Tutti i particolari in cronaca
di Mara Abbafati

Le bucce delle uova sode erano tutte ammonticchiate davanti al piatto sul vecchio tavolo di formica. Addentò il secondo uovo e masticando a bocca piena si voltò verso la finestra. La pioggia leggera imperlava il vetro coperto dalla condensa e l’alba era bianca. Afferrò il bicchiere alto, pieno di latte freddo, e lo tracannò bagnandosi il bordo superiore delle labbra. Si alzò per spegnere la macchinetta del caffè che gorgogliava. Lo bevve amaro, in piedi, appoggiato al piano della cucina con una mano infilata nelle mutande. Erano le sei, aveva tempo, il matrimonio non sarebbe iniziato prima delle dieci, ma decise di vestirsi e uscire a piedi. Camminò lungo la ferrovia, aveva smesso di piovere, il cielo era compatto e sembrava illuminato da centinaia di neon pallidi. Arrivato al terrapieno continuò dritto, costeggiandolo, verso la zona industriale. Dalla tasca della giacca nera un foglio arrotolato sbucava per metà. Le scarpe erano coperte di fango tutt’intorno e alcuni schizzi grigiastri erano finiti sulle gambe dei pantaloni. Non si sarebbe potuto presentare alla cerimonia in quelle condizioni, ma ormai non pensava più di andarci.
Continuò a camminare verso la collina, la salita era piuttosto ripida e si era alzato un vento contrario. Opporsi alla pressione dell’aria sul petto lo faceva sentire forte. Sperò che quel vento non cessasse mai e che la strada fosse senza fine. Dopo ogni salita si stupiva di trovarci dietro ancora altra strada e altra ancora e proseguì meravigliandosi per quell’infinità di asfalto finché il colore del cielo si fuse con quello della strada e tutto divenne nero.
A volte non si presenta la sposa, più spesso lo sposo, ma che non si presentasse il prete non era mai capitato, commentarono i giornali locali.