloci come l’acqua che Michelino usava per lavare i pesci sul suo bancone, che luccicava al sole mai clemente. Acqua salata che corrodeva le mani di Michelino che deturpava, per sempre, il viso bello di Olga.

Lontano dalla stazione, in una stanza di un appartamento vecchio, cinque respiri si alternavano, in una fioriera una begonia bianca traboccante di vita esplodeva e penzolava dalla terrazza di Michelino, Titina la cagna di Linuccia allattava i suoi tre cuccioli, le rondini che avevano fatto il nido sotto il cornicione di Olga cinguettavano affamate, sarebbero andate via in settembre, verso altri luoghi, altre strade, altri paradisi. Olga avrebbe aspettano la prossima estate, per vedersi sotto il cornicione altre rondini e riascoltare altri cinguettii.

 

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¹ “Piccolo Sud” non è una storia, ma un archivio di ricordi fotografati in ritardo. Un omaggio alla genialità, prima ancora che alla bellezza, dell’Italia meridionale: un viaggio fra ciò che è rimasto del Sud e ciò che andato e che sta andando perso.


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