Luoghi sterili
di Donatello Cirone

Irregolare battito di ciglia.
Sveglio. Sudato.
Imbevuto in una tinozza sporca
e piena di sudore acre.
I raggi che attraversano le nuvole
nere arrivano stanchi, meno lucenti.
L’ospedale è chiassoso.
Disperato. Aperto.
Sfinito. E come se le pareti della mia
stanza trasudino puzza d’assurdo,
respirino faticose,
tossiscano per tenermi compagnia.
Il frate passeggia scalzo muto calvo e barbuto.
Cammina leggero, si siede: Prega.
Stringe le mani e si mangia le unghie.
Mi accarezza e se ne va.
Il mio sfogliare la vita è faticoso,
Le ossa si accentuano e mio padre piange.
Mia madre si scava la fossa.
Il cortisone in corpo mi gonfia e mi indebolisce,
la mia pelle prima giovane adesso è come un pallone
scadente bucato appena comprato.
La carne che prima mi copriva le ossa è finita nel cesso.
La barba non cresce più.
Su questo letto inutile e arrivato d’anticipo
Io Non Sono s(t)an(c)o.