Numero 26

Compagni di scuola

di Giampaolo Giudice

 

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“Campeonato de futbol de Colle Oppio #5” di Bartolomeo Pampalon

Lenzuola chiare ricamate dalle prime luci di un nuovo giorno. La stanza riprende colore mentre il buio in fuga diventa condensa sui vetri che separano i due ragazzi da quel che rimane della notte.

Lui la guarda come un piccolo tesoro di cui avere cura, segue il suo respiro. L’aria entrare dalle narici e riempire di vita ritmicamente il suo ventre. La pelle gioca con ombre e luci nella danza delle pulsazioni.

Ipnotizzato dal movimento, dalla meraviglia di un corpo vivo. Pelle tesa a vestire la carne attraversata dagli spasmi di un sogno sconosciuto; occhi guizzanti dietro palpebre lisce su cui il sonno proietta mondi sconfinati e segreti.

Mondi che svaniscono lentamente, schiarendo nella luce crescente filtrata dalle tende. Occhi che si aprono lentamente, una carezza sul viso. Pupille ancora abituate al buio si stringono sulle sue parole.

– Sei sempre stata qui.

Dice mentre un sorriso gli curva le labbra.

– Sei sempre stata tu, lo sapevo da sempre. L’ho capito quando ti ho vista la prima volta a ricreazione. A scuola ero troppo timido e stupido per avvicinarti. Tu vivevi una vita impregnata di sorrisi, come se i voti non ti preoccupassero. Come se non ti preoccupasse nulla di tutto quello che a me sembrava trasformarsi in tremenda fatica. Eri bellissima ai miei occhi. Ieri come oggi.

Mi sento un uomo fortunato ed ancora stento a crederci, che tu sia qui vicina a me, a guardare il sole nascere al di là dei vetri di quest’autunno umido. Ho desiderato per tutto il liceo che ti accorgessi di me. Ti rendi conto di quale sogno hai realizzato il giorno che accettasti il mio invito ad uscire?

Quel giorno mi ero sorpreso a pensare a te, ai miei compagni di scuola dopo anni di silenzio dalla maturità. Così ho iniziato a comporre i nomi, per vedere fossero diventati adesso loro, e cosa stessi combinando tu. Se le vostre differenti strade vi avessero portato più vicini al vostro cuore, anche solo un po’. E sai cosa ho scoperto? Che non sapevo nulla di te, nulla di quei ragazzini seduti in nella stessa aula quindici anni fa. Ho scoperto che non sapevo nulla degli adulti che eravamo diventati sotto cieli diversi. Questo mi ha intristito teneramente, ripensando ai miei passi in questa salita di sabbia che è stata fino ad oggi la mia vita. Beninteso, non che io abbia mai fatto nulla per restare in contatto, ma è stato solo perché non mi sono mai sentito alla vostra altezza. Eravate tutti così bravi, presenti e pronti, mentre io pregavo di non svegliarmi il mattino successivo, così come avrei continuato a fare per anni. Ricordo che faticavo. Oggi non più. Forse è per questo che ti ho scritto. Per questo ora sei così incredibilmente qui, dopo aver respirato la notte in due. Così iniziai a cercare le persone che mi venivano in mente e, cercando e ricordando, mi sono accorto che aggallavano solo pochi nomi pochi dettagli, frammenti. Solo frammenti, sono solo pezzi sparsi. Eppure stavo vagando in certi posti della memoria, viali alberati fiancheggiati da tronchi segnati con nomi del passato. E’ dolcemente tagliente il ricordare alcune volte, pensare alla distanza a cui facciamo da confine. Siamo paesi distanti. Ci sono dei luoghi lontani e diversi alla luce ma che, ad occhi chiusi, si faticano a distinguere. Certi rumori di fondo, così come alcuni silenzi si somigliano un po’ ovunque. Sembrano fatti apposta per cullare, per rasserenare e fare della distanza solo una curiosa unità di misura del tempo. Non so perché mi sia venuto in mente di scriverti come se potesse interessarti. Magari è perché ho imparato che un gesto trattenuto ti marcisce dentro e ti avvelena lentamente.

Sono grato a quel gesto sconsiderato di scriverti su internet.

Sono grato, per una volta, a questo mezzo che ho sempre detestato per l’uso che se ne fa.

Sono grato alla vita per averti incontrata sul mio cammino.

Sbucata fuori da un passato che avevo dato per perduto, sei tornata nei miei giorni. Cuore di luce in un tempo sospeso. Questo tempo che si ferma davanti alle tue mani, quando ci sfioriamo la pelle. Si fermano il tempo ed il cuore sulle tue labbra, quando siamo così vicini da respirarci l’un l’altra.

Mentre parlava disegnava i contorni del viso con la punta delle dita, come se la stesse scoprendo per la prima volta in quel momento.

– In ogni altra vita io ti cercherò.

Le disse col candore di un bambino con mani da uomo.

– Non farmi del male, ti prego.

Implorarono le lacrime della ragazza.


freccia sinistrafreccia


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