Numero 13

Feuilleton Il passaggio in macchina – parte seconda

di Alessandro Xenos

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Abbraccio di Elisa Saracino
Abbraccio di Elisa Saracino

Aprendo il portone dell’edificio per poco Claire non si fece investire da Adrien, l’inquilino cieco del secondo piano. Adrien aveva l’abitudine di scendere le scale di corsa canticchiando arie di opere ottocentesche senza prestare attenzione agli eventuali rischi per sé e per gli altri. Esperto di informatica, pianista, cantante con una certa predilezione per il falsetto, consumatore assiduo di cannabis e vino rosso, omosessuale senza complessi, Adrien era senza dubbio il personaggio più sgangherato e interessante del palazzo.

-Adrien! Sempre di corsa, eh?!
-Oh Claire, per poco non ti schioccavo un bacio sulla bocca, che ti sei messa un profumo da uomo?
-No, sì, cioè…stanotte ho dormito da un tipo e gli ho fregato un po’ di deodorante.
-E…?
-Un disastro.
-Niente?
-Macché, tra lui e il comodino non so chi fosse più statico.
-Io invece ne ho portato a casa uno talmente dolce…
-Ah si, mi ha scritto Estelle per dirmi che stanotte sembrava di assistere a una rappresentazione della Carmen. Penso che tutto il quartiere si sia accorto di quanto fosse dolce! Comunque non capisco come fai a trovare dei tipi così su Prestazioni sessuali gratuite e consenzienti io ho sempre una sfiga mitologica…
-Guarda che la sfortuna non era cieca neanche per gli antichi greci! Dovresti interessarti a loro prima di profonderti in estenuanti monologhi sulle difficoltĂ  della tua vita adolescenziale.
-Hey!! Va bene, forse è vero che parlo troppo dei miei problemi, ma non puoi dire che non sia curiosa. Prima di contattare un ragazzo guardo i suoi interessi, le sue foto, le foto dei suoi amici, mi faccio un’idea del tipo, ma poi costantemente si rivela esattamente il contrario. Te come fai a scegliere ché non puoi nemmeno vederne il profilo?
-Mi bastano due o tre domande per capire se è un cretino. E poi senti, non ci sono tanti gay disposti a passare la notte con un cieco alcolizzato, il mio campo d’azione è piuttosto ristretto. Tra un mese mi toccherà ancora cambiare città! (risata fragorosa)
-Eh, davvero! Ah sì, a proposito, non te l’avevo ancora detto: tra un’ora vado a Parigi, ho trovato un passaggio in macchina. Poi da lì mi sposterò per andare a trovare un po’ di amici in giro per la Francia.
-Brava, ti ci voleva una pausa dopo quest’anno di intenso studio! (risatina)
-Molto simpatico! A dire il vero ne ho proprio bisogno, voglio capire dove andare a battere la testa dopo questa maledetta laurea. Comunque, quando torno ci facciamo una cenetta con Estelle?
-Molto volentieri, penso che Estelle ne avrĂ  bisogno visto il tenore della sua telefonata di stamattina. Non capisco lo spagnolo, ma mi sembra di aver capito che con Sebastian non vada molto bene. Credo che se ne sia andata sbattendo la porta…

In effetti, entrando nell’appartamento Claire trovò il salotto in disordine e un bigliettino sul tavolo con poche righe in cui Estelle si scusava per non aver fatto le pulizie e per non poterla salutare prima della partenza. Aveva scoperto delle cose assurde su Sebastian e voleva vederlo al più presto per chiedergli delle spiegazioni. L’avrebbe chiamata in serata per raccontarle tutto.

Sul divano trovò un bloc-notes pieno di insulti in spagnolo e un nome, “Miguel Negredo”, ben sottolineato col pennarello. Pensò che questo Miguel si sarebbe dovuto nascondere o fuggire molto lontano per non incappare nell’ira leggendaria di Estelle. Con una madre andalusa e un padre corso, aveva ereditato un carattere a dir poco passionale. Era sempre radiosa e poteva esprimere una dolcezza senza paragoni, ma a volte bastava un niente per mandarla su tutte le furie e quando succedeva non era consigliabile restare nel suo campo visivo. Non era violenta, ma era dotata di una voce talmente acuta e potente che in quei momenti anche un complimento sarebbe uscito fuori come un insulto. Inoltre, da quando abitava a Figuerolles aveva fatto amicizia con le due bande, tra loro rivali, del quartiere. Da una parte i gitani della cité Polie, con cui aveva un’affinità culturale grazie alle sue origini andaluse, e dall’altra il gruppo di arabi che controllavano la piazza, con i quali invece si divertiva a parlare di politica e di infedeltà femminile. Insomma, tutti la rispettavano e se qualcuno le avesse fatto del male sicuramente avrebbero lanciato una caccia all’uomo per ritrovarla. Era sveglia Estelle, non si sarebbe dovuta preoccupare per lei, pensò Claire.

Così, con lo zaino rigonfio di vestiti autunnali scese in strada e si diresse verso la piazza Salengro. Il mercato era finito da qualche ora e sulla piazza giacevano resti di frutta e verdura e carcasse di legno lacerate dal passaggio dei camion. Sui cigli dei marciapiedi un gruppetto di senzatetto recuperava senza fretta gli invenduti, mentre le automobili freneticamente si rimpossessavano dei parcheggi.

Claire si sedette sul bordo della vetrina del panettiere e tirò fuori il suo telefono per verificare se il ragazzo dell’annuncio avesse specificato il tipo di veicolo. Sì, una Mercedes Vito. Non sapeva esattamente di che modello si trattasse, ma si disse che in una Mercedes sicuramente sarebbe stata comoda. Quando vide arrivare la vettura però un piccolo brivido le traversò la schiena. Si trattava di un furgoncino grigio a tre porte con i vetri posteriori oscurati. Alla guida c’era un ragazzo magro, pallido e con i capelli tirati all’indietro, che dimostrava almeno quarant’anni. Non può essere lui, pensò. Invece il ragazzo si fermò davanti al panettiere e con un sorriso cortese le chiese se fosse proprio lei Claire. Avrebbe voluto dire di no, che non si chiamava Claire, il suo nome era Athena e non parlava francese, scusi, arrivederci. Quello strano furgoncino e quel suo viso da addetto al trasporto funebre non le ispiravano niente di buono. Ma non ne ebbe il coraggio. Si alzò in piedi e con un sorriso forzato si avvicinò al ragazzo per lo scambio di baci rituale…

(continua sul prossimo numero)


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