Feuilleton Il passaggio in macchina – parte terza
di Alessandro Xenos
Dall’alto del suo metro e novantotto, Nicolas la scrutava con un’aria enigmatica. Aveva certamente la sensazione di impressionarla, ma non riusciva a capire se ti trattasse di un’impressione positiva. Spero che la mia altezza non la metta in soggezione, pensò.
In effetti Claire, che era alta all’incirca un metro e un barattolo, si era piantata davanti all’auto con la bocca semi aperta, la fronte grinza e le sopracciglia inarcate. Non era una persona facilmente impressionabile, ma il furgoncino e lo sguardo vitreo ricoperto da una foresta di sopracciglia di Nicolas le davano da pensare.
Come spesso le capitava in queste occasioni, analizzò rapidamente gli elementi a sua disposizione e formulò due ipotesi sullo svolgimento futuro degli eventi:
- E’ un trasportatore funebre e nel bagagliaio c’è una bara piena: il mio zaino viaggerà accanto a un morto.
- E’ un trasportatore funebre psicopatico e la bara è vuota: presto il mio zaino viaggerà accanto al mio cadavere.
Mentre rifletteva a questi scenari poco rassicuranti non si accorse di aver porto con un gesto automatico lo zaino al ragazzo. Se ne rese conto quando sentì sbattere la portiera, ma ormai era troppo tardi per poter dare uno sguardo al retro del furgoncino. Volle accennare un “ma non ce n’è bisogno, posso tenerlo tra le gambe”, ma le parole le si strozzarono in gola ripensando alla seconda ipotesi appena formulata. Lui gentilmente le fece segno di salire.
A questo punto non ebbe altra scelta che sistemarsi sul sedile anteriore fingendo di sentirsi a proprio agio. Provò ad abbozzare un sorriso, ma ne venne fuori un grugno a trentadue denti e un suono acuto stile grido di Wilhelm. Senza prestarvi troppa attenzione, Nicolas accese il motore e si immise cautamente nel traffico dell’avenue Gambetta.
Claire notò subito alcune cose. Gli interni erano tenuti perfettamente, non c’era un angolo di sporcizia o un oggetto fuori posto, l’auto sembrava appena uscita dal concessionario. La temperatura nell’abitacolo doveva essere di almeno 15 gradi inferiore a quella esterna a causa dell’aria condizionata sparata al massimo dalle bocchette. Il deodorante sullo specchietto retrovisore emanava un nauseante odore di lavanda che infestava l’aria. Nessuno di questi dettagli la rassicurò. Si disse che avrebbe dovuto ingraziarselo per saperne di più sulla sua vita. Se qualcosa non le tornava sarebbe fuggita alla prima fermata.
Erano passati almeno dieci minuti da quando erano partiti e non l’aveva ancora degnata di uno sguardo. All’imbocco dell’autostrada, Nicolas si decise infine a rivolgerle la parola.
– Stai comoda?
– Sì, grazie. E’ proprio una bella macchina, complimenti.
– Grazie.
– Lo dico seriamente, è comoda e pulita. A volte mi capita di viaggiare in delle specie di lettiere  ambulanti,   ma qui mi sento proprio a mio agio. E’ bella spaziosa, chissà quante cose ci puoi trasportare!
– Già , piace anche a me. Viaggi spesso con il covoiturage?
– Sì, almeno una volta al mese da quando sono all’università .
– Ah, vai all’università , e che studi?
– Storia contemporanea, cioè adesso ho finito e devo cercare un lavoro, ma non è facile non so ancora verso cosa orientarmi. Mi piacerebbe fare della ricerca, ma non credo che riuscirò ad avere un assegno e poi l’ambiente universitario mi ha un po’ stufato. Forse inizierò a fare la cameriera e poi chissà vedrò.
– Capito
– E tu? Dai spesso passaggi a degli sconosciuti? (sorriso intrigante)
– Sì, più volte a settimana, dipende dal lavoro.
– Che lavoro fai?
– Consegno materiale.
Avrebbe voluto chiedergli cosa consegnasse, ma il termine “materiale” l’aveva talmente scioccata che non era più sicura di voler sentire la risposta.
– Cioè adesso stai andando a Parigi per consegnare del materiale?
– Sì, esatto, e poi domani mattina tornerò a Montpellier.
Bara piena. Secondo l’ipotesi 1 rimarrò in vita, ma dovrò viaggiare per 750 km con un cadavere nel bagagliaio. Per sicurezza, voglio comunque verificare che non si tratti di uno psicopatico, pensò Claire.
– Ti piace il tuo lavoro?
– Sì, molto, mi piace guidare e poi mi fa sentire utile.
– Ah… immagino. Dev’essere gratificante fare un lavoro che apprezzi. Io non potrei mai stare seduta così tante ore di fila. Anche quando studio ho bisogno di alzarmi almeno una volta all’ora, altrimenti impazzisco, ma credo che tu non possa fare così tante pause.
– No, in effetti quando vado a Parigi mi fermo solo una volta, le consegne devono essere fatte velocemente, altrimenti il materiale si deteriora, ma se vuoi possiamo fare una pausa in più, senza problemi…
Non voglio certo prendermi la responsabilità della deteriorazione del “materiale”. Se vuoi facciamo no stop fino a Parigi, anche a costo di farmela addosso. Non riesco a capire se questo tipo sia dotato o meno di empatia, ma sicuramente non ha tatto.
– Non ti preoccupare, posso resistere qualche ora…ti va se accendiamo la radio?
Si disse che la musica l’avrebbe distratta per un po’.