L’ultima volta
Mara Abbafati

Era l’8 aprile, solo un paio di settimane e avrebbe compiuto sedici anni, quel venerdì mattina aveva deciso di farsi un regalo. Non era andato a scuola, e rientrò che ormai l’ora di pranzo era passata da un bel po’. Aprì e richiuse la porta con cautela per non farsi sentire, ma appena imboccò le scale di corsa, sua madre dalla cucina lo chiamò urlando. Finse di non sentire e si infilò sotto la doccia. Mancava poco, il ragazzo che veniva a fargli lezione di basso stava per arrivare e lo avrebbe salvato per altre due ore. Non se la sentiva proprio di affrontare i genitori, immaginava il casino che avrebbero fatto vedendo il piercing. Quel giorno suonò proprio bene, una specie di sensazione che sarebbe stata l’ultima volta gli tirò fuori qualcosa di diverso dal solito.
A cena nessuno parlava, avevano tutti la gola bruciata a furia di urlare che era stato un incosciente a farsi fare quel buco in faccia, che era minorenne, che non sarebbe più uscito la sera, che il basso se lo poteva dimenticare. Perfino sua sorella era un po’ risentita perché l’intenzione di farsi il piercing non l’aveva confessata nemmeno a lei.
Alle nove era già a letto, era stata una giornata favolosa e di merda allo stesso tempo. Si era sentito libero di fare una cosa che desiderava ma adesso, finché ai suoi non gli passava, se la sarebbe vista brutta. E questa cosa che gli avevano tolto il basso era davvero una stronzata, pensava. Che c’entra con tutto il resto continuava a chiedersi prima di prendere sonno.
La mattina dopo a colazione non guardò in faccia nessuno, prese una manciata di biscotti e se li mangiò in piedi con lo zaino sulle spalle, nessuno ebbe il coraggio di dirgli niente. Mentre masticava l’ultimo biscotto e si puliva le mani con la tovaglia, sulla pagina del Corriere che suo padre teneva in mano piegato a metà lesse: Kurt Cobain, una fine annunciata. Il leader dei Nirvana suicida… uscì di corsa sbattendo la porta più forte che poteva.