Feuilleton Il passaggio in macchina – parte quinta
di Alessandro Xenos

Per qualche secondo la vista le venne a mancare, la rabbia le gonfiava gli occhi e le tempie. Fu l’abitudine a riportarla a casa quasi priva di forze. Per la prima volta Estelle si sentiva impotente di fronte agli eventi della sua vita. L’uomo con cui aveva condiviso gli ultimi due anni era sparito ancora una volta dietro vaghe parole che avevano l’odore dell’ennesima impostura. Mise in carica il cellulare e si sdraiò sul divano con lo sguardo puntato al soffitto. Ripensò alla telefonata di qualche ora prima, le poche parole scambiate e le sue grida che non sembravano raggiungerlo. Di colpo balzò in piedi e si diresse verso la camera da letto. Rovistò nell’armadio, sotto il materasso, ovunque ci potessero essere oggetti lasciati da Sebastian. Trovò due magliette, una decina di calzini spaiati e un chullo, ma niente che le potesse dare un nuovo indizio. Dette un altro sguardo allo zaino dove aveva trovato il passaporto di Miguel Negredo e scovò due pacchetti di sigarette vuoti comprati ad Andorra. Niente di niente insomma. Tornò in salotto con i pensieri mozzati dal dubbio e istintivamente prese il telefono per chiamare Claire. Sentiva la necessità di parlare con un’amica.
– Claire?
– Bella, ciao! come stai? che è questa storia, che è successo?
– Non ne so ancora molto, ma c’è di mezzo un tipo colombiano, ho trovato il suo passaporto nello zaino di Sebastian.
– Miguel Negredo?
– Sì, come lo sai?
– Ho letto il foglio che avevi lasciato in salotto, mi sembrava strano infatti…
– Ah, sì, guarda lasciamo stare. Questa storia comincia a preoccuparmi. Sebastian mi dice che se ne va per qualche giorno senza darmi spiegazioni, poi scopro il passaporto e infine Momo che fa finta di non saperne niente.
– Ma di che si tratta?
– Non ne ho la minima idea, Sebastian ti è sembrato diverso ultimamente? Non ti ha detto niente di strano?
– Non che mi ricordi, l’ho visto talmente poco… ah, aspetta, l’ho incrociato l’altro giorno in piazza Albert I con Momo, stavano litigando, ma quando mi sono avvicinata hanno smesso subito. Non sono riuscita a capire di cosa stavano parlando, ho sentito solo che Momo gridava « ma come cazzo pensi di recuperarla? »
– Ha detto proprio così?
– Si, si, poi mi hanno visto e si sono messi a scherzare…
– Quello stronzo di Momo! Sa tutto e non mi dice niente! E’ evidente che devono recuperare qualcosa da qualcuno, dell’erba probabilmente. Ma perchĂ© Momo si preoccuperebbe tanto? No, no, c’è qualcosa di più… senti ti lascio, vado a fare un giro nel quartiere. Tu tutto bene?
– Si, si, sono in macchina, sto andando a Parigi.
– Ah giĂ , è vero, come va?
– Tutto bene, mi stavo riposando un po’. Il viaggio è lungo, ma ho trovato un guidatore simpatico.
– Mi fa piacere, dai ci sentiamo, un bacione.
– Baci.
Claire non poteva dirle che anche lei si trovava in una situazione delicata, che stava viaggiando con un morto nel bagagliaio e che il guidatore simpatico era in realtà un trasportatore funebre, probabilmente psicopatico. Quando si girò per guardarlo si accorse che la stava fissando. Il suo sguardo era cambiato, la sua aria vagamente gentile era diventata d’un tratto seria. Per la seconda volta da quando erano partiti le rivolse la parola.
– Era una tua amica?
– Si, la mia coinquilina, perchĂ©?
– No, così, sembravi preoccupata. Sta bene?
– Sì, ha qualche problema col suo ragazzo, ma sta bene.
– Ok, meglio così.
Nicolas alzò il volume della musica e tornò a guardare la strada. Stavano passando Almost cut my hair, una canzone che Claire adorava. Questa volta però la musica non bastò a distrarla. Le elucubrazioni sulla storia del passaporto viaggiavano a gran velocità nella sua mente. La conversazione tra Momo e Sebastian, Miguel Negredo, Estelle inquieta come non l’aveva mai sentita prima. Tutto era troppo vago, non riusciva ancora a formulare delle ipotesi coerenti. Inoltre, l’aria inquisitrice di Nicolas non l’aiutava a riflettere, perché si era interessato tanto alla sua conversazione?
In quel momento il telefono appoggiato sul cruscotto suonò brevemente e Claire non poté fare a meno di sbirciare. Un messaggio di Sebastian. Non riuscì a leggerne il contenuto.
Quel Sebastian? No, non è possibile, forse aveva letto male e si trattava di un Sebastien, alla francese. Eppure era sicura di aver letto Sebastian. Ma anche se fosse stato così, chissà quanti ce n’erano in Francia, con tutti gli immigrati spagnoli di prima e di seconda generazione…
Il suo battito accelerava di pari passo con la sua ansia. Nonostante il freddo glaciale dell’abitacolo delle gocce di sudore cominciarono a formarsi sul suo naso. Guardò l’orologio, le 18. Erano passate solo due ore da quando erano partiti. Cazzo, in che situazione mi sono messa? Scrutò di nuovo Nicolas e quelle sue sopracciglia fitte alla Naruto. Devo fuggire, pensò.
– Ehm, scusa, ma non mi sento tanto bene, ti dispiace se facciamo una pausa?
Il suo sguardo vitreo la fulminò per un attimo.
– Certo, alla prossima area di servizio mi fermo.
– Grazie.
Ormai non aveva più voglia di fare sforzi per essere gentile. Un malessere acido le rimontava l’esofago. Trovare un altro passaggio, chiamare la polizia. Oppure fuggire in direzione della campagna. Non avrebbe fatto notte prima delle 21. Camminando per tre ore avrebbe trovato sicuramente un villaggio. Vide un cartello. Aire de Lafayette a 20 km. Non ho molto tempo. Devo escogitare un piano.
(continua sul prossimo numero)