Tanti casti baci
di Donatello Cirone

I primi giorni di maggio erano arrivati insolitamente freddi e piovosi, la stazione era avvolta dall’umidità e dal silenzio, interrotto solamente dal latrare infreddolito di qualche cristo sopravvissuto all’inverno. Al binario 7 Yion dormiva raggomitolato sotto un paio di cartoni. Non tutti riuscivano a scansarlo, c’era chi, ricordando i tempi passati nella squadra di atletica lo saltava e librandosi nell’aria urlava: “Libertà“.
Al binario 5 Anna piangeva la figlia morta due giorni prima di freddo, a singhiozzi e a bassa voce ripeteva: ”Non si muore di maggio. Non si muore di notte. Non si muore al binario 5“..
Fuori dalla stazione in Via Retto, alla fermata del 33, Rosa e Vincenzino urlavano, si davano baci a schiocco, si leccavano come se si dovessero lavare il viso a vicenda, lei gli infilava le mani sotto la camicia, lui si avvinghiava al suo corpo, la strattonava, la stringeva..Continue reading
Feuilleton Il passaggio in macchina – parte undicesima
di Alessandro Xenos

L’orologio segnava le 20 e 10 quando ricevette il messaggio di conferma. « È lui ». In quell’istante una piccola insignificante nuvola coprì la lenta discesa del sole distraendo Estelle dai suoi pensieri e come un neo che magnifica la bellezza di un viso, la spinse a contemplare la limpidezza del cielo. Un’immagine ordinaria e pertanto infinitamente mutabile che solamente un dettaglio permette di rivalutare attraverso un nuovo sguardo. Ecco la direzione verso la quale dirigere le sue ricerche. Doveva capire cosa era cambiato nella sua relazione con Sebastian. L’abitudine aveva accecato il suo senso dell’osservazione e nessuna metodica costruzione investigativa le avrebbe permesso di rimediarvi. Iniziò a ripensare alle settimane precedenti, quando d’un colpo una mano toccò la sua spalla.
– Adrien! Accidenti a te, mi hai spaventato!
– Sapevo che ti avrei trovato qui, il tuo posto per riflettere. (risatina) Solo una matta come te può venire in un parco pieno zeppo di gente per trovare la concentrazione. Ho dovuto scansare almeno due palloni, un frisbee e qualche cane per raggiungerti. Puoi guardarmi sotto le scarpe e dirmi se..Continue reading
Le muet
di Gianmarco Blasi

Potenza, secondo dopoguerra. Un lucano soprannominato il biondo, da poco sposato, ha bisogno di portare il pane a casa. Emigra. Lascia la sua terra, con sua moglie, va a lavorare a casa del vecchio nemico: la Francia. Tra le cose che in valigia non ci stanno: l’olio d’oliva, la pasta di casa e, soprattutto, la nobile arte. Il pugilato. Sì, il nostro biondo è un pugile, un ottimo pugile, uno dei primi potentini ad inforcare i guantoni. Deve dire basta, sul più bello, c’è la famiglia da campare. Deve dire basta, ad un passo dal sogno, dal professionismo. Tutti quegli incontri, i pugni presi, i compagni. Deve salutare, il suo maestro, la sua Potenza, il suo amico, grande campione Rocco Mazzola. C’è la Francia. Burro per cucinare, aringhe, baguette. Una soffitta spartana, dove vivere. Il ferro da martellare. I soldi, la moglie e chi lo sa, un figlio. Ma un pugile è un pugile, lo è per natura primordiale. Il biondo va in cerca di una palestra dove tirare di boxe. La trova a Lilla.
“Non è per presunzione. Non ce n’era uno alla mia altezza pugilistica. Tutti bravi ragazzi, anche se nelle prime settimane mi guardavano in cagnesco. Quasi mi rifiutavano. Poi divenni pian piano una specie di assistente di Monsieur Philippe, il loro maestro…”Continue reading
Tabula rasa
di Mara Abbafati

Suo padre scese le scale per andare in cantina, era buio, armeggiò sulla serratura per infilare la chiave e quando finalmente riuscì ad aprire la porta fu colpito in faccia da un tanfo asfissiante. Tossì e sputò a terra un rigurgito acido che gli era risalito dalla bocca dello stomaco vuoto. Quando toccò l’interruttore la luce emise un lampo. Si era fulminata.
– Papà, non me lo voglio portare il secchiello» gridò Leo dalla cima delle rampa di scale.
– Ma ti piaceva tanto.
– Quando ero piccolo.
– Hai sette anni, sei ancora piccolo.
La cantina puzzava di muffa e di topi morti, avrebbe preferito non doverci entrare ma le cose del mare in casa non ci stavano. Leo faceva sempre i compiti sul tavolo della cucina perché nella sua cameretta non c’era spazio nemmeno per la scrivania..Continue reading
Madre tu che m’inchiodi
di Giuseppe Semeraro

madre tu che m’inchiodi
a quest’asse gelido
e nel mio cuore
cerchi una strana resa,
l’indulgenza del bene,
non immolarmi alle prediche
alle coperte del corpo
lasciami il panorama del dolore
il belvedere del rischio..Continue reading
Le ultime cispe di marzo
di Riccardo Socci

Le ultime cispe di marzo
te le sfilo con cura
dagli occhi, come virgole di troppo.
Dai fossi i lombrichi
in silenzio riprendono l’ascesa,
sotto cespugli rattrappiti
e un pigolio di elettrodotti.
Ci pesa al collo questo tartagliare..Continue reading