Numero 18

L’arte della fuga

di Mara Abbafati

 

Santa Monica #1 di Elise Reinke
Santa Monica #1 di Elise Reinke

Nella stanza del clavicembalo lo spazio che restava era poco e i parenti vestiti di nero se ne  stavano appoggiati alle pareti. Zio Osvaldo teneva la pipa spenta stretta tra le labbra e  digrignava i denti, mentre sua moglie Elvira mangiava le polpette al sugo che si era portata in  un contenitore di plastica e si sbrodolava sulla gonna tesa dalle cosce strizzate nelle calze  contenitive color carne. Io me ne stavo nella stanza del solfeggio e guardavo le loro ombre  attraverso il vetro smerigliato della porta.
Nella vetrinetta, accanto al tavolo ovale di noce, c’erano i gatti di porcellana che mostravano le  code, e la collezione di campanellini d’argento. Dalla finestra il sibilo del vento sembrava il suono di un trombone a coulisse e faceva vibrare il vetro sottile. C’erano ventisette gatti e trentacinque campanellini, finito di contarli non sapevo più cosa fare, si avvicinava il momento in cui avrebbero chiuso la bara e saremmo dovuti andare tutti al funerale. Io avevo paura. Della chiesa e dell’incenso. Lo avevo detto a mia madre che non volevo andarci ma questa opzione  non era contemplata, mi disse lei quella mattina, mentre si allacciava il fiocco della camicetta di  seta blu di Prussia.
Mi nascosi sotto al tavolo, accucciato per terra con le ginocchia strette al petto «Voglio sparire, voglio sparire, voglio sparire» sussurravo guardando il mio riflesso sulla vetrinetta. Di là iniziò il trambusto, stavano portando la bara fuori dal portone, sentii il cigolio del paletto a  leva che non veniva toccato da chissà quanto tempo e le voci dei becchini che si davano  indicazioni per districarsi sul pianerottolo, e mentre tutti attendevano la fine dell’operazione  stipati nella stanza del clavicembalo, io vidi pian piano sparire il mio riflesso. Sparii davvero, non  solo fisicamente ma anche dai ricordi di mia madre e degli altri parenti, perché quando tutti  corsero fuori chiudendo in fretta il portone per raggiungere il corteo funebre nessuno venne a  cercarmi.


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