solo silenzio, niente più
di Luigi Balice

Ce ne sono a centinaia di cieli
La notte ci indicherà i sotterranei obbligati che nasconderanno le stelle
Cerco vie di fuga per non trovarmi a tu per tu con aspettative non mie.
Non voglio abbracciarti, non voglio vederti
vaffanculo a tutti i gesti banali che mettono il punto e a capo,
creano reazioni a catena.. Continue reading
i melograni
rubrica di Luca Saracino
Allegoria
Ho strappato le foglie dagli alberi del parco
e i rami secchi, quelli della siepe lungo la via
che percorro ogni sera di ritorno da lavoro.
Rientrato in casa ho subito messo a bruciare
l’incenso, ripiegato i pantaloni seguendo
con precisione la riga..
Un domani
Una spiga di lavanda, le persiane socchiuse per il sole dell’87.
Poi cambiare casa, avere una stanza in più per la sorellina, un
domani vedrai, un domani faremo.
Stavo seduto in cima al frigo indossando un gilet verde e i
capelli di John Lennon..Continue reading
Feuilleton Il passaggio in macchina – parte quarta
di Alessandro Xenos

Nel frattempo in rue de la Merci i passanti si erano fermati a guardare una scena piuttosto insolita. Una ragazza esile con i capelli scuri come il Vantablack stava prendendo a calci un portone talmente mal ridotto
che sembrava dover venire giù da un momento all’altro.
«Aprite coglioni o vi spacco questo pezzo di legno che chiamate porta! Tu puta madre!! ». Era Estelle, in tutto il suo splendore. Il portone apparteneva alla casa in cui vivevano Sebastian e i suoi cinque coinquilini. Il campanello era sempre stato rotto e il telefono di Estelle non aveva più batteria. Data la sua collera, quello le era sembrato il modo più gentile per comunicare la sua presenza. Dall’altra parte del marciapiede un’anziana signora dal viso avvizzito e la schiena ricurva la fissava con un’espressione di disgusto riflettendo all’ipotesi di chiamare la polizia. La “Rabbina”, come l’avevano amicalmente soprannominata i giovani del quartiere a causa dei suoi ricciolini..Continue reading
The badge
di Donatello Cirone

Giorno 24 – Badge 25
I piedi si intrecciavano uno dietro l’altro, pestavano tutto quello che incontravano senza pietà, con forza si scontravano contro la suola che si deformava a ogni colpo, non erano colpi d’amore, quelli che fanno restare fermo il cuore, che gonfiano vene e polmoni, ma colpi violenti, senza clemenza. La pianta del piede di Sergio si arrossava, bolle si gonfiavano come palloncini in bocca a pagliacci muti, i tendini si allungavano con innaturalezza, le cosce invece si indurivano, sudava fra le chiappe, il sudore colava suicida e si incanalava, la fronte luccicava,la barba ispida si ammorbidiva. Una lunga corsa verso quel movimento fulmineo, un richiamo primordiale alla magia della creazione, il badge che striscia fra due lembi d’acciaio..Continue reading
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Il buco
di Mara Abbafati

«Il buco s’è mangiato il gatto!» gridai correndo giù per le scale alle sei del mattino.
«Luca, hai fatto un brutto sogno» disse mio padre appena rientrato dal lavoro – in estate faceva il portiere di notte nella Pensione Kelly per arrotondare.
«No! Il buco s’è mangiato il gatto, papà, per davvero».
Mio padre non volle proprio credermi, eppure era vero. Il buco che c’era dentro l’armadio a muro della mia stanza si era mangiato Gnoccofritto. Era successo più o meno intorno a mezzanotte: io ero da solo a casa con la nonna ma non dormivo perché faceva troppo caldo, stavo sotto al lenzuolo a leggere i fumetti con la torcia, Gnoccofritto era sdraiato ai piedi del letto e russava. A un certo punto mi sono alzato per andare al bagno e mentre tornavo nella mia stanza vidi il gatto che entrava nell’armadio, mi avvicinai per riprenderlo e chiudere l’anta ma non c’era più, l’unico posto dove poteva essere andato era il buco, ma nessuno mi voleva credere. Cercarono di convincermi che quello era solo un buco nel muro..Continue reading
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Il regista dimenticato
di Pietro Pancamo

Esitò, quando il meteo tacque. L’occasione era propizia –si rese conto, spegnendo la radio–, ma la forza per attuare il “piano” (peraltro già studiato e preparato da tempo) tardò a presentarsi, lì per lì. L’anima non s’atteggiava all’ardimento, per dirla col poeta. Oh nessun problema, ad ogni modo, perché eccolo il rimedio: scherzare fra di sé. «Lo schiocco secco del cuore che si spezza è proprio come quello di un ciac in campo», pensò, allora. E all’improvviso trovò il coraggio: un coraggio amaro, che l’accompagnò per mano alla rada solitaria. Così adesso, in quell’esterno notte che si era scelto,il regista dimenticato non voleva tornare più alla vita che lo aveva diseredato, né gli riusciva di capire se a gonfiare il genoa e spingere il piccolo cutter malandato fossero le frequenti scosse d’aria o le immagini “ondose” che il vecchio..Continue reading
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Se celebri la bellezza
di Giuseppe Semeraro

Se celebri la bellezza
trattieni il suo baratro
se il bicchiere è colmo di vino
ricordati dell’oste al brindisi
se brucia qualcosa di luce
non dimenticare la scintilla
se tu sei partito per non morire..Continue reading