The badge

Giorno 24 – Badge 25
I piedi si intrecciavano uno dietro l’altro, pestavano tutto quello che incontravano senza pietà, con forza si scontravano contro la suola che si deformava a ogni colpo, non erano colpi d’amore, quelli che fanno restare fermo il cuore, che gonfiano vene e polmoni, ma colpi violenti, senza clemenza. La pianta del piede di Sergio si arrossava, bolle si gonfiavano come palloncini in bocca a pagliacci muti, i tendini si allungavano con innaturalezza, le cosce invece si indurivano, sudava fra le chiappe, il sudore colava suicida e si incanalava, la fronte luccicava, la barba ispida si ammorbidiva. Una lunga corsa verso quel movimento fulmineo, un richiamo primordiale alla magia della creazione, il badge che striscia fra due lembi d’acciaio che si schiudono, un bip, un orario, un brivido lungo la schiena. La giornata inizia:
– Portami il caffè!
– Sì, sissignore capo Dottore!
– Ancora sei qui, che guardi? Cosa guardi? Il caffè, dai!
– Sì, sissignore capo Dottore!
Fuori dalla finestra gli storni disegnavano nell’aria visi felici e cuori alati…Continue reading
Uomini pazienti in attesa
Le creature di fuori guardavano dal maiale all’uomo e dall’uomo al maiale e ancora dal maiale all’uomo, ma già era loro impossibile distinguere fra i due. (G. Orwell, La fattoria degli animali)

Il numeratore, attaccato alla destra dell’ingresso, smistava i clienti nelle varie stanze. Tre casse aperte e un continuo flusso di faccendieri si intrecciava con le ombre di salumieri vestiti di bianco, assistenti salumieri con il camice blu e gli aiuto assistenti salumieri con un camice verde cavalletta che saltellavano fra le varie stanze spostando coltelli, casacche, bolle di trasporto, scatole piene di cartacce da buttare. Tutti a pulire ferri, lucidare lame, lettini e poltrone.
Una voce metallica fra un numero e l’altro restava muta come se aspettasse di dire altro, i clienti entravano nelle loro rispettive stanze al cospetto dei salumieri che tagliavano a seconda del cliente l’insaccato giusto, lo fotografavano. Un omino vestito di giallo calibrava la lama che scendeva implacabile su quei pezzi di carne, a volte viva, a volte stagionata e affettava finemente. Il salumerie, voyeur d’occasione, osservava e prendeva appunti. Riguardava le foto e scriveva su carta intestata le proprietà dell’insaccato, la temperatura che avrebbe dovuto avere il vino per accompagnarlo, quale pane usare, dove e con chi mangiarlo, le dosi esatte, poi impacchettava il tutto. Un paio di volontari e altri giovani volenterosi avrebbero cooperato assieme per preparare il pacchetto per il cliente che lo avrebbe ritirato in seguito, dopo 144 ore, non contando i festivi.
Alle tre casse si alternavano varie anime, cuori infranti e donne speranzose, tutti vogliosi di scappare da quelle postazioni, da quei due schermi, uno per le ordinazioni, uno per il conto, scappare via da quelle sedie scomode, da quel loculo arrivato troppo presto. Due turni, tre i nuovi arrivati, e così si perdevano gli anni, si bruciavano le speranze, fra un’ordinazione e un rimprovero da parte di panettieri arrabbiati per la poca consistenza dei loro filoni, fra un sorriso di qualche cliente felice e una giusta offesa. Correvano gli anni e loro invecchiavano, i due nuovi arrivati, un maschio e una femmina, – così li annunciò il capo dei salumieri-, erano sorridenti e diversi…Continue reading
Gocce di caffè

Ogni centimetro quadrato di quel materasso lavorava per la sua comodità, sessantacinque chili distribuiti su un corpo lungo un metro e settantatré, il resto era bello nella sua normalità, tutto era ben proporzionato. Ventitré anni e un sorrisone pieno di vita, pieno di speranza e di voglia d’amore. I sogni erano semplici: il sabato sera a ballare, la domenica triste, il venerdì mattina con nonna Lisa a fare la spesa, ogni tanto al mare, qualche volta un vero orgasmo, spesso un abbraccio, a volte un bacio strappato, tante carezze. Voleva una vita semplice Caterina, voleva comprarsi la macchina, andare a vivere da sola, indossare il pigiama di pile e bere le sue tisane rilassanti, organizzare una maratona di “Una mamma per amica” e guardarla con Martina.
Si svegliava in piena notte, sudata, con il respiro affannato dopo l’incontro, in sogno, di qualche demone di passaggio. La stanzetta tutta rosa la tranquillizzava. Infilava la testa sotto il piumone, al caldo e si riaddormentava pensando alla mattina che sarebbe arrivata, alla luce che si sarebbe spezzata, in parte, sulle sue persiane, al dolce bacio che avrebbe ricevuto.
Anna come tutte le mattine usciva all’alba e correva felice verso casa di Caterina, prima della fabbrica, delle colleghe acide, del capo, della desolazione, della solitudine, prima di tutto il resto c’era da abbracciare quel corpo gracile…Continue reading
Fondatore de L’Irrequieto, nato nella valle del Sauro, in Lucania, il 28 giugno del 1986.
Ha pubblicato due silloge poetiche: La vita di una morte, LibroItaliano, Ragusa 2005 e Gl’oratori del nulla, Amorsog et Oream, Il filo, Roma 2007.
Scritti pubblicati su L’Irrequieto.
Donatello Cirone: donatellocirone@irrequieto.eu